Lancet Countdown 2023. Investire nelle fonti fossili mette a rischio la salute di milioni di persone

Ogni frazione di grado in più di riscaldamento globale aggrava i danni subiti da miliardi di persone. Lo dimostra il Lancet Countdown 2023

Il Lancet Countdown 2023 stima anche l'impatto sulla salute degli eventi meteo estremi © Tigeryan/iStockPhoto

Nel linguaggio comune, bisogna fermare la crisi climatica per salvare il Pianeta. Ma non è esatto. Il Pianeta, comunque vadano le cose, continuerà a esistere: sarà l’umanità a subirne le conseguenze. L’ennesima conferma arriva dall’ottava edizione del rapporto Lancet Countdown. 49 pagine che descrivono, a suon di dati, l’impatto della crisi climatica sulla salute umana.

Cos’è lo studio Lancet Countdown

The Lancet, una tra le riviste scientifiche di ambito medico più celebri e autorevoli al mondo, pubblica ogni anno il rapporto Lancet Countdown. Questa ottava edizione, condotta dall’University College di Londra, si basa sul lavoro di 114 esperti provenienti da 52 diversi istituti di ricerca e da varie agenzie delle Nazioni Unite, tra cui l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e l’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm). 

La pubblicazione precede di poche settimane l’inizio della Cop28, la Conferenza delle parti sul clima che si terrà a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. L’agenda prevede – per la prima volta – una giornata tematica dedicata alla salute, il 3 dicembre. «È l’occasione da non perdere per garantire impegni e azioni», sottolinea la dottoressa Marina Romanello, direttrice esecutiva del Lancet Countdown presso l’University College di Londra. Se mancheranno i progressi concreti, «la crescente enfasi sulla salute all’interno dei negoziati sui cambiamenti climatici rischia di essere solo parole vuote, con ogni frazione di grado in più di riscaldamento che aggrava i danni avvertiti da miliardi di persone vive oggi e dalle generazioni a venire».

Anziani e bambini sono i più vulnerabili alle ondate di caldo

Quelle riportate da Lancet Countdown non sono solo proiezioni. Buona parte del report, infatti, descrive ciò che sta già accadendo oggi, cioè con una media decennale di riscaldamento globale pari a 1,14 gradi centigradi in più rispetto ai livelli preindustriali. Tra il 2018 e il 2022, una persona media nel mondo è stata esposta a 86 giorni di temperature elevate pericolose per la salute. In più del 60% dei casi, i cambiamenti climatici hanno più che raddoppiato la probabilità che tali fenomeni si verificassero.

Gli adulti di più di 65 anni, così come i bambini di età inferiore all’anno, possono rischiare la vita a causa delle temperature torride. Proprio queste due categorie fragili oggi sono esposte a un numero di giornate con ondate di caldo doppio rispetto al periodo 1986-2005. L’impatto in termini di decessi c’è già stato. Nel decennio 2013-2022, le morti di ultrasessantacinquenni imputabili al caldo hanno vissuto un’impennata dell’85% rispetto al decennio 1991-2000; senza l’aumento delle temperature, la crescita sarebbe stata soltanto del 38%.

Tra ondate di caldo, siccità e rischio di epidemie

Poi ci sono i cosiddetti eventi meteo estremi, sempre più intensi e frequenti, tant’è che soltanto nel 2022 hanno provocato perdite economiche stimate in 264 miliardi di dollari. Il 23% in più rispetto al periodo 2010-2014.

Nel periodo 1951-1960, la superficie terrestre colpita dalla siccità estrema era pari al 18%; tra il 2013 e il 2022 ha raggiunto il 47%. Il venir meno dell’approvvigionamento idrico ha conseguenze a cascata sulla produzione agroalimentare e sulla salute umana. Il ripetersi di ondate di caldo e siccità nel 2021 ha fatto sì che, rispetto al 1981-2010, 127 milioni di persone in più si trovassero in una situazione di insicurezza alimentare moderata o severa. Nel primo caso, hanno dovuto sacrificare la qualità o la quantità di cibo; nel secondo, sono rimaste a digiuno per almeno un giorno perché non potevano permettersi i pasti.

Le condizioni climatiche attuali favoriscono anche la propagazione di malattie infettive. Il Lancet Countdown 2023 fa l’esempio dei vibrioni, la famiglia di batteri di cui fa parte anche quello responsabile del colera. Man mano che i mari diventano più caldi, si espandono le zone costiere in cui le acque sono adatte a tali batteri. Oggi, su 8 miliardi di abitanti del Pianeta, 1,4 sono esposti all’infezione che porta malattie diarroiche, infezioni delle ferite e sepsi.

clima e fame nel mondo
Il ripetersi di ondate di caldo e siccità nel 2021 ha fatto sì che, rispetto al 1981-2010, 127 milioni di persone in più si trovassero in una situazione di insicurezza alimentare moderata o severa © Scott Wallace / World Bank

Cosa ci aspetta con un riscaldamento globale di 2 gradi

Nonostante questa realtà sia sotto gli occhi di tutti, l’economia globale continua a emettere 1.337 tonnellate di CO2 ogni secondo. Con l’Accordo di Parigi, la comunità internazionale si è impegnata a contenere il riscaldamento globale entro i 2 gradi centigradi, cercando di avvicinarsi il più possibile agli 1,5 gradi. In termini di conseguenze concrete, quel mezzo grado è un abisso.

