Costruire infrastrutture sociali: ci pensano gli investimenti responsabili

Strutture mediche, case di riposo, scuole. Bisogni che spesso le amministrazioni pubbliche non riescono soddisfare per carenza di fondi. Fondamentali i capitali privati (responsabili)

Dalle strutture mediche alle case di riposo, dalle scuole alle abitazioni a prezzi agevolati per studenti o per cittadini in difficoltà. Sono alcuni esempi del vasto campo delle cosiddette “infrastrutture sociali”, che spaziano dalla sanità all’educazione all’housing sociale. Progetti che svolgono un ruolo fondamentale nel garantire e incrementare salute e benessere delle comunità locali, ma che spesso non possono essere realizzati dalle amministrazioni pubbliche per carenza di fondi. Negli ultimi anni però stanno attirando molti capitali privati. Sono diventate aree d’investimento sempre più interessanti per operatori finanziari che vogliano ottenere un rendimento, ma contemporaneamente realizzare un impatto positivo sull’ambiente e sulla società. Sono oggetto dei principi e delle strategie dell’investimento sostenibile e responsabile e possono ricoprire un ruolo significativo nel supportare le istituzioni pubbliche nel rispondere alla crescente domanda sociale che viene dalle comunità locali.

Di questi temi si è discusso poche settimane fa in occasione dell’SRI Breakfast “Finanza sostenibile e infrastrutture sociali” organizzato a Milano dal Forum per la Finanza Sostenibile in collaborazione con Franklin Templeton. Al seminario hanno partecipato: Riccardo Abello (Franklin Templeton), Emilio Pastore (HDI Assicurazioni) e Luca Pesenti (Università Cattolica di Milano).

Un settore in crescita: l’Europa in prima linea

Il settore delle infrastrutture sociali è in grande crescita a livello globale: dal 2009 al 2016 si contano oltre 1.200 contratti conclusi per un valore aggregato che sfiora i 250 miliardi di dollari (secondo i dati Preqin del 2017). A livello geografico, il 71% degli investimenti è concentrato in Europa. Oltre il 70% dei progetti è realizzato nei tre ambiti della sanità (es: strutture mediche e case di riposo), dell’educazione (es: scuole primarie e secondarie e istruzione superiore) e delle abitazioni (es: alloggi a prezzi agevolati per studenti e per altre fasce svantaggiate). La diversificazione dei settori d’intervento consente agli investimenti di raggiungere fasce demografiche e generazionali distinte, per un impatto a 360° sulla comunità.

Nuovi bisogni attirano investitori Sri

Fenomeni sociali come il progressivo invecchiamento della popolazione, l’aumento delle malattie croniche, le migrazioni o la diffusa disoccupazione – che colpisce in particolare le fasce giovanili – stanno alimentando nuovi bisogni che necessitano di servizi innovativi e specifici, che spesso non ricevono adeguata risposta da parte delle istituzioni pubbliche. Per esempio, in Italia la spesa privata delle famiglie costituisce un pilastro fondamentale nei settori della sanità e della previdenza, accanto al welfare pubblico. Questi nuovi bisogni possono rappresentare un’area d’interesse per gli investitori Sri (Sustainable and Responsible Investment o investimento sostenibile e responsabile), interessati cioè a integrare i criteri di sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG) nelle politiche e nelle scelte d’investimento.
Un altro elemento importante è il rapporto tra nuove dinamiche demografiche e finanza sostenibile. Da un lato i Millennial presentano un maggior interesse nei confronti dei temi ESG e degli investimenti innovativi e sostenibili; dall’altro, l’invecchiamento della popolazione mette in risalto la scarsa capienza dei servizi della previdenza pubblica e apre opportunità per soluzioni sostenibili nell’ambito della previdenza complementare.

Pubblico e privato insieme per gli “obiettivi di sviluppo sostenibile”

Alla base dei progetti in infrastrutture sociali c’è l’impegno dei governi e degli attori economico-finanziari a perseguire i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (o SDGs da Sustainable Development Goals), i 17 principi che dovrebbero informare tutte le politiche economiche e sociali e le strategie di business e d’investimento con lo scopo di “porre fine alla povertà, proteggere il Pianeta e assicurare benessere di tutti i cittadini”.

Gli SDGs che possono essere associati alle infrastrutture sociali sono molteplici: per esempio, “buona salute e benessere” (SDG 3), “istruzione di qualità” (SDG 4), “lavoro dignitoso e crescita economica” (SDG 8), “città e comunità sostenibili” (SDG 11), “intervento sul clima” (DGS 13), “vita sulla Terra” (SDG 15), “partnership per gli obiettivi” (SDG 17).

