La crisi climatica spiegata con le mappe: gli incendi

I devastanti incendi in Australia erano stati previsti nel 2007 dagli scienziati. Il legame tra i roghi e i cambiamenti climatici sembra evidente

Incendi e cambiamenti climatici: le previsioni dell'Agenzia Europea per l'Ambente @ Elaborazione di Valori.it su dati EEA

I cambiamenti climatici sono attuali. E saranno sempre più presenti nelle nostre vite, in futuro. Anche se agiremo in modo concreto per diminuire le emissioni di gas ad effetto serra. Il processo avviato, infatti, è ormai in buona parte irreversibile.

Tuttavia siamo ancora in tempo per limitare i danni. A condizione di riuscire a contenere la crescita della temperatura media globale – alla fine del secolo,  rispetto ai livelli pre-industriali – «ben al di sotto dei 2 gradi centigradi», come indicato dall’Accordo di ParigiL’Accordo di Parigi è un documento d’intesa tra le nazioni facenti parte dell’UNFCCC che è stato raggiunto nel 2015 al termine della Cop21.Approfondisci.

Altrimenti, dovremo attenderci una moltiplicazione degli eventi meteorologici estremi. Ondate di caldo, siccità, inondazioni, risalita del livello dei mari. L’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) ha pubblicato una serie di mappe del Vecchio Continente. Che consentono di comprendere, in concreto, come sarà l’Europa se rispetteremo gli impegni assunti dalla comunità internazionale in termini di lotta ai cambiamenti climatici. E come sarà se non lo faremo. Valori vi propone un’analisi in cinque puntate, ciascuna focalizzata su un tema specifico: siccità, agricoltura, inondazioni, incendi e innalzamento del livello dei mari.

Dal mese di settembre a quello di febbraio, l’Australia  è stata devastata dai più gravi incendi mai registrati nella sua storia. Centinaia di migliaia di ettari di foreste e boschi sono andati in fumo. La nuvola di fumo sprigionata dai roghi è stata talmente grande da aver fatto il giro del mondo ed aver raggiunto la stratosfera.

È stato calcolato che, dal 1 agosto 2018, più di 300 milioni di tonnellate di CO2 sono state disperse nell’atmosfera in Australia. Per capire di cosa stiamo parlando, basti pensare che l’intera nazione, nel 2018, aveva emesso 535 milioni di tonnellate con le proprie attività (industrie, trasporti, riscaldamento, produzione di energia, agricoltura, ecc.).

La comunità scientifica aveva previsto le fiamme che devastano l’Australia

Sono numerosi i quesiti che tale dramma ha suscitato nella comunità scientifica e non solo. Su uno, in particolare, si è discusso ampiamente. Gli incendi sono stati causati da concause eccezionali o da un fattore determinante, che in futuro sarà sempre più presente, e che risponde al nome di cambiamenti climatici?

Per rispondere alla prima domanda è utile fare innanzitutto un passo indietro. E porsi un altro di quesito. Ovvero: questi roghi erano stati previsti nei rapporti degli scienziati? La risposta è semplice. Contenuta nel quarto “Assessment Report” (AR4) dell’IPCC, il Gruppo intergovernativo di studio sui cambiamenti climatici, pubblicato nel 2007. Nel quale si legge a chiare lettere: «Nel Sud-Est dell’Australia, il rischio di incendi molto intensi ed estremi crescerà del 4-25% entro il 2020, e del 15-70% entro il 2050.

incendi australia ipcc
Incendi in Australia, le previsioni contenute nel quarto “Assessment Report” (AR4) pubblicato dall’IPCC nel 2007 © IPCC

Difficile essere più chiari. C’è chi ha ribattuto che l’Australia è colpita ogni anno da incendi nella sua porzione meridionale. Il che è vero. Ma mai i roghi erano stati così precoci (da settembre anziché da gennaio, come accade normalmente). E mai erano stati così eccezionalmente intensi. Inoltre, difficilmente si può attribuire al caso il fatto che essi si siano manifestati nel corso del 2019. Ovvero l’anno più caldo e più secco mai osservato in Australia. Culminato con un dicembre nel corso del quale è stato battuto il record mondiale di temperatura nel mese: 49,9 gradi centigradi raggiunti il 19 a Nullarbor.

Su scala planetaria, d’altra parte, lo scorso anno è stato il secondo più caldo mai osservato. E gli ultimi cinque hanno rappresentato i più caldi di sempre. Esattamente come il decennio appena trascorso. L’ultimo Special Report 1.5 dell’IPCC afferma che tale processo di riscaldamento provocherà una moltiplicazione degli eventi estremi. A partire dalle ondate di caldo, sempre più intense e frequenti. In particolare in alcune zone, come nel caso del bacino del Mediterraneo e della stessa Australia meridionale.

Con un aumento di 3,5°C, gli incendi cresceranno sul 61,9% della Terra

Secondo il rapporto, la frequenza degli incendi potrebbe aumentare su almeno il 37,8% della superficie planetaria entro il 2039. E ciò nell’ipotesi di un aumento della temperatura media globale di “soli” 1,2 gradi, rispetto ai livelli pre-industriali. Qualora il dato dovesse crescere a 3,5 gradi, tra il 2070 e il 2099 la quota di territorio interessata potrebbe raggiungere il 61,9% del globo.

L’immagine scorrevole che vi proponiamo mostra in che modo, secondo i dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, si modificherà il rischio di incendi nel Vecchio Continente in funzione di due scenari climatici. Uno che prevede un livello basso di emissioni di gas climalteranti (e dunque un aumento moderato della temperatura media globale) e un livello alto.