Investimenti nell’energia: il 2023 è l’anno del sorpasso del solare sul petrolio

Gli investimenti nell'energia solare stanno superando quelli per la produzione petrolifera. Parola dell'Agenzia Internazionale dell'Energia

La IEA prevede che nel 2023 gli investimenti nell'energia solare superino quelli nel petrolio © Victor Griso Martinez/iStockphoto

Cinque anni fa, per ogni dollaro investito nei combustibili fossili, uno era investito nell’energia pulita. Ora siamo nel 2023 e i rapporti di forza sono cambiati. Per ogni dollaro investito nei combustibili fossili, all’energia pulita vanno un dollaro e 70 centesimi. Con queste parole Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), introduce i dati del World Energy Investment 2023. Il report fa il punto sugli investimenti nell’energia a livello globale. E, per la prima volta, prevede il sorpasso del solare sul petrolio.

Quanto valgono gli investimenti nell’energia a livello globale

La IEA stima che nel 2023 gli investimenti nell’energia, a livello globale, arrivino a un valore totale di 2.800 miliardi di dollari. Di questi, più di 1.700 miliardi saranno destinati all’energia pulita; categoria in cui la IEA inserisce non soltanto le rinnovabili ma anche le auto elettriche, il nucleare, le reti, lo stoccaggio, i carburanti a basse emissioni, le pompe di calore e l’efficienza energetica. Il resto, cioè poco più di un miliardo, andrà a carbone, gas e petrolio.

«L’energia pulita si muove velocemente – più di quanto molte persone credano. Questo emerge chiaramente dai trend di investimento, in cui le tecnologie pulite stanno staccando i combustibili fossili», commenta Faith Birol. «Un esempio lampante è rappresentato dagli investimenti nel solare che, per la prima volta, sono destinati a superare quelli per la produzione petrolifera».

eolico rinnovabili
Un impianto eolico © Mimadeo/iStockPhoto

I dati dell’Agenzia Internazionale dell’Energia

Tra il 2021 e il 2023 gli investimenti in energia pulita sono in aumento del 24%, contro il +15% di quelli nelle fonti fossili. A fare la parte del leone sono le rinnovabili a quota 659 miliardi di dollari, quasi il doppio rispetto ai 331 del 2015. Rapidissima anche l’impennata della mobilità elettrica: ora attrae investimenti pari a 129 miliardi, nel 2017 arrivava a malapena a 5. L’efficienza energetica invece si attesta sui 377 miliardi, una cifra in lieve calo rispetto all’anno precedente ma che, comunque, supera di oltre 100 miliardi quella del 2015.

Se gli investimenti nell’energia pulita crescono in modo così veloce è per una combinazione di fattori. Da un lato la volatilità dei prezzi dei combustibili fossili e i timori per la sicurezza energetica, anche per via della guerra in Ucraina. Dall’altro lato le politiche adottate dai governi, primo fra tutti l’Inflation Reduction Act voluto dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Ad oggi, però, la geografia è ancora molto sbilanciata. Questo incremento del 24% in due anni, infatti, dipende per il 90% dalle economie avanzate (Cina inclusa). Insomma, buona parte del Pianeta rischia di trovarsi drammaticamente in ritardo nella transizione ecologica.

Quanti soldi hanno i colossi dell’oil&gas e come li spendono

Possiamo dunque affermare che i combustibili fossili siano un retaggio del passato? Non ancora. L’impennata dei prezzi dell’energia nel 2022, la stessa che ha messo in crisi famiglie e imprese, è stata una manna dal cielo per i colossi dell’oil&gas. Fino ad allora, il loro reddito netto complessivo si aggirava sui 1.500 miliardi di dollari annui. Nel 2022 è arrivato a 4mila miliardi.

Chi sperava che approfittassero di questo fiume di denaro per riconvertire il proprio business è destinato a rimanere deluso. Quasi la metà della liquidità è stata spesa per la fornitura tradizionale; una grossa fetta (il 39%) è finita in dividendi e buyback (riacquisto di azioni proprie); aggiungendo anche i debiti da rimborsare, è rimasto un misero 1% per gli investimenti in tecnologie low carbon.

Gli investimenti nell’energia fossile sono ancora eccessivi

L’Agenzia Internazionale dell’Energia si aspetta per il 2023 un +7% nella spesa per petrolio e gas upstream, cioè per concessioni, esplorazioni, allestimento dei siti e trivellazioni. Un segmento che aveva fatto un tonfo nel 2020 e che si sta riavvicinando ai livelli di partenza. A trainarlo sono le compagnie mediorientali, le uniche a investire di più rispetto al pre-pandemia.

È vero dunque che gli equilibri si stanno spostando in modo visibile verso le fonti pulite, ma ad oggi questo non è ancora abbastanza. La IEA ha infatti messo a punto una tabella di marcia che spiega, passo dopo passo, come azzerare le emissioni nette di gas serra entro il 2050. Ebbene, gli investimenti nell’energia fossile oggi sono il doppio rispetto al livello previsto per il 2030 da questo piano. Gli investimenti nel carbone stimati per il 2023 superano di sei volte quelli prospettati dalla IEA per il 2030. Azzerare le emissioni entro il 2050, però, è l’unico modo per provare a contenere il riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali. Risparmiando alle future generazioni le sue conseguenze più drammatiche.