L’Europa insiste con il gasdotto EastMed, malgrado guerre e crisi climatica
Tra i progetti approvati dall'Unione europea c'è anche EastMed. Un gasdotto che minaccia il clima e alimenta tensioni geopolitiche
Lo scorso 12 marzo il Parlamento europeo ha approvato la sesta lista PCI: un elenco di progetti di interesse comune per l’Europa (“projects of common and mutual interest”) già adottato nel novembre 2023 dalla Commissione europea. Questi progetti sono proposti dalle compagnie che si occupano di trasporto del gas (ENTSOG) ogni due anni. E, sebbene non dovessero includere più metanodotti o infrastrutture per i combustibili fossili, «nella lista spiccano vari progetti legati alle fossili e a zone di conflitto», denunciano le organizzazioni ambientaliste. «Oltre a costose infrastrutture per idrogeno e CCS (cattura e stoccaggio della CO2). Tutti progetti fortemente voluti dall’industria delle fossili».
L’appello (vano) delle organizzazioni ambientaliste contro la sesta lista PCI
Oltre 60 organizzazioni europee, tra cui in Italia la Campagna per il clima fuori dal fossile, la Rete NoRigass e NoGNL, Forum ambientalista, la Rete giustizia climatica, la Confederazione nazionale Cobas, il Coordinamento nazionale NoTriv, ReCommon e altri, hanno per questo scritto ai parlamentari europei nei giorni precedenti al voto. Chiedendo di respingere la lista PCI: «Questi progetti rischiano di diventare incagli (stranded assets) mentre aiutano l’industria dei combustibili fossili a rimanere ricca vendendo false soluzioni».
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Nonostante ciò, tutti sono stati approvati, in blocco. Con pochi voti contrari, anche da parte degli europarlamentari italiani. Quelli inseriti nella sesta lista PCI hanno una valutazione di impatto ambientale semplificata e autorizzazioni accelerate. Hanno inoltre accesso ai sussidi da parte della Banca europei degli investimenti (Bei) e dalla Banca europea ricerca e sviluppo (Bers).
Due metanodotti nella sesta lista PCI: MelitaTransGas e EastMed
Sono due i metanodotti inclusi nella sesta lista PCI. Il MelitaTransGas, progettato per collegare Malta con Gela in Sicilia, secondo gli attivisti solleva serie preoccupazioni. Sia per gli impatti sul clima, sia per i legami con i presunti mandanti dell’omicidio della giornalista Daphne Galizia Caruana.
Poi c’è EastMed, un gasdotto che parte dai giacimenti offshore al largo di Israele e Cipro, in zone contese e in una regione devastata dalla guerra e dalle tensioni. Trasporterà 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno al mercato europeo, con una possibile estensione a 20 miliardi di metri cubi all’anno.
L’impianto prevede 1.900 chilometri di tubi sottomarini da Israele alla Grecia, con una profondità che in alcuni tratti raggiungerebbe addirittura i 3mila metri. Sarà dunque uno dei gasdotti più profondi mai costruiti, con un grave impatto sui fondali marini. Lo denuncia Greenpeace, descrivendolo come una «bomba a orologeria contro la pace e il clima. Questo metanodotto comporterà nuove estrazioni di gas, un’attività chiaramente sconsigliata dall’Agenzia internazionale per l’energia (Iea), e rischia di alimentare ulteriori scontri», si legge nella lettera delle associazioni europee destinata agli europarlamentari.
Secondo gli attivisti, EastMed è «un favore a Israele»
Il gas proviene dai giacimenti Leviathan e Tamar, al largo delle coste di Israele, e da Aphrodite, nelle acque cipriote, scoperti nel 2013 da Saipem. Tra le aziende coinvolte nelle esplorazioni nel bacino del Mediterraneo orientale ci sono Chevron, ExxonMobil, TotalEnergies e l’italiana Eni.
Né Cipro né Israele hanno le infrastrutture necessarie per esportare il gas direttamente all’Europa. La fonte fossile israeliana viene attualmente portata in Egitto, liquefatta e imbarcata nelle metaniere. «Questo gasdotto è un grande favore a Israele, Stato militare intento a massacrare la popolazione di Gaza con un bombardamento a tappeto da oltre sei mesi. Non dimentichiamo che una delle motivazioni della guerra da parte di Israele è mettere le mani sui giacimenti di metano al largo della Striscia di Gaza», dichiara a Valori Angelo Gagliani, del movimento No Tap Brindisi.
Nel 2021 era stato creato l’EastMed Gas Forum che riuniva otto Stati. C’era anche la Palestina che però, ormai, non può più avere alcun ruolo in questo progetto. «Nella situazione attuale tenere vivo Eastmed è un evidente regalo a Tel Aviv, in quanto le permetterebbe di continuare ad esportare gas anche se si dovessero interrompere i rapporti con Egitto», continua Gagliani.
Poseidon intanto, il tratto offshore del gasdotto (altri 210 chilometri) dalla Grecia all’Italia (Otranto), è stato abbandonato e non è più nei progetti comunitari. «Questa è l’unica buona notizia – continua Gagliani -. Il cantiere del PRT a Otranto è infatti fermo, il cancello arrugginito. Il permesso di costruzione scaduto a giugno 2023 non è stato più rinnovato. Il gasdotto si fermerà molto probabilmente ad Alexandroupolis: il gas liquefatto (GNL) sarà trasportato tramite metaniere all’Italia, verso i rigassificatori in Adriatico».
Un progetto che rischia di alimentare le tensioni geopolitiche
Il gasdotto alimenterà anche le tensioni tra Cipro e la Turchia, dove il fuoco cova sotto carboni ardenti. Tra il 2018 e il 2020 Ankara ha spedito nelle acque dei giacimenti ciprioti imbarcazioni per l’esplorazione dei fondali, accompagnate da navi della marina militare. Tanto da portare all’imposizione di sanzioni alla Turchia nel 2019 da parte dell’Unione europea.
Nel 2022 gli Stati Uniti si erano detti contrari al metanodotto EastMed, proprio per non innescare ulteriori conflitti con la Turchia. Come reagirà ora la nazione guidata da Erdogan di fronte a un gasdotto di questa portata finanziato dall’Europa? I metanodotti, così come i rigassificatori, sono tra l’altro facili bersagli di attacchi terroristici, come dimostra la vicenda del Nord Stream. Questo comporta il rischio di esplosioni, tanto più gravi se avvengono vicino alla costa e a zone abitate, con un rilascio incontrollato di metano in atmosfera.
Nel frattempo, la temperatura media globale si avvicina pericolosamente alla soglia degli 1,5 gradi, i fenomeni meteorologici estremi colpiscono sempre più duramente tutto il mondo e il rischio di una guerra mondiale e nucleare è sempre più incombente. Costruire nuovi gasdotti in aree a rischio, in autentiche polveriere, è quanto di peggio si possa fare.