Lobby: quei professionisti dell’elusione a libro paga di Bruxelles
Lobby in paradiso. Le società che aiutano le multinazionali a eludere le tasse orientano anche la politica fiscale della UE. Che le paga per farlo.
La lobby dell’elusione fiscale opera con profitto in Europa, non solo nel privato ma anche nel “pubblico”. Non bastasse il controverso business della pianificazione fiscale, infatti, le maggiori società del settore – le cosiddette Big Four – incassano ogni anno milioni di euro dalle stesse istituzioni di Bruxelles grazie a ricchi contratti di consulenza. Lo rivela un rapporto di Corporate Europe Observatory, un’organizzazione no profit con sede nella capitale belga.
L’indagine, pubblicata nella prima metà di luglio 2018 accusa in particolare i mega advisor globali KPMG (Svizzera), Deloitte, EY e PricewaterhouseCoopers (tutte tre britanniche) di “aiutare le multinazionali a eludere le tasse orientando al tempo stesso la politica dell’Unione Europea” in materia fiscale. Una denuncia che si estende inevitabilmente alla stessa UE: «C’è un implicito conflitto di interesse», ha dichiarato l’attivista di Corporate Europe Observatory, Vicky Cann. «Le Big Four vendono alle aziende schemi per eludere le tasse e contemporaneamente vengono pagate dalla UE per servizi di consulenza sulla lotta all’elusione stessa».
Elusione UE: un conto da 70 miliardi
Grazie alla pianificazione fiscale dei loro consulenti – che chiama in causa tecniche complesse basate in primo luogo sul trasferimento dei profitti nei paradisi fiscali – le corporation riescono legalmente a pagare meno tasse del dovuto. Il fenomeno costerebbe alla UE da un minimo di 50 a un massimo di 70 miliardi di euro all’anno, ma c’è chi ha parlato di perdite totali per 190 miliardi. Su scala mondiale il conto salirebbe a quota mezzo trilione di dollari.
L’Europa ha provato a correre ai ripari ma sulle iniziative regolamentari si è scontrata con l’opposizione della lobby : dapprima, denuncia il rapporto, gli advisor hanno tentato senza successo di contrastare le norme che obbligherebbero le multinazionali a rendere noti i dettagli sui profitti conseguiti in ogni singolo Paese (country-by-country reporting); in seguito sarebbero riusciti a indebolire il testo finale in materia di trasparenza sull’attività di pianificazione fiscale “aggressiva” approvato dal Consiglio d’Europa nel marzo 2018.
Improving Transparency with Country-by-Country Reporting
I colossi della consulenza
La Big Four si sono affermate come autentici giganti della consulenza globale. Le quattro società impiegano complessivamente quasi un milione di persone e nel 2017 hanno fatturato insieme circa 134 miliardi di dollari. Secondo i dati ufficiali ripresi dal rapporto, i loro lobbisti regolarmente registrati presso la UE sono 57, 34 dei quali della sola Deloitte. La spesa annuale dichiarata per le attività di lobbying a Bruxelles oscillerebbe tra i 2,6 e i 3,3 milioni di euro, una cifra piuttosto modesta rispetto a quella incassata grazie ai ricchi contratti siglati con la stessa Commissione UE.
Nel 2014, ad esempio, la TAXUD, ovvero la direzione generale della Commissione responsabile della politica fiscale e doganale, ha pagato 7 milioni di euro a PWC, Deloitte ed EY per condurre studi in materia. “Dopo lo scandalo LuxLeaks, che ha rivelato il ruolo delle Big Four nel facilitare l’elusione fiscale delle corporation, nulla è cambiato” si legge nel rapporto. “Nel gennaio del 2018 PWC, Deloitte e KPMG hanno ricevuto 10,5 milioni di euro per condurre studi su ‘questioni fiscali e doganali’, senza alcun riguardo per i loro conflitti di interesse”.
Lobby e porte girevoli
Una portavoce della Commissione Europea, citata da Bloomberg, ha gettato acqua sul fuoco: “Redigere uno studio non significa diventare nostri consulenti” ha affermato sottolineando l’enorme massa di analisi tecniche (migliaia) appaltate dalla Commissione alle società private. Ma nel caso delle Big Four la situazione appare più complessa. Le quattro società hanno infatti piazzato i loro rappresentanti all’interno di quattro potenti lobby come la European Business Initiative on Taxation, lo European Contact Group, l’associazione Accountancy Europe e l’American Chamber of Commerce to the EU (AmCham EU), un’organizzazione presieduta da PWC che raccoglie esponenti di ExxonMobil, Facebook, e Monsanto particolarmente attivi, denuncia il rapporto, nel contrasto alle politiche di trasparenza fiscale.
A preoccupare è anche il fenomeno delle revolving doors, le famose porte girevoli che mettono in comunicazione pubblico e privato. L’ex commissario ai servizi finanziari della UE Jonathan Hill ha successivamente assunto il ruolo di senior advisor alla Deloitte; otto funzionari degli uffici della Commissione, inoltre, provengono oggi dalle quattro big della consulenza.