L’entità delle sfide e la progressiva riduzione della disponibilità di risorse pubbliche rendono sempre più necessario il supporto dei capitali privati: occorre allineare la spesa pubblica orientata ai tradizionali servizi di welfare con iniziative complementari basate su forme innovative di investimento. Il margine di sviluppo è significativo: è lecito aspettarsi che lo strumento delle partnership pubblico-privato sia destinato ad aumentare nei prossimi anni.

Rendimento finanziario e impatto socio-ambientale positivo

Gli investimenti privati nelle infrastrutture sociali consentono all’investitore di perseguire un duplice obiettivo: da un lato il rendimento finanziario, dall’altro un impatto socio-ambientale positivo, che si traduce in miglioramento delle condizioni di vita delle comunità locali e in benefici per l’ambiente.

Per esempio, gli investimenti nel settore dell’housing sociale possono migliorare la gestione degli asset immobiliari riducendo gli oneri per gli inquilini (studenti, anziani e altre fasce sociali svantaggiate), possono favorire la coesione sociale e realizzare soluzioni di efficientamento energetico degli edifici.

Per questa caratteristica, gli investimenti in infrastrutture sociali rappresentano un ambito particolarmente adatto all’applicazione dell’impact investing, uno degli approcci SRI più innovativi e in crescita degli ultimi anni. Secondo la definizione del Global Impact Investing Network (GIIN) – l’organizzazione di riferimento a livello internazionale per questo settore – con il termine “investimento a impatto” si fa riferimento a investimenti in imprese, organizzazioni o fondi realizzati con l’intento dichiarato di “realizzare un impatto socio-ambientale positivo e misurabile e, al tempo stesso, un rendimento finanziario per l’investitore”.

Come indicato nell’Annual Impact Investor Survey del 2018, tra le aree in cui si concentrano maggiormente gli investimenti a impatto rientrano proprio i settori delle infrastrutture, dell’housing, dell’educazione e della sanità.

Due elementi chiave e caratteristici della strategia dell’impact investing sono l’identificazione degli obiettivi d’impatto e la misurazione dei risultati conseguiti: in questi ambiti, proprio gli SDGs possono rappresentare parametri e criteri utili.

100-150 milioni di euro per le infrastrutture sociali

Sul tema delle infrastrutture sociali in Europa ha lavorato l’High-Level Task Force on Investing in Social Infrastructure in Europe (2017-2018), costituita a febbraio 2017 dall’European Long-Term Investors Association (ELTI) in collaborazione con la Commissione Europea e presieduta da Romano Prodi e Christian Sautter.

L’High Level Task Force on Investing in Social Infrastructure ha stimato il gap di investimenti nel settore delle infrastrutture sociali: in Europa  tra i 100 e i 150 miliardi di euro

Per promuovere una maggior consapevolezza della classe politica sul ruolo cruciale di questo settore per la crescita economica e per il benessere dei cittadini e per incrementare gli investimenti pubblici e privati nel settore, a gennaio 2018 ha elaborato una serie di raccomandazioni su possibili politiche e modalità di finanziamento.

Le aree considerate prioritarie sono: istruzione, formazione permanente, settore abitativo, salute e assistenza di lungo-periodo (“long-term care”).

Le indicazioni dell’HLTF rappresentano un indirizzo significativo per le istituzioni europee, soprattutto alla luce del processo di riforma guidato dalla Commissione UE per la diffusione dei criteri di sostenibilità nei mercati finanziari. Le misure proposte con l’Action Plan Financing Sustainable Growth, che in questo momento sono sviluppate e discusse tra istituzioni e stakeholder, sono focalizzate principalmente sulle questioni ambientali e in particolare sul cambiamento climatico.

La proposta di regolamento sulla tassonomia – ovvero sulla classificazione – delle attività ecocompatibili si ferma, per il momento, ai settori della mitigazione e dell’adattamento al cambiamento climatico e ad altri obiettivi di sostenibilità ambientale. Inoltre, in occasione del recente voto congiunto delle Commissioni Affari Economici e Ambiente del Parlamento sulla proposta di regolamento, i parlamentari hanno deciso di non inserire nel testo finale alcuni emendamenti, tra cui quello che avrebbe esteso il progetto della tassonomia agli aspetti sociali.
Fenomeni e criticità economico-sociali di grande attualità – come la globalizzazione, le migrazioni e l’invecchiamento della popolazione – imporranno presto riflessioni più approfondite da parte delle istituzioni e degli attori finanziari.