Questa edizione del Lancet Countdown fa alcune proiezioni sui rischi per la salute umana legati a un aumento di 2 gradi entro la fine del secolo. I dati sono eloquenti: +370% di decessi annuali legati al surriscaldamento entro la metà del secolo, +50% di ore di lavoro potenzialmente perse a livello globale, 252 milioni di persone in più in condizioni di insicurezza alimentare entro il 2041-2060 a causa delle ondate di caldo, +36-37% di potenziale di trasmissione della febbre dengue. E si tratta di uno scenario a dir poco realistico. Stando all’Emissions Gap Report 2022 delle Nazioni Unite, di questo passo rischiamo di raggiungere i 2,8 gradi entro la fine del secolo.

Non ha senso investire nei combustibili fossili

Di fronte a prospettive del genere, la scelta più logica sarebbe quella di stanziare tutte le risorse possibili per la transizione ecologica. Finora però è successo l’esatto contrario. Da un lato ci sono i governi che continuano a fornire sussidi ai combustibili fossili. Nel 2020, 69 Stati – che da soli sono responsabili del 93% delle emissioni di CO2 – hanno stanziato incentivi per un valore netto di 305 miliardi di dollari. Dall’altro lato ci sono le banche private che, tra il 2017 e il 2021, hanno erogato prestiti per un volume totale di 572 miliardi di dollari.

Forti di questo smisurato flusso di denaro, i venti maggiori colossi del petrolio e del gas hanno continuato a espandere la loro produzione. Stando alle proiezioni attuali, nel 2040 saranno responsabili di una quantità di emissioni che supera del 173% quella compatibile con il contenimento del riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi centigradi. Per le energie rinnovabili, invece, hanno lasciato solo le briciole: per la precisione, il 4% dei loro investimenti di capitale nel 2022.

«Con il mondo sull’orlo di un danno irreversibile, il fatto che i governi e le aziende continuino sfacciatamente a investire nel petrolio e nel gas equivale a garantire che l’obiettivo di Parigi di 1,5°C non sarà raggiunto, mettendo a rischio la salute di milioni di persone», afferma il professor Paul Ekins, responsabile del gruppo di lavoro Lancet Countdown su economia e finanza.

Il monito di Lancet Countdown: siamo ancora in tempo

I dati dipingono un quadro sconfortante, ma – precisano gli autori – c’è ancora «l’opportunità di offrire un futuro sano per tutti». La strada da percorrere la conosciamo già, ed è quella delle energie rinnovabili. Ad oggi, 775 milioni di persone non hanno l’allacciamento all’elettricità. E, nei Paesi a basso indice di sviluppo umano, il 92% delle famiglie fa affidamento sulle biomasse per coprire il proprio fabbisogno di energia. Il trasporto su strada è alimentato per il 95% da fonti fossili.

Puntare sulle energie rinnovabili e sull’efficienza energetica, dunque, significa rallentare il riscaldamento globale. Ma significa anche fornire a tutte queste persone energia pulita, decentralizzata, disponibile ovunque, per le case e per i trasporti. Energia salubre, soprattutto: ogni anno 1,9 milioni di persone muoiono a causa del PM2,5 e 78 su 100mila a causa dell’inquinamento indoor. Decarbonizzare porta risultati rapidi e concreti. Dal 2005 in poi, i decessi imputabili all’inquinamento da combustibili fossili sono già calati del 15,7%, per l’80% grazie al progressivo abbandono del carbone. Per non parlare poi dell’impatto positivo in termini occupazionali: nel 2021 i posti di lavoro legati alle rinnovabili hanno raggiunto il record di 12,7 milioni.

L’altro grande fronte su cui lavorare è il sistema agroalimentare, oggi responsabile del 30% delle emissioni globali di gas a effetto serra, il 57% delle quali dovute alla produzione di carne rossa e latte. Anche in questo caso, la tutela del Pianeta va a braccetto con quella della salute umana. Ogni anno, sono 12,2 milioni i decessi che possono essere attribuiti a una dieta scorretta.

Tutte le evidenze vanno nella stessa direzione: lavorare sulla mitigazione dei cambiamenti climatici significa salvare milioni di vite umane. «Questo richiederà di difendere la salute delle persone dagli interessi dell’industria dei combustibili fossili e di altre industrie dannose per la salute. Un’azione climatica trasformativa è necessaria oggi per consentire un futuro in cui le generazioni attuali e future possano prosperare», conclude il professor Anthony Costello, co-presidente di Lancet Countdown.