Hope Sogni, violenza di genere nel calcio e ipocrisia delle istituzioni

L'intelligenza artificiale ci regala un sogno legato al mondo del pallone: una candidata donna alla presidenza della Fifa. Che si chiama Hope

La candidata alla presidenza della Fifa creata con l'intelligenza artificiale

«Il mio nome è Hope Sogni, e sono la prima donna a candidarmi a presidente della Fifa. Può sembrarvi strana anche solo l’idea che il calcio possa essere governato da una donna, ma un giorno lo sarà. La storia ha dimostrato che il potere della collettività può smontare un sistema marcio costruito per proteggere i soliti pochi potenti». Esordisce così nel suo video di presentazione Hope Sogni.

La donna che potrebbe essere la prossima presidentessa della Fifa, dopo che lo scorso marzo l’attuale dittatore del calcio globale Gianni Infantino era stato eletto per la terza volta consecutiva, in una votazione farsa, come unico candidato e senza avversari.

Ma non è finita qui. «C’è qualcosa che non va se una calciatrice appena diventata Campione del Mondo può essere abusata in diretta televisiva (con riferimento alla calciatrice spagnola Jenny Hermoso, molestata dal presidente federale Luis Rubiales, ndr). O se l’assegnazione di una Coppa del Mondo può essere effettuata senza avversari, a vantaggio di una nazione che opprime le donne e la comunità Lgtbq+ (vedi i Mondiali del 2034 in Arabia Saudita, ndr). È ora di dire basta. Più che un secolo di beautiful game, vedo un secolo di misoginia e violenze». Continua su questi toni sontuosi il video di Hope Sogni. Parole che nessuno ha mai pronunciato nell’asfittico e chiuso mondo del pallone, e che nessuno si sognerebbe mai di pronunciare.

E diventa subito ancor più chiaro che Hope Sogni è una speranza, che Hope Sogni è un sogno, appunto. Che un giorno arriverà davvero, di sicuro, perché la storia cambierà. Ma che per adesso è solo un’ipotesi generata dall’intelligenza artificiale. Un’ipotesi meravigliosa, realizzata a partire dalle dichiarazioni di vere protagoniste del calcio, giocatrici, dirigenti e allenatrici, per diventare una voce collettiva che denuncia gli abusi di un sistema marcio. E rivendica i diritti sociali ed economici delle donne nello sport più ricco e diseguale del mondo. E che purtroppo tutto questo sarà per molto tempo ancora solo un sogno e una speranza, ce lo dimostra il calcio italiano.

Sabato 25 novembre, mentre nelle piazze di tutto il Paese si manifestava contro i femminicidi, gli abusi e le violenze del sistema patriarcale, la Serie B ha deciso di far giocare le partite con un pallone rosso proprio per sensibilizzare gli spettatori sul tema della violenza di genere. Peccato che in Serie B militi un calciatore con una condanna in primo grado a sei anni di carcere per violenza sessuale di gruppo. Un calciatore famoso, figlio di altrettanto calciatore famoso, tutelato e difeso da tutti nel mondo del pallone, media compresi, nonostante l’atroce crimine che potrebbe aver commesso. Perché è vero che sono tutti innocenti fino al terzo grado di giudizio, ma è anche vero che in caso di colpevolezza per fare schifo si può fare schifo fin da subito.