Scaffali etici nei supermercati finanziari

Abbiamo analizzato i fondi di investimento di due big: Generali e Eurizon (Intesa). Quelli sostenibili sono ancora troppo pochi

L'Ue sta "sfornando" una serie di norme per fare chiarezza tra gli scaffali della finanza sostenibile. Per ora tra i molti prodotti offerti quelli sostenibili sono pochi © Nodar-Chernishev/iStockPhoto

Con un semplice esercizio abbiamo cercato di capire come si stiano adeguando al “Piano d’azione per la finanza sostenibile” le principali società di gestione del risparmio (Sgr) italiane. Abbiamo scelto le prime due per patrimoni gestiti, a partire dalla classifica elaborata da Assogestioni, l’associazione che rappresenta gli interessi delle Sgr che operano in Italia. Si tratta di Generali e Intesa Sanpaolo (con le controllate Eurizon, Fideuram e Pramerica).

Con il “Piano d’azione”, adottato nel 2018, l’Unione Europea si è posta obiettivi molto ambiziosi. Il 10 marzo 2021 è entrato in vigore il regolamento UE 2019/2088 sull’informativa di sostenibilità dei servizi finanziari (“Sustainable finance disclosure regulation” o SFDR). La nuova normativa ha tre scopi principali: riorientare i flussi di capitali verso imprese che rispettino l’ambiente e la società; gestire i rischi finanziari derivanti dai cambiamenti climatici e promuovere la trasparenza e una visione di lungo-termine nelle attività economico-finanziarie. Al momento, il 2019/2088 è l’unico provvedimento del “Piano” ad avere risvolti concreti per le società finanziarie.

classifica Assogestioni investimenti
La classifica Assogestioni con i primi 15 gestori finanziari per patrimonio gestito

I fondi sostenibili di Generali BG Lux sono 9 su 75

Partiamo quindi da Generali, che nel gennaio del 2021 gestiva patrimoni per 546 miliardi di euro, pari al 23% del mercato nazionale. All’interno di un’offerta di fondi sterminata, scegliamo la società di gestione lussemburghese BG Fund Management Luxembourg, che gestisce le SICAV (società di investimento a capitale variabile) promosse da Banca Generali SpA. È solo una piccola parte degli investimenti del “leone di Trieste”, su cui puntiamo i riflettori a scopo esemplificativo.

Sul sito di BG si fa esplicito riferimento al regolamento UE. Si possono scaricare quattro diverse informative che spiegano nel dettaglio cosa richieda la nuova normativa. E a quali comparti dell’ampia offerta di BG Fund si applichi. I comparti interessati, «che promuovono, inter alia, caratteristiche sociali e ambientali» sono 9 su un totale di 75. Un piccolo scaffale all’interno di un supermercato di fondi, nel quale si può trovare di tutto. Basta consultare l’ultima relazione annuale certificata relativa a tutti i comparti di BG Fund Management, che risale al 31 dicembre del 2019.

Solo per fare un esempio, i titoli della famigerata compagnia petrolifera Exxon Mobil sono presenti in sei diversi comparti, per un totale di circa 1,2 milioni di euro investiti. «A differenza di altre grandi compagnie petrolifere che hanno iniziato ad agire per contrastare i cambiamenti climatici, Exxon Mobili continua a vivere in un mondo fiabesco di inazione mentre la California brucia e il Texas batte i denti dal freddo», ha dichiarato recentemente al New York Times Peter Krull, amministratore delegato di Earth Equity Advisors, una società USA specializzata negli investimenti sostenibili. 

Per Generali, però, non è un problema, in quanto i comparti nei quali Exxon è presente non hanno come obiettivo esplicito l’investimento sostenibile. 

I fondi che rispettano criteri ESG di Eurizon (Intesa Sanpaolo) sono 11 su 980

Passiamo quindi a Intesa Sanpaolo, scegliendo la più grande delle società di gestione del gruppo, cioè Eurizon: 203 miliardi di patrimonio e l’8% del mercato nazionale. Anche Eurizon spiega sul suo sito cosa cambierà con l’entrata in vigore della SFDR, pur se in modo più succinto rispetto a Generali. È possibile scaricare una sola informativa che spiega come la società intenda adeguarsi al regolamento. Al punto 4., “Perimetro di applicazione”, si spiega che la politica di sostenibilità si applica solo ai prodotti che «illustrano le modalità di integrazione dei rischi di sostenibilità nelle decisioni di investimento». Che però, a differenza di Generali, non sono identificati con precisione.

Sfogliando il Global Impact Report 2019 (ultimo disponibile) di Eurizon, si può ipotizzare che si tratti degli 11 fondi sostenibili (ESG) promossi dalla società, su un totale di circa 980 fondi venduti (dati Morningstar.it). Ancora una volta si tratta di uno scaffale “etico” all’interno di un magazzino di investimenti che non necessariamente tiene conto di criteri ambientali o sociali. Basta dare un’occhiata ai principali titoli nei quali investono i vari comparti di Eurizon Fund, gestiti e promossi dalla lussemburghese Eurizon Capital SA.

Il carbone tra gli investimenti sostenibili

Solo per fare un esempio, le azioni e le obbligazioni del colosso minerario anglo-australiano BHP Billiton, uno dei maggiori produttori di carbone a livello globale (vedi la tabella qui sotto), sono presenti in almeno nove comparti. Così riporta la relazione semestrale al 30 giugno 2020 di Eurizon Fund (l’ultima disponibile).

BHP produzione carbone dal 2008 al 2020 (in milgiaia di tonnelate)
BHP Billiton è uno dei maggiori produttori di carbone a livello globale. Nel grafico la produzione di carbone dal 2008 al 2020 (in migliaia di tonnellate)

Gli investimenti totali sono pari a circa 30 milioni di euro. Quattro titoli obbligazionari di BHP si trovavano addirittura nel portafoglio del fondo “Bond Corporate Smart ESG”, uno degli undici fondi sostenibili di Eurizon.

L’Ue impone obblighi solo per chi promette investimenti sostenibili

Con la SFDR, Eurizon sarà tenuta a chiarire, entro il 30 dicembre 2022, in che modo il fondo prenda in considerazione «i principali effetti negativi (degli investimenti) sui fattori di sostenibilità» (Regolamento UE 2019/2088, articolo 7). Spiegando, eventualmente, come sia compatibile l’investimento in un big del carbone con la sostenibilità ambientale. Sempre che nel frattempo non decida di venderne i titoli. 

Per tutti i fondi che non adottano criteri di sostenibilità, la SFDR non impone obblighi di trasparenza particolari. Ma richiede uno sforzo in più rispetto alla situazione attuale. Dovrà infatti essere fornita «una spiegazione motivata» sul perché  «gli effetti negativi delle decisioni di investimento sui fattori di sostenibilità» non siano considerati. Sarà da vedere quanto le motivazioni saranno dettagliate o se si tratterà solamente di una dichiarazione standard, ripetuta per ogni fondo. Si tratta comunque di un grande passo avanti nel riconoscimento della sostenibilità come fattore chiave negli investimenti. Se si decide di aggirarlo, bisognerà spiegarne i motivi.