Elezioni europee | Le proposte della finanza etica

Pubblichiamo un contributo di FEBEA, la Federazione europea delle banche etiche e alternative, in vista delle elezioni europee 2024

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In vista delle elezioni, il mondo della finanza etica avanza alcune richieste alle istituzioni europee © CatEyePerspective/iStockphoto
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Nei prossimi anni l’Unione europea dovrà far fronte a numerose importanti sfide, che vanno dai cambiamenti climatici alle disuguaglianze. Per affrontare in modo efficace questi problemi, è essenziale che il sistema finanziario sia all’altezza. L’attuale sistema finanziario si è dimostrato totalmente inadeguato nel soddisfare le necessità e le domande della società. Si caratterizza per obiettivi a breve termine, crisi continue, instabilità e un’attenzione costante alla massimizzazione del profitto come unico obiettivo.

La finanza non è un fine di per sé, bensì uno strumento al servizio della società e del pianeta. Come tale, dovrebbe essere coerente con i nostri scopi e obiettivi. Le esigenze delle imprese multinazionali sono diversa da quelle degli attori dell’economia sociale. In una società e in un contesto economico complessi, abbiamo bisogno di strumenti e modelli distinti.

Nonostante ciò, le norme che regolano il sistema bancario e finanziario spesso sono promosse sulla base di un approccio “one size fits all” che si adatta alle esigenze e ai modelli di business dei gruppi più grandi. Dobbiamo riconoscere l’unicità dei diversi modelli bancari. Tuttavia, questo non implica la creazione di una nicchia normativa per la finanza etica. Al contrario, gli sforzi di carattere normativo dovrebbero focalizzarsi sui fallimenti e sui difetti del sistema finanziario attuale.

Evidenziamo tre proposte, ciascuna delle quali si incentra su uno dei tre pilastri del tradizionale modello ESG, ricordando che la finanza etica considera l’ESG come un insieme indissolubile. Queste tre proposte rappresentano l’essenza delle aspirazioni del movimento della finanza etica nell’agenda finanziaria europea dei prossimi anni.

Ambiente

I cambiamenti climatici sono la sfida più urgente e imminente per l’umanità. Il sistema finanziario ha riconosciuto il contributo importante che può dare, con praticamente tutti i gruppi bancari che nelle proprie comunicazioni danno enfasi alla “sostenibilità”. Eppure, questi stessi sessanta grandi gruppi bancari hanno stanziato 5.500 miliardi di dollari all’industria dei combustibili fossili negli ultimi sette anni. Questa enorme discrepanza tra la comunicazione e gli investimenti reali mette a repentaglio il futuro del nostro pianeta.

La finanza deve allineare parole e azioni e impegnarsi davvero a rispettare i principi che dichiara. In poche parole, è urgente combattere il greenwashing nel settore finanziario. Per quanto l’Unione europea abbia adottato misure promettenti, servono più azioni. L’ultima tendenza del greenwashing è la gara tra le organizzazioni per dichiararsi net zero (a zero emissioni nette); un tema che potrebbe costituire un elemento chiave per la definizione di una proposta legislativa. Abbiamo assistito a un’ondata di network, formati da banche, asset manager, compagnie assicurative, investitori e altri attori della finanza, che pianificano di raggiungere le zero emissioni nette. Tuttavia, se approfondiamo un po’, spesso questi ammirevoli princìpi corrispondono a impegni molto limitati.

In questo, come in altri settori, la finanza etica ha adottato un approccio radicalmente diverso. Si focalizza su una contabilizzazione esatta delle emissioni e su una rendicontazione trasparente, facendo ricorso alle compensazioni soltanto per le emissioni inevitabili. Non si tratta semplicemente di calcolare la convenienza economica tra i costi delle emissioni e quelli della compensazione. La finanza etica spesso evita di mantenere relazioni finanziarie con interi settori, incluse le industrie del carbone e del petrolio.

Qualche anno fa l’Unione europea ha avviato il processo per definire la finanza sostenibile, pur avendo dovuto far fronte a diverse critiche. Tuttavia, il processo mira a stabilire una comprensione chiara e condivisa della “finanza sostenibile”. Ora è necessario un impegno simile verso l’obiettivo zero emissioni. Abbiamo bisogno di un quadro forte e trasparente per contrastare qualsiasi forma di greenwashing. Un quadro normativo dovrebbe definire come raggiungere le zero emissioni nette, applicare tale obiettivo a tutte le attività operative e incentivare metodi di rendicontazione corretti.

