Le lobby fossili continuano a condizionare la transizione energetica

Esportazioni di GNL, nuove esplorazioni di Oil&Gas, freno a mano su rinnovabili e auto elettriche: ecco cosa chiedono le lobby fossili

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InfluenceMap ha diffuso i dati relativi alle attività delle lobby fossili nel corso di marzo 2024. Per questo, le scorse settimane hanno visto le imprese di petrolio e gas impegnate a rilasciare dichiarazioni e fare pressioni. Obiettivo principale il blocco delle esportazioni di gas naturale liquefatto (GNL) stabilito dal presidente degli Stati Uniti Biden lo scorso gennaio. Ma sono mancate le stoccate all’IPCC (il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite).

Negli Stati Uniti al centro del dibattito sono i nuovi standard di emissioni delle auto private. I rappresentanti cinesi, invece, non hanno fatto segreto delle resistenze a una transizione verso fonti rinnovabili. Secondo le lobby asiatiche servono maggiori investimenti nelle infrastrutture per carbone, petrolio e gas. Temi che hanno tenuto banco nel corso della CERAWeek, la conferenza globale sull’energia che si tiene ogni anno a Houston.

Blocco del GNL: tutti contro Biden

La decisione del presidente Biden di sospendere le esportazioni di GNL non va giù al settore Oil&gas. Il 16 marzo una lettera firmata dalle Camere di Commercio degli Stati Uniti, della California, dell’Illinois e del Maryland, oltre che dalla Texas Association of Business, ha chiesto a Jennifer Granholm, Segretario dell’Energia, di annullare lo stop. Nell’interesse delle relazioni pubbliche tra Stati Uniti, Europa e Asia.

Le pressioni si sono fatte più insistenti in occasione del discorso sullo Stato dell’Unione, tenuto da Biden lo scorso 7 marzo. Il giorno prima era stata Karen Harbert, CEO dell’American Gas Association, a intervenire. In un comunicato stampa aveva esortato il presidente a tornare sui suoi passi e supportare l’espansione dei fossili.

Nella stessa occasione, Jeffrey Eshelman, CEO dell’Independent Petroleum Association of America, ha espresso la preoccupazione che il blocco potesse danneggiare la sicurezza energetica europea. Secondo l’imprenditore, il pericolo era lasciare spazio alle forniture di produttori «meno responsabili dal punto di vista ambientale».

Anche con sondaggi poco credibili

La posizione è ripresa anche da Todd Staples, CEO della Texas Oil & Gas Association. Staples ha dichiarato che questo provvedimento rafforza gli avversari degli Stati Uniti. E c’è chi si è spinto oltre. La National Association of Manufacturers ha prodotto e diffuso un ambiguo sondaggio in base al quale gran parte degli americani sarebbe contraria al blocco.

Ma, come sottolinea InfluenceMap, «il sondaggio non sembrava spiegare chiaramente la pausa sul GNL. E non chiedeva se gli intervistati si opponessero specificamente a questo provvedimento». In risposta alle pressioni è dovuta intervenire, il 20 marzo, Jennifer Granholm. La Segretaria per l’Energia ha spiegato che la fase di studio e valutazione sulle esportazioni di GNL terminerà alla fine di quest’anno.

CERAWeek 2024: se la transizione energetica la fanno le lobby fossili

Intanto dal 18 al 22 marzo, a Houston, si è tenuta CERAWeek 2024: la conferenza annuale sull’energia che vede protagoniste le imprese fossili. La convention è stata occasione per diversi rappresentanti del settore Oil&Gas di prendere parola contro la possibilità di una transizione energetica a bassa impronta carbonica. Uno degli argomenti più diffusi è la domanda energetica prodotta dall’espansione dell’intelligenza artificiale.

Secondo Toby Rice, CEO di EQT Corporation, la domanda di fossili sarà trainata dalla crescita del settore. Questo nuovo mercato, secondo lui, sarà meno volatile di quello del GNL. Ryan Lance della ConocoPhillips e Alan Armstrong della Williams hanno azzardato una previsione. Per stare al passo, secondo loro, gli Stati Uniti nei prossimi dieci anni bruceranno più gas fossili di qualunque altro paese al mondo.

La CERAWeek è stata anche occasione di contestazione del blocco di GNL. Se Lance ne ha chiesto pubblicamente la sospensione in un’intervista a Bloomberg, il CEO di Chevron Michael Wirth ha denunciato il pericolo che il provvedimento possa provocare «conseguenze geopolitiche involontarie» minando la reputazione degli Stati Uniti come fornitore affidabile.

