#FossilFuelTreaty. Il trattato che ci può far dire addio alle fonti fossili

Contro la crisi climatica anche gli Stati iniziano a chiedere un Trattato per la non proliferazione delle fossili. Sostenuto da OMS, Vaticano e Parlamento Ue

Andrea Di Turi
Attivisti a favore del Fossil Fuel Treaty @ Campagna per un Fossil fuel non proliferation treaty
Andrea Di Turi
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Stop immediato a nuovi giacimenti di fonti fossili e all’espansione di quelli attivi. Eliminazione graduale della produzione attuale in linea con l’Accordo di Parigi. Sostegno alla giusta transizione per dare garanzie a lavoratori, comunità e Paesi impattati dalla transizione.

Sono i tre pilastri dell’iniziativa per un Trattato Internazionale di Non-Proliferazione delle fonti fossili di energia, il Fossil Fuel Treaty. Mutuati dal Trattato di non proliferazione nucleare, a cui il documento dichiaratamente s’ispira. Anche perché l’equazione alla base del Treaty recita: fonti fossili uguale armi di distruzione di massa della nostra era. L’utilizzo dei combustibili fossili è infatti responsabile di oltre l’80% della CO2 emessa nell’ultimo decennio.

Ciononostante, governi e compagnie fossili continuano irresponsabilmente a pianificare l’espansione della produzione, che renderebbe irraggiungibili gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima. Per tenerli vivi non c’è altra scelta: ridurre drasticamente l’offerta di combustibili fossili, che è ciò a cui il trattato punta.

Le fonti fossili continuano a ricevere enormi finanziamenti pubblici e ad alimentare la crisi climatica
Le fonti fossili continuano a ricevere enormi finanziamenti pubblici e ad alimentare la crisi climatica © Weeraa/iStockPhoto

Fossil Fuel Treaty: dai primi passi al sostegno degli Stati

L’iniziativa ha preso forma circa due anni fa, col supporto di organizzazioni internazionali da tempo impegnate su giustizia climatica e lotta all’emergenza climatica, fra cui Stand Earth, Carbon Tracker, Center for International Environmental Law, Climate Access. Man mano che arrivavano le adesioni, il trattato ha acquisito notorietà e soprattutto importanza. Imponendosi come uno dei meccanismi su cui riporre maggiore attenzione, e speranza, per coordinare su scala globale la lotta alla crisi climatica. L’accelerazione più forte negli ultimi mesi e settimane, sia per l’avvicinarsi della Cop27 in Egitto, sia perché hanno cominciato a scendere in campo i soggetti che alla fine sarebbero chiamati a firmare il trattato: gli Stati.

A settembre, durante l’ultima Assemblea generale delle Nazioni Unite, il presidente della Repubblica di Vanuatu è stato il primo a sostenere pubblicamente il documento, invitando l’intera comunità internazionale a fare altrettanto. Poco dopo è arrivato il sostegno del presidente di Timor Est (premio Nobel per la Pace 1996) e questa volta si è trattato di un Paese produttore di combustibili fossili. Poi il Parlamento europeo, sempre in vista della Cop27, ha approvato a schiacciante maggioranza (450 contro 119) una risoluzione che chiede proprio agli Stati di lavorare allo sviluppo del trattato. La corsa, insomma, è lanciata.

«Quando è troppo, è troppo». Ma in Italia le fossili…

Anche prima degli Stati, il Fossil Fuel Treaty aveva comunque ricevuto adesioni di peso. Come quella dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms): «La moderna dipendenza dai combustibili fossili non è solo un atto di vandalismo ambientale. Dal punto di vista sanitario è un atto di autosabotaggio», ha dichiarato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms.

Parole altrettanto dure sono state usate dal cardinale Czerny, prefetto del dicastero vaticano per il Servizio dello sviluppo umano integrale: «Quando è troppo è troppo. Tutte le nuove esplorazioni e produzioni di carbone, petrolio e gas devono cessare immediatamente», ha dichiarato. Aggiungendo che in vista della Cop27 «il proposto Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili dà grandi speranze di integrare e rafforzare l’Accordo di Parigi». Anche il sindaco di Londra, Sadiq Khan, nel meeting annuale del network C40 Cities a Buenos Aires, ha rilanciato l’appello per aderire al Treaty. Con le stesse parole: «Quando è troppo è troppo», ovviamente riferite alla tossica dipendenza del nostro modello di sviluppo dalle fossili.

Londra è fra le 70 città e governi regionali del mondo che già aderiscono all’iniziativa. Chiedono un trattato per mettere uno stop alle fossili anche circa 500 parlamentari internazionali. E in Italia? Al momento nel Parlamento uscito dalle urne il 25 settembre c’è un solo membro che sostiene il trattato. Quanto alle città, da noi nessuna ha ancora detto che «quando è troppo, è troppo».