Italia, energia al 100% pulita nel 2035? Si può fare, dice uno studio
Il nostro Paese si è impegnato a raggiungere le zero emissioni nette nel sistema elettrico entro il 2035. Uno studio ora spiega come fare
Produrre tutta l’elettricità che serve all’Italia con fonti pulite entro il 2035. Una promessa che il nostro Paese ha sottoscritto in una delle più impegnative delle sedi istituzionali: il G7, incontro delle principali economie dell’Occidente. Impegno ambizioso al quale non sono per ora seguiti i fatti. Gran parte del nostro mix elettrico rimane fossile, e dal Nord al Sud della penisola si continuano a progettare infrastrutture relative al gas.
Al di fuori delle istituzioni, però, c’è chi sta provando a prendere sul serio questa promessa. È il caso dei ricercatori di Ecco – climate tank e Artelys. Il primo è un think-tank italiano dedicato alle politiche climatiche, la seconda è un’azienda francese specializzata in simulazioni di scenari non solo energetici. A loro si sono affidate le tre principali organizzazioni ecologiste del nostro Paese – Legambiente, Greenpeace e WWF – per realizzare uno studio sulla decarbonizzazione del sistema elettrico italiano al 2035.
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I risultati sono contenuti nella ricerca presentata a Montecitorio il 12 giugno scorso. Gli esiti sono articolati, ma il messaggio più importante è contenuto in apertura: si può fare.
L’elettricità italiana al 2035
Come i ricercatori hanno immaginato il sistema elettrico della penisola tra 12 anni? La risposta si trova nei due diversi documenti di cui si compone lo studio. Nell’allegato tecnico, in particolare, vediamo le cifre. Ecco e Artelys prevedono 250GW di capacità installata nel 2035 con una produzione di oltre 400TWh. La capacità è suddivisa, in questo scenario, tra 168GW di fotovoltaico, 51GW di eolico, 4GW di biomasse e 27GW di idroelettrico, storage compreso. Al 2030 serviranno già 160GW installati per 250TWh di produzione.
Tutto questo, ammoniscono gli autori, significa 90GW di nuovi impianti da installare entro il 2030. Ovvero, moltiplicare per otto volte la crescita delle rinnovabili cui assistiamo oggi. Un impegno ciclopico e urgente.
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Almeno altrettanto interessanti sono le assenze. Ecco e Artelys non vedono alcun ruolo per il gas fossile al 2035, mentre rimarebbero in gioco – seppur in modo limitato – biometano e idrogeno. Anche il CCS, la cattura e stoccaggio della CO2, è stata esclusa in partenza dai ricercatori. Si tratta di due punti chiave, che pongono il rapporto in netta controtendenza rispetto ai piani governativi. Il CCS è da tempo promosso dalle grandi aziende energetiche – Eni in primis – mentre il gas è l’architrave della strategia energetica italiana, non da ultimo col cosiddetto Piano Mattei della premier Meloni.
Oltre ad aver escluso in partenza il ricorso al CCS dalla simulazione, i ricercatori hanno preso come assunti anche un limite alle importazioni e alle biomasse.
Come arrivarci?
Assieme alle simulazioni – che riguardano anche la stabilità della rete e l’alternanza tra fonti diverse – Ecco ha fornito una serie di indicazioni per i decisori politici. Tra queste la coerenza tra gli obiettivi dichiarati al G7 e gli investimenti del PNIEC e lo stop ai finanziamenti per progetti fossili – compresi quelli sul gas. È citata esplicitamente – come esempio di progetto dannoso – la metanizzazione della Sardegna, obiettivo da anni di governo nazionale e isolano.
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Il think-tank si sofferma anche sugli ostacoli all’installazione di impianti rinnovabili posti da Regioni e ministero dei Beni Culturali per tramite delle sovrintendenze. Il giudizio su entrambi è duro, e i ricercatori auspicano maggiore collaborazione nel senso di una veloce transizione ecologica.
Uno sforzo necessario
La ricetta indicata da Ecco e Artelys per conto di Legambiente, Greenpeace e WWF è solo uno dei contributi tecnici e politici che saranno necessari alla transizione energetica. Un pezzo di un puzzle complesso che andrà composto velocemente. Sempre se i decisori politici decideranno di volerci provare per davvero.