Le multinazionali puntano sul gas come veicolo per la transizione

L’argomento principe a sostegno della necessità di tenere alte le esportazioni di GNL è la domanda asiatica. Da più parti i CEO dichiarano che solo il gas americano potrà sostenere paesi come il Vietnam e il Bangladesh nell’abbandono del carbone. Sullo sfondo, le elezioni americane e la convinzione diffusa che il provvedimento danneggerà le performance elettorali di Biden.

In molti hanno sottolineato la necessità di un’espansione del settore del gas come fonte energetica ponte verso la transizione. Lo ha sostenuto il Presidente dell’Energy Economics Institute. Con lui, a sostenere che il gas possa anzi essere una «destinazione a lungo termine», anche AES Corp e Chevron.

Quasi assente invece il dibattito sullo sviluppo del settore delle rinnovabili, nonostante le sollecitazioni dell’IPCC. In un’intervista rilasciata a Reuters il 18 marzo Meg O’Neill, CEO di Woodside, riconosce la necessità di ricorrere a energie pulite, ma contesta «la velocità e l’urgenza richieste».

Le lobby fossili statunitensi puntano sui veicoli a motore termico

Uno dei temi al centro dell’attenzione delle lobby fossili negli Stati Uniti sono le nuove regole sulle emissioni dei veicoli stradali a motore. Lo scorso marzo la US Environmental Protection Agency (EPA) ha illustrato le norme volte a ridurre le emissioni di veicoli leggeri e pesanti: il 29% delle emissioni totali statunitensi.

Gli standard per i veicoli leggeri (LDV) prevedono che entro il 2032 due terzi delle auto e dei piccoli camion saranno elettrici. Oltre a questi, l’EPA ha annunciato gli standard di emissione definitivi della “Fase 3” per i veicoli pesanti (HDV). Gli annunci hanno messo sul piede di guerra le lobby fossili, che hanno chiesto l’abrogazione degli standard definiti «promesse climatiche impraticabili». E hanno minacciato di ricorrere in tribunale.

Le contestazioni erano iniziate già da tempo. Parte della strategia delle lobby fossili è presentare il provvedimento come vincolante. Raccontando al pubblico che impone il divieto di produrre nuovi veicoli alimentati a energie fossili, di fatto limita la libertà dei consumatori americani.

Sempre con sondaggi ambigui e pubblicità controverse

Anche l’American Fuel & Petrochemical Manufacturers, ferma su questa posizione, a fine 2023 ha diffuso un ambiguo sondaggio in cui chiedeva agli americani se condividessero o meno i divieti imposti dall’EPA. I risultati dell’indagine sono stati usati per fare pressione sui politici affinché votassero la proposta di Choice in Automobile Retail Sales Act (CARS Act).

Non è stato l’unico intervento volto a indebolire gli standard EPA. A febbraio Mike Sommers di American Petroleum Institute aveva dichiarato che i nuovi standard avrebbero limitato la libertà di guida degli americani. E già a luglio 2023 ExxonMobil aveva diffuso una pubblicità controversa nella quale c’erano persone immobilizzate perché legate da cavi.

A giugno poi era intervenuta la Consumer Energy Alliance, con il rapporto «Freedom to Fuel: Consumer Choice in Automotive Marketplace», nel quale si sosteneva che la transizione avrebbe spostato i benefici del settore dalla classe operaia ai ricchi.

Le lobby fossili in Asia restano ancorate al carbone

In Asia carbone, petrolio e gas restano al centro della strategia energetica e degli interessi delle lobby fossili. Pur con aperture allo sviluppo di alternative pulite, i CEO di imprese di Oil&gas sostengono l’espansione del settore. E rivendicando la priorità degli investimenti nell’esplorazione e nelle infrastrutture fossili.

PetroChina ad esempio ha presentato diverse proposte di intervento nella direzione dello sviluppo fossile, chiedendo supporto finanziario per le nuove esplorazioni per il gas naturale. E sollecitando perché fossero definiti “green” gli investimenti nel settore. La multinazionale poi continua a tenere una posizione ambigua circa le misure di cattura e stoccaggio di CO2. E sulla necessità di ridurre il ricorso al metano.

Insieme a Sinopec, ha chiesto sostegno pubblico per nuove esplorazioni di metano fuso e per nuove estrazioni di petrolio di scisto. Sempre Sinopec ha anche ribadito il ruolo dell’idrogeno per la decarbonizzazione dei trasporti ma, come sottolineato da InfluenceMap, non ha avanzato proposte per decarbonizzare la produzione di idrogeno.

La Cina resta in ogni caso ancorata al carbone, come sottolineato dalle richieste del China Huaneng Group di migliorare l’efficienza tecnologica del settore. E di China Datang Corporation che sostiene la possibilità di un mix di carbone e rinnovabili per riscaldare il nord del paese.