Così fan tutti: Sineddoche, Juventus
Le reazioni alla penalizzazione della Juventus sono quantomeno curiose. Più che a proteggere il club, servono a proteggere il sistema calcio
Detto che le sentenze dei tribunali ordinari e sportivi non si devono accettare supinamente ma si possono e si devono discutere, non essendo l’infallibilità della magistratura un dogma scritto in alcun testo sacro (e aggiunto solo che andrebbero aspettate le motivazioni della sentenza per farlo) certo è che le reazioni alla penalizzazione della Juventus sono quantomeno curiose. Tralasciando quei giornalisti che con il cambio di editore sono passati dall’essere i peggiori giustizialisti a diventare i più fieri innocentisti, per lo più tra tifosi e appassionati si grida al complotto. E come sempre, l’ipotesi di complotto serve a giustificare il sistema che ha prodotto la rottura. Mai a combatterlo.
Perché il problema, più che il “sistema Juventus” di cui molto si parla, è il sistema calcio, di cui la Juve è emblema, simbolo e sintomo. O, ricalcando il fortunato titolo del film “Synecdoche, New York” di Charlie Kaufman, sineddoche. Per questo, dato che sul tema giudiziario sono già stati versati fiumi di inchiostro, e ognuno utilizzerà quelli più vicini alle proprie idee per poterle sostenere con ancor più forza, diventa interessante utilizzare la Juventus come figura retorica che utilizza la parte per il tutto, per analizzare ancora una volta lo stato penoso del calcio italiano.
Il club bianconero è il più ricco, forte, famoso, tifato del paese, è quotato in borsa e ha uno stadio di proprietà, ha vinto nove scudetti di fila e raggiunto due finali di Champions. Eppure i suoi conti sono disastrosi (qui un articolo del maggio 2021) e il suo modo di utilizzare ricavi e spese del calciomercato è squallido e dilettantistico come un Chievo e un Cesena qualsiasi. (Qui un articolo del dicembre 2021). Anche loro penalizzate perché c’erano intercettazioni dimostravano che le plusvalenze fittizie non erano innocenti, e poi fallite.
Da questi articoli del 2021 i conti sono peggiorati ancora di più. A fronte di due aumenti di capitale da 700 milioni complessivi, negli ultimi tre anni la Juventus ha chiuso i bilanci con passivi intorno ai 250 milioni di euro e in questi giorni il suo titolo sta letteralmente crollando in borsa. Ma a vedere i bilanci, delle altre squadre non è che grandi e piccole in Serie A, come in B o in C stiano meglio. Anzi. Come abbiamo più volte scritto in questa rubrica, dall’ultimo ReportCalcio della Figc emerge che il 79% dei bilanci delle società di calcio professionistiche è in perdita. E a fronte di 3,9 miliardi di fatturato complessivo del sistema calcio, i debiti sono di 5,6 miliardi.
È per questo che, in attesa che l’inchiesta Prisma o di altre procure si allarghi agli altri club, o che al contrario la cassazione del Coni annulli la penalizzazione e le squalifiche della Juve, non è sbagliato dire “così fan tutti”. E sostenere che il club bianconero è uguale a tutti gli altri. Dipende però il motivo per cui lo si dice. Le plusvalenze fittizie e a specchio sono la catena alimentare del pallone in tutta Italia e nel resto d’Europa. Per questo non si può dare la colpa solo al cerchio magico dell’ultimo degli Agnelli, anche perché pure i “nomi nuovi” voluti dal prode John Elkann sono stati squalificati e inibiti.
Non è quindi una questione di una squadra, di una città, di una famiglia, di operazioni particolari (anche se Rovella valutato 18 milioni, Mandragora 20 e Arthur 75 gridano vendetta), ma di un “sistema”. Inteso però come sistema calcio e non sistema Juventus. Ecco perché cercare il capro espiatorio in questo o quel dirigente bianconero, in questa o quella operazione specifica (vedi Ronaldo), o sostenere che anche altre squadre abbiano fatto lo stesso, serve solo a proteggere il sistema calcio. Un sistema maleodorante e devastato di cui la Juventus è sintomo e sineddoche. E quando c’è una metastasi diffusa in tutto il corpo, è quantomeno curioso perdere tempo a discutere della colpevolezza o dell’innocenza del sintomo che la indica, dimenticandosi della malattia. A meno che non lo si faccia consapevolmente.