In Italia l’Overshoot Day arriva il 19 maggio

L'Overshoot Day per l'Italia arriva a maggio. Se tutti avessero il nostro stile di vita, ci vorrebbero 2,7 pianeti

© Anastasiia Stiahailo/iStockPhoto

C’è un momento dell’anno in cui si esauriscono le risorse che la Terra è in grado di rigenerare nel corso di un anno. Quel giorno si chiama Overshoot Day. Per l’Italia, arriverà il 19 maggio. Per il mondo sarà invece sarà probabilmente attorno al 25 luglio, anche se la data precisa non è stata ancora ufficializzata. È una data che cambia ogni anno, a seconda di quanto consumiamo, come singoli Paesi e in totale. Da quel momento cominciamo a usare le risorse dell’anno seguente. O quelle degli altri.

Paesi prodighi e Paesi parsimoniosi

Funziona più o meno come l’inizio della parabola dei figliol prodigo. Immaginiamo un padre che dà ai suoi figli 10 denari ogni anno. C’è qualcuno che arriva a dicembre magari con l’acqua alla gola ma con ancora gli ultimi centesimi da spendere. E poi ci sono quelli che li finiscono molto prima. Qualcuno a marzo è già senza un soldo, qualcuno tira fino a maggio.

Ecco, immaginiamo che i figli siano dieci e che il padre riesca a guadagnare ogni anno 100 denari. I figli che sperperano tutto prima del tempo danno fondo al patrimonio del padre nei mesi restanti. Un patrimonio che man mano diminuisce, si fa sempre più esiguo, in futuro potrebbe scomparire del tutto perché nelle sue casse il padre più di 100 denari ogni anno non può farci entrare. Nella parabola, il figlio che ha sperperato tutto in poco tempo, a un certo punto “torna in sé”.

Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: «Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati».

L’Overshoot Day funziona secondo lo stesso principio. La Terra riesce a produrre e rigenerare una certa quantità di risorse (minerali, metalli, vegetazione e così via). Tutti i Paesi del Nord globale da decenni sperperano ogni anno più risorse di quelle a disposizione e, per il resto, danno fondo a un patrimonio che si fa sempre più esiguo. Significa che la nostra domanda di risorse naturali eccede, e di molto, la disponibilità. Peschiamo più pesci di quanti poi ne rinascano, tagliamo più alberi di quanti ne ricrescano. E all’opposto, produciamo più CO2 di quanta il nostro ecosistema riesca a riassorbirne.  

Una questione di contabilità ambientale

L’organizzazione internazionale Global Footprint Network, che si occupa di contabilità ambientale, calcola ogni anno (a partire dal 1961) l’impronta della specie umana nel suo insieme e quella dei singoli Stati. Negli anni Settanta l’Overshoot Day arrivava a fine dicembre, negli anni Ottanta a novembre, nei Novanta a ottobre, nel 2001 il 13 settembre. Un peggioramento costante e gigantesco.

overshoot day storico
© Earth Overshoot Day

Ora stiamo lentamente migliorando. Nel 2022 il 28 luglio, nel 2023 il 2 agosto. Ora, però, di nuovo il 25 luglio. Possiamo dire che globalmente stiamo diventando un pochino più parsimoniosi. Globalmente.

Perché, se invece guardiamo la nostra impronta, scopriamo l’Italia finisce le sue risorse già a metà maggio. Se tutti avessero il nostro stesso stile di vita, servirebbero 2,7 pianeti. È una cifra che si ottiene dividendo l’impronta ecologica annuale dell’umanità per la biocapacità annuale del pianeta Terra. E moltiplicando il risultato per i 365 giorni dell’anno. Secondo i dati del 2022, se tutti avessero lo stile di vita americano, di pianeti ne servirebbero quattro. Lo sforamento degli Stati Uniti infatti arriva a metà marzo, ad anno a malapena iniziato. Mentre, se avessimo lo stile di vita medio di un abitante di Cuba o della Giamaica, ce ne basterebbe uno o poco più: la prima infatti raggiunge l’Overshoot Day a fine novembre e la Giamaica addirittura il 20 dicembre.

Come si fa ad anticipare l’Overshoot Day

Il rallentamento c’è, ma è lentissimo. Secondo l’IPCC (Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici), bisognerebbe tirare indietro di 19 giorni la lancetta dell’Overshoot Day da subito e per i prossimi sette anni, per riuscire a ridurre le emissioni di CO2 del 43% entro il 2030.

Sono due modi diversi per dire la stessa cosa: bisogna consumare molte meno risorse e dunque produrre molta meno anidride carbonica. Ridurre le emissioni vuol dire cambiare il modo di utilizzare i nostri dieci denari e imparare, modificando radicalmente la gestione dell’economia domestica del Pianeta, a non spendere più di quello che la Terra può produrre in un anno. Ma non solo.

Abbiamo detto che noi, i fratelli spendaccioni, finora abbiamo preso a piene mani dal patrimonio di tutti. Quindi noi figlioli prodighi dovremmo offrirci come salariati della Terra. In altre parole dovremmo occuparci anche di rigenerare quello che abbiamo scialacquato finora. La normativa europea sulla biodiversità, o Nature Restoration Law, servirebbe proprio a ripristinare entro il 2050 almeno il 90% degli ecosistemi degradati a causa dell’attività umana. Una legge che fatica ad essere approvata e si fa via via meno ambiziosa. Eppure è la parte più facile. Molto più difficile sarà ripensare i nostri stili di vita in modo da farci bastare i denari che abbiamo.