Il Lancet countdown report: la nostra salute dipende dalla difesa del clima
Il Lancet countdown report mostra in modo inequivocabile il legame tra salute, clima e benessere economico: la risposta dev'essere univoca
La crisi climatica è anche un’emergenza sanitaria. È quello che emerge dal settimo Lancet countdown report, uscito proprio alla vigilia della Cop 27 di Sharm el-Sheikh, la ventisettesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite. Si tratta di dati terribili, che ci parlano di fame e di disuguaglianze. E dipingono un futuro (oltre che un presente) alla mercé di epidemie, incendi, alluvioni e fame.
Clima, salute ed energia hanno bisogno di risposte congiunte
Governi e aziende si trovano in questo momento a confrontarsi con l’impatto “concorrente” della crisi energetica e della pandemia, erroneamente considerate più immediate del riscaldamento climatico. Le misure adottate e la narrazione che le accompagna sono frutto dell’illusoria convinzione di poterli affrontare come problemi isolati. Che richiedono risposte diverse se non addirittura contraddittorie. Il rapporto di Lancet sottolinea invece come cambiamenti climatici, salute ed energia si intersechino a doppio filo e abbiano bisogno di risposte congiunte.
Il documento, pubblicato ogni anno grazie al lavoro di ricerca di 99 esperti provenienti da 51 diverse istituzioni fra cui l’Oms e il Wmo (World metereological orgnization), mostra come negli ultimi vent’anni i decessi causati da ondate di caldo siano aumentati del 68%. Ciò considerando il periodo 2017-2020 rispetto al 2000-2004. Insomma, di caldo si muore e si morirà sempre di più.
Non solo caldo: secondo il Lancet countdown report crescono anche incendi e malattie infettive
I giorni all’anno in cui le persone sono esposte a incendi estremi sono cresciuti del 61% e anche questi influiscono sulla salute con lesioni, esposizione al fumo e con un forte impatto sulla salute mentale.
In certe zone, per esempio nel mar Baltico, le zone costiere adatte ai patogeni vibrioni stanno quasi raddoppiando. Mentre le malattie infettive stanno diventando sempre più facilmente trasmissibili e pericolose, in particolare dengue e malaria, pesando fra l’altro sui sistemi sanitari.
E a proposito di malattie infettive, anche il nostro continente si sta facendo sempre più ospitale per tali patologie, così come per il virus del Nilo occidentale. In Europa i pericoli per la salute legati al clima sono spaventosamente aumentati: nel 2020, proprio l’anno in cui le strade erano vuote e l’aria ci sembrava più pulita, l’inquinamento dovuto ai combustibili fossili ha provocato 117mila morti (e 1,3 milioni nel mondo).
L’inquinamento da combustibili fossili nel 2020 ha ucciso 1,3 milioni di persone
E poi c’è la fame. Sul Pianeta oggi ci sono 98 milioni di persone in più (rispetto al periodo 1981-2010) che si trovano in stato di precarietà alimentare dovuta espressamente al riscaldamento globale. La siccità è diventata una minaccia per almeno un mese all’anno nel 47% delle terre emerse (+29% rispetto a quelle colpite negli anni Cinquanta).
Nel 2021 l’Organizzazione mondiale della sanità ha stimato che, fra il 2030 e il 2050, ci saranno ogni anno 250mila morti in più dovute al riscaldamento globale, fra malattie, caldo e malnutrizione. Il dato è pubblicato sul sito del ministero della Salute, dove viene specificato anche che queste morti «riguarderanno soprattutto i sottogruppi più vulnerabili. Con un aumento delle disuguaglianze di genere, della marginalizzazione sociale ed economica, dei conflitti e delle migrazioni». Cresce inoltre il bisogno di rivolgersi ai sistemi sanitari, che sono a loro volta indeboliti a causa della pandemia e del costo dell’energia: solo il 63% dei Paesi studiati hanno davvero implementato dei piani per la gestione delle emergenze dopo il 2020.
Le due possibili risposte per salute e crisi climatica
Salute e crisi climatica, insomma, vanno affrontati insieme. E le piste che vanno seguite sono principalmente due. La prima è accelerare il passaggio a una dieta soprattutto vegetale. Eliminando quindi gli allevamenti intensivi con tutto l’inquinamento che comportano. La seconda è la stessa che serve per uscire dalla crisi energetica e la stessa che può porre fine a molti dei conflitti geopolitici in atto: abbandonare i combustibili fossili, il più velocemente possibile. Ed è proprio quello che non sta succedendo. Su 86 Paesi analizzati, 69 destinano ancora immense sovvenzioni ai combustibili fossili: nel 2019 erano 400 miliardi di dollari.
Il rapporto di Lancet lo scrive nero su bianco: «In questo momento cruciale, una risposta alle crisi attuali incentrata sulla salute potrebbe ancora offrire l’opportunità di un futuro resiliente e a basse emissioni di CO2. Non solo eviterebbe i danni alla salute derivanti dall’accelerazione dei cambiamenti climatici, ma consentirebbe anche di migliorare il benessere grazie ai co-benefici associati all’azione per il clima».
L’abbandono delle fonti fossili la chiave per salute, sicurezza, benessere e crescita economica
«Tale risposta – prosegue il rapporto – imporrebbe ai governi di abbandonare tempestivamente i combustibili fossili. Riducendo la loro dipendenza dai fragili mercati internazionali di petrolio e gas e accelerando una giusta transizione verso le fonti energetiche pulite. Una risposta incentrata sulla salute ridurrebbe la probabilità degli impatti più catastrofici del cambiamento climatico, migliorando al contempo la sicurezza energetica, creando un’opportunità di ripresa economica e offrendo immediati benefici per la salute».
Insomma, siamo al bivio fra un futuro in cui gli interessi legati al fossile avranno avuto la meglio e le disuguaglianze si saranno esacerbate fino a rendere la vita sulla Terra impossibile, e un futuro in cui invece la specie umana potrà continuare a vivere, e a vivere meglio (molto meglio) di ora, in armonia con la salute propria e degli altri esseri viventi.