Perché la crisi climatica è causata dai super-ricchi e pagata da tutti. I dati di Oxfam
Nel 2019 l'1% di super-ricchi ha generato la stessa quantità di gas serra dei due terzi dell'umanità. Lo rivela uno studio di Oxfam
Con l’avvicinarsi della Cop28, la Conferenza delle parti sul clima che si terrà a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, si torna a parlare dei grandi temi che determineranno il nostro futuro. Uno tra tutti, la giustizia climatica. Un’espressione che, a prima vista, può sembrare astratta.
Per renderla più tangibile, si può partire dal suo contrario. Ingiustizia climatica significa che, nell’arco di un anno, una persona che fa parte dell’1% più ricco dell’umanità genera i gas ad effetto serra che qualsiasi altro essere umano produrrebbe in quasi 1.500 anni. Le conseguenze, però, le paghiamo tutti. Anzi, le paga soprattutto chi non ha colpa, considerato che il 97% delle persone colpite dai disastri climatici vive nei Paesi in via di sviluppo.
Ad accendere i riflettori su queste clamorose storture è un nuovo studio pubblicato da Oxfam e realizzato in collaborazione con lo Stockholm Environment Institute.
Come i super-ricchi contribuiscono alla crisi climatica
Il report suddivide la popolazione in diverse categorie di reddito. Alla base della piramide c’è il 50% più povero dell’umanità, responsabile appena dell’8% delle emissioni legate ai consumi. Poi c’è un 40% che si colloca a metà strada e genera il 43% delle emissioni legate ai consumi. Tutti gli altri gas serra, cioè poco meno del 50% del totale, sono imputabili al 10% più ricco.
Questi dati, da soli, evidenziano già una sproporzione palese. Ma all’interno di questo 10% Oxfam individua l’élite delle élite, cioè l’1% di super-ricchi. Sono 77 milioni di persone, su un totale di circa 8 miliardi, e contribuiscono al riscaldamento globale in tre modi distinti. Il primo sta, appunto, nei consumi legati al loro stile di vita; e se per le persone “normali” ciò significa nutrirsi, spostarsi, vestirsi e dare energia alle proprie case, per loro significa anche concedersi hobby tanto lussuosi quanto deleteri, come i viaggi a bordo dei jet privati.
Ma la maggioranza dei gas serra che generano (si parla del 50-70%) ha un’origine diversa, cioè i loro investimenti finanziari. Che, spesso e volentieri, privilegiano settori dall’impatto climatico e ambientale catastrofico. Già nel 2022 Oxfam si era focalizzata su 125 miliardari. Scoprendo che, mediamente, ciascuno di essi riversa in atmosfera 3 milioni di tonnellate di CO2 equivalente all’anno attraverso i propri investimenti. Il terzo e ultimo modo in cui i super-ricchi alimentano la crisi climatica sta nella loro influenza sui media, sull’economia e sulla politica.
Una crisi anche sanitaria
Lancet Countdown 2023. Investire nelle fonti fossili mette a rischio la salute di milioni di persone
Ogni frazione di grado in più di riscaldamento globale aggrava i danni subiti da miliardi di persone. Lo dimostra il Lancet Countdown 2023
L’1% più ricco dell’umanità genera le stesse emissioni del 66% più povero
Il risultato? Nel 2019, l’1% più ricco dell’umanità è stato responsabile del 16% delle emissioni di CO2 derivanti dai consumi a livello globale. Una quota simile a quelle generate dal 66% più povero, cioè da 5 miliardi di persone.
Per guardare questa realtà da un’angolatura differente, si può considerare il carbon budget, cioè la quantità di CO2 che si può ancora emettere per avere una possibilità di contenere il riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali. A partire dagli anni Novanta, i super-ricchi – da soli – ne hanno consumato il doppio rispetto alla metà più povera dell’umanità. Guardando al 2030, le loro emissioni supereranno di 22 volte la “soglia di sicurezza”.
Cosa ancora più ingiusta e paradossale, questo ridottissimo gruppo di privilegiati vanifica gli sforzi fatti da tutti gli altri. Bastano le sue emissioni di un anno, di fatto, per cancellare l’impatto positivo di un milione di turbine eoliche installate a terra.
Perché, secondo Oxfam, serve una tassa sui grandi patrimoni
Come appianare questa macroscopica ingiustizia? Con la redistribuzione. Immaginiamo che a livello globale si tassino al 60% i patrimoni dei super-ricchi: loro continuerebbero a vivere nel privilegio ma, in compenso, i governi incasserebbero 6.400 miliardi di dollari all’anno. Per questo, Oxfam ha una proposta molto chiara, messa nero su bianco attraverso la campagna La grande ricchezza, sostenuta da Il Fatto Quotidiano e Radio Popolare. Cioè introdurre un’imposta europea progressiva sui grandi patrimoni, in sostituzione delle patrimoniali esistenti. Reinvestendo i proventi per la scuola, la sanità, il lavoro e, ovviamente, per la lotta contro la crisi climatica.
«Abbiamo bisogno di garantire che la transizione verso un’economia climaticamente neutra avvenga in modo equo, senza lasciare indietro nessuno e senza produrre ulteriori divari nelle società», conclude Mikhail Maslennikov, policy advisor sulla giustizia fiscale di Oxfam Italia. «Senza pretesa di rappresentare una panacea, un’imposta progressiva sui grandi patrimoni può generare risorse considerevoli per la decarbonizzazione dell’economia e per affrontare al contempo i crescenti bisogni sociali – salute, istruzione, contrasto all’esclusione sociale – che stentano a trovare oggi una risposta adeguata. Un tributo in grado di garantire maggiore equità del prelievo fiscale e una prospettiva di futuro dignitoso per chi ne è oggi privato».