«La cannabis? È il futuro. L’Europa impari dall’America»

David (CNR): nel 2022 il giro d'affari negli Stati che l'hanno legalizzata potrebbe superare i 20 miliardi di dollari. Europa e Italia saranno costrette ad adeguarsi

Matteo Cavallito
Un negozio di marijuana per uso medico a Denver, USA. Il Colorado ha legalizzato la cannabis terapeutica nel 2000 estendendo il libero possesso per uso ricreativo nel 2014 © O'Dea/Wikimedia Commons
Matteo Cavallito
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Un giro d’affari di 2,4 miliardi e già 18 mila occupati a tempo pieno: sono i primi numeri ufficiali registrati dal settore della cannabis legale. Ma attenzione: parliamo del 2015 e, soprattutto, solo del Colorado, lo Stato alfiere della svolta antiproibizionista americana. Cosa accadrà, dunque, quando gli Stati Uniti nel loro insieme e l’Europa inizieranno a seguire l’esempio? Secondo Piero David, ricercatore di Economia Applicata presso l’IBAM CNR, non ci sono dubbi: «La cannabis – spiega – è il business del futuro e gli investitori lo hanno capito». Tradotto: una montagna di soldi è pronta a riversarsi nel comparto, seguendo la logica pragmatica che ha stregato – e non è certo un male, tutt’altro – Denver e dintorni.

Allora David, a quanto pare l’America “puritana” ha sorpassato la vecchia Europa liberal. Non è sorprendente?

In realtà no. Perché gli Stati Uniti, come il Canada del resto, sono soprattutto un Paese capitalista che si è accorto delle potenzialità economiche di questo settore. Il Nord America è un mercato più dinamico rispetto a quello del vecchio Continente: lì si investe dove si vedono prospettive di profitto.

Anche negli Stati dove è quasi più facile comprare armi che alcolici?

Guardi, nonostante tutto, lo stigma sociale della cannabis negli USA è ormai inferiore a quello percepito in Europa. La cannabis terapeutica è stata introdotta in America già negli anni ’80, ora è legale in 33 Stati, e questo ha contribuito a cambiarne l’immagine presso il pubblico. Non dimentichiamoci che la legalizzazione nei singoli Stati, almeno inizialmente, è avvenuta dopo un referendum popolare. Dieci stati Usa hanno legalizzato la cannabis per uso ricreativo perché la maggioranza dei loro cittadini era favorevole. Questo è un importante cambiamento culturale: non c’è più la paura di una pianta.

Al momento però la cannabis è ancora illegale in molti Stati. Quanto incide questo problema?

Non poco, a cominciare dal fatto che le banche, essendo federali, non possono gestire i pagamenti che, di conseguenza, devono avvenire in contanti. E poi ci sono le contee: la legalizzazione statale dà a queste ultime la possibilità di concedere le licenze per le attività commerciali che coinvolgono la cannabis, ma non tutte accettano di erogarle. In Colorado, per dire, meno di una contea su due permette il commercio di canapa e derivati.

Insomma, la vera svolta arriverebbe con la piena legalizzazione a livello federale…

Io credo che dovremo attendere le elezioni del 2020. Se il prossimo presidente sarà antiproibizionista allora assisteremo a un vero e proprio boom del settore. Riesce a immaginare le implicazioni per il mercato? Se in Colorado, 5 milioni e mezzo di residenti, il settore ha un giro d’affari di oltre 2,4 miliardi dollari – che salirebbero ulteriormente in caso di legalizzazione in tutte le contee – quali sarebbero dunque i ricavi potenziali in California, uno stato con circa 40 milioni di abitanti? Inoltre in tutto il paese si aprirebbe la strada a nuovi mercati anche perché in molti settori la canapa potrebbe sostituire i derivati del petrolio. Secondo l’Annual Marijuana Business Factbook, la guida più importante per l’industria americana della cannabis, nel 2022 il giro d’affari negli stati che hanno legalizzato potrebbe superare i 20 miliardi di dollari.

E l’Europa?

L’Europa ha un atteggiamento contraddittorio sul tema: da una parte calcola già il contributo della droga, così come quello della prostituzione, all’interno del Pil, giustificando la scelta con il fatto che l’acquisto di stupefacenti, sebbene illegale, avverrebbe comunque in modo consensuale e senza estorsione. Dall’altra parte si ostina a mantenerlo un mercato illegale. Ecco, diciamo che anche alla luce di tutto questo servirebbe un atteggiamento più laico. C’è una domanda di questa sostanza molto elevata, c’è un mercato molto ampio, regolamentiamolo.

Resto convinto, in ogni caso, che gli Stati Uniti prima o poi legalizzeranno la cannabis a livello federale e a quel punto l’Europa seguirà il loro esempio.

Anche l’Italia?

In Italia siamo indietro, ma la popolazione, per così dire, è molto più avanti della classe dirigente che la governa. Tra i giovani l’idea di legalizzazione trova ampio consenso e persino la Direzione Nazionale Antimafia si è espressa a favore dell’ipotesi, sottolineando le ricadute positive per il contrasto alla criminalità organizzata, che sarebbe privata di buona parte della liquidità usata per acquisire consenso sul territorio. Alla fine credo che sarà l’Europa stessa a costringerci, di fatto, tra qualche anno a legalizzare la cannabis.