Il 2023 è stato l’anno dei record negativi per il clima, dice uno studio

Alluvioni in Cina, ondate di caldo in Europa e Stati Uniti, perturbazioni eccezionali nel Mediterraneo. Il 2023, annus horribilis per il clima

Il 2023 ha fatto registrare numerosi record negativi in termini sia di indicatori climatici che di impatti del riscaldamento globale © RoschetzkyIstockPhoto/iStockPhoto

Su 35 indicatori individuati come sintomatici dello stato di salute di ambiente e clima del Pianeta, 20 hanno raggiunto livelli record. È la conclusione dell’aggiornamento di uno studio pubblicato sul BioScience journal dell’Oxford Academy.

Christopher Wolf è docente dell’Oregon State University e primo firmatario del report. Alla testata britannica Guardian ha dichiarato che «senza azioni che affrontino alla radice il fatto che l’umanità prende dalla Terra più di quanto possa dare con sicurezza, ci stiamo avviando verso il potenziale collasso dei sistemi naturali e socioeconomici e verso un mondo con un calore insopportabile e scarsità di cibo e acqua dolce». Dello stesso avviso William Ripple, anche lui tra gli autori: «la vita sul nostro pianeta è chiaramente sotto assedio. Le tendenze statistiche mostrano modelli profondamente allarmanti di variabili e disastri legati al clima. Abbiamo anche riscontrato pochi progressi da segnalare per quanto riguarda la lotta dell’umanità contro il cambiamento climatico».

2023 anno dei record (negativi)

Lo studio, intitolato “The 2023 state of the climate report: Entering uncharted territory”, è la versione aggiornata e rivista di una pubblicazione del 2019. In quell’occasione il documento ottenne l’appoggio di oltre 15mila scienziati di diversi campi disciplinari, che chiedevano ai decisori politici di agire di conseguenza. L’update 2023 aggiunge nuovi indicatori, ma sopratutto segnala i peggioramenti intercorsi negli ultimi quattro anni.

Tra i record infranti nel 2023 c’è la temperatura media globale dell’aria, quella degli oceani, l’estensione della calotta antartica, la temperatura superficiale più alta mai registrata. Gli scienziati citano molti degli eventi metereologici estremi che hanno riempito le prime pagine dei quotidiani nell’anno in corso: le alluvioni in Cina e India, l’ondata di calore eccezionale negli Stati Uniti d’America, le perturbazioni nel mediterraneo – che hanno coinvolto anche l’Italia, benché il dibattito sulla loro origine sia ancora aperto. Un evento in particolare ha attirato l’attenzione degli scienziati: la stagione degli incendi in Canada, mai così lunga e violenta. Le fiamme, si legge nel documento, hanno rilasciato in atmosfera una quantità di CO2 equivalenti pari a quella prodotta in un anno dal Giappone, la quinta nazione al mondo per emissioni climalteranti.

Proprio il fenomeno canadese accende la luce su uno dei meccanismi della crisi climatica meno noti al grande pubblico ma più temuti dagli scienziati: i tipping point. Si tratta di soglie, relative a diversi indicatori biologici e fisici, oltre le quali esiste la possibilità si inneschino feedback positivi, ovvero circoli viziosi di deterioramento delle condizioni climatiche. L’aumento degli incendi a livello globale porta a maggiori emissioni, che a loro volta – aumentando la temperatura media globale – possono far crescere il numero di incendi. Lo stesso meccanismo si teme, ad esempio, in relazione allo scioglimento del permafrost siberiano – ricco di metano – e al declino della foresta amazzonica.

Grandi soluzioni per grandi problemi

Assieme alla diagnosi, gli autori provano a suggerire alcuni spunti di prognosi. Al primo posto l’eliminazione graduale dei sussidi ai combustibili fossili e l’aumento della protezione forestale. Poi il report parla di un veloce passaggio a diete a base vegetale nei Paesi ricchi (l’industria della carne è responsabile del 14% delle emissioni globali, dice la Fao). E dell’adozione di trattati internazionali per porre fine a nuovi progetti di carbone e per eliminare gradualmente petrolio e gas. Tutte misure da anni inserite anche nei report dell’Ipcc, la massima autorità scientifica globale in campo climatico. Ma mai davvero attuate da nessun governo al mondo. Nel lungo periodo anche la limitazione della crescita alla popolazione globale è una misura necessaria, spiegano i ricercatori, purché passi da istruzione femminile ed uguaglianza di genere.

«I grandi problemi richiedono grandi soluzioni. Pertanto, dobbiamo spostare la nostra prospettiva sull’emergenza climatica da un problema ambientale isolato a una minaccia sistemica ed esistenziale» si legge nel documento. «Sebbene il riscaldamento globale sia devastante, rappresenta solo un aspetto della crisi ambientale crescente e interconnessa che stiamo affrontando – ad esempio, la perdita di biodiversità, la scarsità di acqua dolce e le pandemie».

Nel 2015 i governi di tutto il mondo si diedero come obiettivo il contenimento della temperatura media globale entro i +2 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali. Indicando la necessità di rimanere il più possibile vicini agli 1,5 gradi come ottimale. Ma nel 2023 per ben 38 giorni questo limite è stato superato – condizione rara fino a pochi anni fa. Contribuisce sicuramente l’arrivo di El Niño, una variazione ciclica del clima terrestre, ma il ruolo del riscaldamento globale è evidente.

Tra meno di un mese negli Emirati Arabi Uniti si aprirà Cop28, la Conferenza negoziale delle Nazioni Unite sul contrasto al riscaldamento globale. Il meeting dovrebbe tenere aperta la strada per i +1,5 gradi, ma gli analisti prospettano un flop. Tra prosecuzione degli investimenti nei combustibili fossili e crisi energetica, il mondo sembra lontano dal risolvere la crisi eco-climatica.