Società

Rispetto alle dimensioni sociali si possono prendere in considerazione varie proposte, ma bisognerebbe prestare attenzione soprattutto al tema della disuguaglianza. Assistiamo a crescenti disuguaglianze patrimoniali e di reddito che stanno diventando sempre più insostenibili. Nell’ambito della finanza, c’è disuguaglianza nell’accesso al credito e nei servizi finanziari per la popolazione vulnerabile. Anche le questioni di genere, come le differenze salariali nel settore finanziario, rappresentano un problema molto importante.

Ci sono due temi rilevanti per le questioni di genere: il primo per esempio è l’esclusione delle imprenditrici dall’accesso al credito, il secondo riguarda le differenze salariali nel settore bancario e finanziario, che possono essere viste come una questione sociale o di governance d’impresa.

Negli ultimi anni sono state presentate varie proposte per affrontare queste disuguaglianze. Una di esse è legata al calcolo dei requisiti patrimoniali secondo gli accordi di Basilea. Molte imprese dell’economia sociale sono ingiustamente classificate di default come ad alto rischio e soggette a un assorbimento di capitale del 100%. Ma si tratta di una decisione ingiustificata, poiché gli ultimi anni hanno dimostrato la natura solida e resiliente delle imprese dell’economia sociale.

Questo dato è avallato dall’analisi dei bilanci delle banche etiche europee. Anche se finanziano le imprese dell’economia sociale in misura maggiore rispetto alla media del sistema bancario europeo, le banche etiche hanno percentuali di crediti inesigibili più basse. Non ci sono ragioni tecniche che giustifichino il fatto che le aziende profit possano avere un assorbimento di capitale del 50% o del 75%, mentre quelle dell’economia sociale sono valutate come ad alto rischio e sono severamente penalizzate.

L’introduzione del social supporting factor (fattore di sostegno sociale), che riduce l’assorbimento di capitale per i soggetti dell’economia sociale, darebbe un impulso cruciale allo sviluppo del settore, della microfinanza e della lotta contro l’esclusione finanziaria. L’Unione europea ritiene che tutti questi siano obiettivi fondamentali e questo strumento ha dimostrato di essere estremamente efficace, e per giunta a costo zero per gli Stati, fattore di particolare importanza alla luce delle attuali sfide del debito pubblico.

Governance

La distinzione più importante tra le banche etiche e il sistema tradizionale, per quanto riguarda il terzo pilastro – cioè la governance aziendale –,è la trasparenza. Questa parola chiave si applica a diversi aspetti, come i prestiti concessi, il sistema di remunerazione interna e il sistema salariale, le relazioni di impatto, gli investimenti di capitale ecc. Un’area cruciale che ha a che fare con la trasparenza, e per la quale bisogna fare progressi, è la lotta contro i paradisi fiscali.

Pur essendo presenti da anni nell’agenda europea, i paradisi fiscali continuano a prosperare, con i i principali gruppi finanziari europei che continuano ad usufruirne liberamente. I paesi dell’Unione europea continuano la loro preoccupante corsa per offrire condizioni vantaggiose a capitali e società finanziarie. Questa situazione sembra più una “gara” che un’”unione” europea. Negli ultimi anni sono stati compiuti alcuni progressi, come la promozione della rendicontazione Paese per Paese (country-by-country reporting), ma permangono dei limiti, in particolare per quanto riguarda l’accesso pubblico alle informazioni sulle imprese.

Attualmente la normativa appare inefficace nel contrastare la grande opacità del sistema finanziario. I soggetti della finanza approfittano delle diverse giurisdizioni per evitare le tasse, non risultare trasparenti ed eludere le normative. Questa situazione genera ingiustizia sociale, aggrava la disuguaglianza e crea una concorrenza sleale tra istituti finanziari etici, che si astengono da tali pratiche, e altri che ne traggono vantaggio.

Insomma, la situazione attuale è piena di paradossi e contraddizioni: le norme che spesso sono state concepite per favorire i gruppi più grandi finiscono per danneggiare chi segue approcci diversi, come la finanza etica, e tendono a favorire chi si trova in una posizione di forza.

Negli ultimi decenni, la finanza etica europea ha dimostrato la propria solidità sostenendo l’economia reale, creando posti di lavoro e raggiungendo risultati migliori rispetto ai suoi omologhi tradizionali, in termini di obiettivi sociali, ambientali, economici e finanziarie. I regolatori e le autorità dovrebbero riconoscere questi risultati e riconoscere le caratteristiche distintive della finanza etica; allo stesso modo, il quadro normativo dovrebbe incoraggiare la sua crescita – anziché penalizzarla – e favorire nuovi sviluppi.

Andrea Baranes, ricercatore di Fondazione Finanza Etica

Pedro M. Sasia, presidente di FEBEA