I grandi fondi controlleranno le telecomunicazioni italiane?
Alcuni colossi della finanza potrebbero mettere le mani sulla rete di telecomunicazioni italiana. I grandi fondi sempre più ipertrofici
La multiutility Iren che gestisce le reti del gas, dell’elettricità e dell’acqua in molte città italiane, quotata in Borsa, sta scegliendo il partner privato a cui affidare il 49% del proprio capitale. La “gara”, curata come advisor dalla banca Rothschild, ha coinvolto vari fondi finanziari. Tra cui BlackRock, insieme a Vanguard il principale “gestore di patrimoni” del mondo.
Le mani di BlackRock sull’economia italiana
In Italia BlackRock ha già partecipazioni per quasi un centinaio di miliardi di euro, essendo presente tra l’altro in Intesa Sanpaolo, Unicredit, Enel e Snam. Attraverso il fondo Macquarie sta partecipando all’acquisizione anche della rete delle telecomunicazioni. In pratica, siamo di fronte ad un colossale fondo speculativo che, senza alcun vincolo reale, sta controllando parti fondamentali dell’economia italiana. E ora anche dei servizi pubblici locali.
Stiamo cancellando qualsiasi dimensione pubblica nei settori più vicini ai bisogni dei cittadini, dove sta per diventare dominante un monopolio che, peraltro, ha poco a che fare anche con il mercato. Si tratta infatti solo di potere finanziario che andrebbe fermato subito. Come accennato, sta per essere dissolto infatti un pezzo, strategico, dello Stato, costituito dalla rete delle telecomunicazioni.
Il nodo della rete delle telecomunicazioni
Tim vuole vendere la rete per sistemare i conti e pagare gli azionisti, tra cui figurano oltre a Vivendi e Cassa depositi e prestiti (Cdp), il Fondo pensioni canadese e i soliti fondi hedge. Le offerte provengono dal ricordato fondo australiano Macquarie, già azionista di Open Fiber, da Cdp e dal fondo KKR, dove figurano i soliti fondi hedge.
Nell’intrico svolgersi di questa vicenda KKR e Cdp si sono messe d’accordo, facendo tramontare la pubblicizzazione della rete e avanzando un’offerta congiunta che, nella sostanza, renderà KKR, come detto di proprietà dei fondi speculativi, il pivot decisivo delle telecomunicazioni italiane. Naturalmente per fare questo serve un’intesa con Macquarie per superare il rischio di monopoli “privati”. L’accordo pare essere fatto: a Macquarie andrà la rete migliore e a Cdp, “quasi” pubblica, la rete ancora da realizzare nelle zone “grigie”.
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In barba al sovranismo, in pochi mesi, un pezzo del sistema delle infrastrutture italiane finirebbe nelle mani dei fondi d’assalto che ormai “dominano” il Pianeta, come dimostrano gli ultimi dati. Apple ha raggiunto i tremila miliardi di dollari di capitalizzazione. Più del Pil della Francia. Di questi tremila miliardi, oltre 700 sono di proprietà di 4 fondi hedge, il primo dei quali è Vanguard con 240 miliardi di dollari.
Altre due delle quattro società che hanno oggi il valore più alto sono Microsoft, di cui tre fondi possiedono quasi 500 miliardi – Vanguard 220 miliardi di dollari – e Alphabet, di cui gli stessi tre fondi possiedono azioni per oltre 100 miliardi. Naturalmente Vanguard ne possiede per oltre 50 miliardi di dollari.
La differenza tra mercato e capitalismo
Questi elementi suggeriscono una considerazione che ha un carattere generale. Si tratta della differenza fondamentale tra mercato e capitalismo, due termini che non sono affatto sinonimi. Il capitalismo, che nell’attuale fase è diventato un monopolio finanziarizzato, ha poco a che vedere con il mercato, inteso come l’elemento costitutivo dei processi economici e sociali, necessario per definire il valore di scambio e per garantire la remunerazione individuale e collettiva.
Nella definizione di tale valore esistono beni che sono così indispensabili che il mercato stesso determina la loro gratuità: in altre parole la dimensione pubblica è parte integrante di un mercato che, appunto, ha come sostanza il riconoscimento del valore. In tal senso, esistono l’equità del mercato, la giustizia del mercato, la centralità del lavoro e delle risorse nel mercato.
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Il capitalismo consiste nella ricerca costante del profitto, a cui subordina qualsiasi altra funzione, a cominciare da quella della definizione di un prezzo che sia reale prima ancora che giusto. Il capitalismo è una distorsione del funzionamento del mercato. Che, nell’attuale fase del monopolio finanziarizzato, si traduce nella celebrazione della speculazione, ormai in grado di controllare l’insieme dei servizi pubblici. Sarebbe auspicabile dunque separare mercato e capitalismo, per evitare che l’avidità di quest’ultimo travolga ogni forma di economia e di società non confinata nella propria chiusa autosufficienza. Si tratta di una questione, prima di tutto culturale e politica.