Eni nella «sporca dozzina» delle aziende fossili sostenute dalle banche
Secondo Banking on Climate Chaos, Eni è al quinto posto nella lista delle società che espandono la produzione di combustibili fossili
C’è anche l’Italia, grazie a Eni, in una delle classifiche di punta del rapporto Banking on Climate Chaos. Un primato di cui andare poco fieri. Visto che la lista è quella delle dodici «società in espansione» che più hanno ricevuto soldi dalle banche. Con questa espressione si intendono le aziende che la Global Oil & Gas Exit List e la Global Coal Exit List ritengono avere «piani espansivi per quel che riguarda produzione e utilizzo di energie fossili». Ovvero quello che più contribuiscono al riscaldamento globale.
In questa poco raccomandabile lista l’Italia figura al quinto posto con Eni che, solo nel 2023, avrebbe ricevuto 11,69 miliardi di dollari dalle banche per finanziare le sue politiche espansive nel fossile. Secondo Banking on Climate Chaos, su un totale di 705 miliardi in finanziamenti fossili nel 2023, 437 sarebbero andati proprio alle cosiddette «società in espansione». Portando il totale dal 2016 a oggi alla cifra mostruosa di 3.300 miliardi di dollari per queste particolari aziende, su un totale di 6.900 miliardi. Ennesima dimostrazione del fatto che, quando si apre un conto o si accende un mutuo, oltre alle spese e ai tassi bisognerebbe dare uno sguardo a dove poi le banche investono i nostri soldi.
Il Piano Mattei, energie fossili in continua espansione
Che Eni stia bene non è un mistero. Nel 2023 è salita all’ottantunesimo posto della lista di Forbes, con un fatturato di 132 miliardi di dollari, profitti per 13 miliardi, asset per 154 e una capitalizzazione finale di mercato di poco meno di 50 miliardi. Utili destinati ad aumentare ancora grazie agli aiuti politici. Se già il governo di Mario Draghi aveva puntato forte sul cane a sei zampe, quello di Giorgia Meloni è andato oltre. E con una nerissima ironia ha dato via al Piano Mattei in cui, dietro presunti aiuti ai Paesi africani, si cela il piano espansivo voluto dall’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi, grande sponsor del governo.
Se il Piano Mattei resta nebuloso, come nota Openpolis la sua direzione è ben chiara. Con 5 miliardi a disposizione per gli investimenti, infatti, si è tagliato pesantemente sugli aiuti per la restituzione del debito. E si parla di generici «investimenti sul clima». Investimenti che puzzano di gas, petrolio, carbone e materie prime come litio, coltan e cobalto di cui l’Africa è ricchissima. Un piano neocoloniale di devastazione ambientale che, seconda nerissima ironia della sorte, è stato finanziato coi soldi europei del Fondo italiano per il clima.
Non solo Eni: le società che continuano a espandere la produzione di fonti fossili
E infatti, ritornando al report di Banking on Climate Chaos, ecco che i finanziamenti a Eni per quasi 12 miliardi di dollari in quanto «società in espansione» riguardano progetti dell’azienda principalmente in Paesi africani. Come – in ordine alfabetico – Algeria, Angola, Repubblica del Congo, Costa d’Avorio, Egitto, Ghana, Libia, Mozambico, Nigeria e Tunisia. Oltre ai soliti noti come Cina, Indonesia, Iraq, Messico, Norvegia, Stati Uniti, Venezuela e ai paesi della Penisola Araba. Piani di probabile «espansione» che includerebbero uno sviluppo equivalente a 392mila milioni di barili di petrolio. Una quantità tale da superare del 56% lo scenario dell’azzeramento delle emissioni di gas serra per il 2050.
A fare compagnia a Eni in questa «sporca dozzina» di aziende che ricevono soldi dalle banche per investire nell’estrazione, produzione e trasporto delle energie fossili ci sono in prima fila le canadesi Enbridge Inc, con 35 miliardi di dollari ricevuti, e TC Energy Corp con 15,2 miliardi. Nel mezzo la svizzera Vitol Holding BV con 15,7 miliardi e a seguire l’americana Sempra con 13,8 miliardi. Poi, dopo Eni, ecco China Huaneng Group Co Ltd (11,5 miliardi), NextDecade Corp / Rio Grande Valley LNG (10,3) e Trans Mountain Corp (9,5). A seguire Venture Global LNG Inc (8,9), Petroleos Mexicanos (8.7), State Power Investment Corp Ltd. (7,6). Infine Permian Resources Corp (7,2).