Germania, braccio di ferro sul governo: il nodo è il ministero delle Finanze
Il nodo centrale per la formazione di un governo in Germania è legato al braccio di ferro tra verdi e liberali sul ministero delle Finanze
La Germania è un Paese adulto. Dopo le elezioni politiche del 26 settembre sono iniziate le Sondierungsgespräche, i colloqui esplorativi tra le forze politiche. Il 15 ottobre sono terminate e SPD (socialdemocratici), Verdi e FDP (liberali) hanno dichiarato di voler passare alla fase successiva, quella delle Koalitionsverhandlungen. Le trattative per formare una coalizione di governo.
Le tappe per la formazione di un nuovo governo in Germania
Nella nuova fase, iniziata il 27 ottobre, si cercherà di trovare compromessi su decine di punti in 22 gruppi di lavoro: dalle tasse all’energia, dal clima al mercato del lavoro. Se tutto procederà come previsto, i gruppi consegneranno i loro risultati entro il 10 novembre. Entro la fine di novembre sarà redatto il “contratto di coalizione” e Olaf Scholz sarà eletto cancelliere nella settimana del 6 dicembre.
Fossili e clima
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La cautela, anche in una democrazia adulta, è comunque d’obbligo. Nel 2017 i liberali fecero saltare i colloqui esplorativi dopo quattro settimane e si riuscì a formare un governo solo nel marzo dell’anno dopo. Il passaggio alle trattative di coalizione è sicuramente un notevole passo avanti rispetto alle precedenti elezioni. I temi di contrasto tra le forze politiche, però, rimangono molti.
E i liberali, con la loro piattaforma programmatica smaccatamente pro-mercato, sono un partner tignoso e difficile da accontentare. La partita si giocherà soprattutto tra i liberali e i Verdi, i partner minori della coalizione “semaforo” (rosso, verde, gialla) guidata dalla SPD. I due partiti si trovano infatti su posizioni opposte su molte questioni. Ed ambiscono entrambi al ministero delle Finanze, il dicastero chiave per tutte le scelte politiche strategiche per il Paese, a partire da quelle sul clima.
Più mercato negli obiettivi climatici?
La leader dei Verdi Annalena Baerbock ha posto come condizione centrale la formazione di un “governo del clima”. In linea di principio, tutti vogliono proteggere il clima, anche se con obiettivi e approcci molto diversi. Durante tutta la campagna elettorale, la FDP si è espressa contro i “divieti” e il “dirigismo” dei Verdi. Che hanno chiesto date concrete per l’eliminazione graduale dei combustibili fossili, dalle centrali a carbone al riscaldamento a olio e ai motori a benzina. Così come un “freno alla CO2″ in tutte le nuove leggi.
Il dopo-Weidmann
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La FDP, dal canto suo, vorrebbe regolamentare tutto tramite il mercato. E cioè con il mercato delle emissioni dell’UE, che limita i quantitativi di CO2 che è possibile disperdere nell’atmosfera e li regola tramite un prezzo negoziato. Tuttavia, per mantenere l’obiettivo di un riscaldamento globale non superiore a 1,5 gradi, alla fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali – questo prezzo dovrebbe diventare molto alto molto rapidamente.
Un possibile compromesso tra Verdi e Liberali, suggerisce il mensile economico manager-magazine, si potrebbe raggiungere con l’introduzione di incentivi di mercato. «Si potrebbe fare, per esempio, attraverso il prezzo della CO2, prevedendo compensazioni sociali (per le classi di reddito più basse, ndr). Con tasse sull’elettricità più basse o un’indennità energetica».
Anticipare l’uscita dal carbone in Germania. Ma come?
Nemmeno la transizione energetica è messa in discussione. Le stesse grandi imprese tedesche come Siemens, Eon o Volkswagen chiedono ormai di aumentare drasticamente il ritmo di sviluppo dell’energia eolica e solare. Solo che, anche qui, i liberali vogliono che lo Stato intervenga il meno possibile e gli incentivi pubblici siano ridotti o eliminati del tutto.
Il compromesso, in questo caso, sarebbe più a portata di mano di quanto si pensi, secondo manager-magazin. Dopo centinaia di miliardi di euro di aiuti, anche i Verdi considerano le energie rinnovabili pronte a una fase di prova sul mercato, senza sovvenzioni. I Verdi, inoltre, vogliono anticipare l’uscita dal carbone della Germania dal 2038 al 2030, «non per decreto, ma con l’aiuto del mercato delle emissioni. Questo potrebbe andare bene anche ai liberali», spiega manager-magazin.
Le critiche dalla base ambientalista dei Verdi
Il rischio per i Verdi, e per i socialdemocratici, è di dover cedere troppo all’alleato liberale, pur di riuscire a formare un governo. Già alla fine dei colloqui esplorativi, i movimenti ambientalisti e la base del partito verde non hanno mancato di far sentire i propri malumori. «Dobbiamo stare attenti che la FDP non tracci linee invalicabili e noi ci ritroviamo poi alla fine a parlare di speranze invece che di obiettivi», ha detto un consigliere regionale dei Verdi dello Schleswig-Holstein al congresso del partito la settimana scorsa.
I giovani del partito e gli attivisti di Friday for Future sono ancora più critici nei confronti dei politici che sono appena entrati nelle trattative di coalizione. Sostengono che, finora, la protezione del clima sia stata trascurata. E che ci sia urgente bisogno di date fisse per l’eliminazione del carbone, dei motori a combustione e del gas naturale. Sull’uscita anticipata dal carbone il niet potrebbe arrivare però dai socialdemocratici, che governano il Land del Brandeburgo assieme a CDU (cristiano-democratici) e Verdi.
Una regione in cui i posti di lavoro assicurati dalla filiera della lignite sarebbero 24mila. Nel documento pubblicato alla fine dei colloqui esplorativi, un’uscita anticipata dal carbone è legata ad alcune precondizioni. «Per esempio, l’espansione massiccia delle energie rinnovabili, in modo da garantire la sicurezza dell’approvvigionamento elettrico».
Il nodo del ministero delle Finanze
Ai vertici dei Verdi in Germania c’è grande preoccupazione che i successi del partito nei negoziati non riescano ad essere venduti alla base. Anche il leader dei liberali Christian Lindner ha però un interesse in una base verde soddisfatta. Come commenta il quotidiano berlinese Tagesspiegel, «maggiore sarà il livello approvazione della coalizione semaforo da parte dei Verdi, più breve sarà il percorso di Lindner verso il ministero delle Finanze».
Che Lindner sia fortemente interessato al ministero ormai è un segreto di pulcinella. Con Christian Lindner, i Verdi temono però un “Mister No” al ministero, che potrebbe frenare i progetti di protezione del clima per non pesare sulle casse dello Stato. E propongono loro stessi un valido candidato: il co-presidente del partito (assieme ad Annalena Baerbock) Robert Habeck. «È vero che nel 2022, quando il “freno del debito” sarà nuovamente sospeso (per l’ultima volta, in seguito alla pandemia, ndr) si potranno contrarre altri debiti nell’ordine di 100 miliardi di euro. Ma da dove verranno gli investimenti di 50 miliardi all’anno richiesti dai Verdi dopo il 2022 rimane una questione aperta», commenta il Tagesspiegel.
Un ruolo centrale, come durante la crisi da Covid-19, potrebbe essere giocato dalla banca di sviluppo statale KfW Bank, come indicato dallo stesso Lindner. In questo modo non si attingerebbe direttamente dal budget dello Stato. E tutti sarebbero contenti. Forse.