Sviluppo sostenibile, i migranti sono «parte della soluzione»
L'Agenda 2030 può essere realizzata solo tenendo conto dei migranti. Se n'è discusso all'International Dialogue on Migration
Un’emergenza, un problema, una questione. Nel discorso politico e giornalistico, queste sono le parole a cui più spesso si associano i migranti. Un pensiero che è figlio di una complessità che sarebbe ingiusto negare. Un pensiero che, però, perde di vista il fattore fondamentale. La migrazione, come diritto e come possibilità, è un pilastro dello sviluppo sostenibile. Se n’è discusso all’Intenational Dialogue on Migration (IDM).
Cos’è l’International Dialogue on Migration (IDM)
Tra le iniziative intergovernative finalizzate all’adozione di approcci comuni alla migrazione spicca l’Intenational Dialogue on Migration (IDM). Fondato nel 2001 dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), da allora si tiene ogni anno l’IDM e offre uno spazio per analizzare le questioni relative alle opportunità e alle sfide che la migrazione presenta. È aperto a tutti gli Stati membri dell’OIM, nonché alle organizzazioni internazionali e non governative, ai media, agli esponenti del mondo accademico e del settore privato.
Quest’anno l’evento si è tenuto a New York, presso il quartier generale delle Nazioni Unite, il 30 e il 31 marzo. Il tema è stato “Sfruttare la mobilità umana a sostegno degli Obiettivi di sviluppo sostenibile”, in vista del vertice che si terrà a settembre 2023 e che segnerà il punto intermedio nell’attuazione dell’Agenda 2030.
Cosa dice l’Agenda 2030 sulle persone migranti
L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (Agenda 2030) – firmata il 25 settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite – è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità. È costituita da 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – sostanziati da da 169 target, da raggiungere in ambito ambientale, economico, sociale e istituzionale entro il 2030.
L’Agenda rappresenta il primo programma d’azione che riconosce la migrazione come elemento fondamentale per lo sviluppo della comunità internazionale. Il riferimento centrale si trova nell’Obiettivo 10, Riduzione delle disuguaglianze nei e tra i Paesi. Per la precisione, il target 10.7 prevede di «rendere più disciplinate, sicure, regolari e responsabili la migrazione e la mobilità delle persone, anche con l’attuazione di politiche migratorie pianificate e ben gestite».
Anche altri Obiettivi fanno, direttamente o indirettamente, riferimento alle persone migranti. Parlando della necessità di proteggerle e, al tempo stesso, permettere loro di realizzare il proprio potenziale, a beneficio di individui, comunità e Paesi.
I migranti contribuiscono allo sviluppo economico
«I migranti – una persona su otto nel mondo – sono parte della soluzione e l’Agenda 2030 e gli SDGs non saranno raggiunti senza tenere conto della mobilità umana», ha dichiarato António Vitorino, direttore generale dell’OIM. «Nel corso di queste due giornate abbiamo sentito dire che il tempo non ci aspetterà. Il momento è adesso; abbiamo una responsabilità collettiva e un chiaro percorso da seguire in vista del Vertice sugli SDGs di settembre».
A proposito di Africa
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Cinque tavole rotonde si sono concentrate, nel corso dell’evento, sulle sfide sociali – tra cui povertà, diseguaglianza e cambiamenti climatici – da affrontare e sulle azioni tangibili da intraprendere per fare in modo che la mobilità umana contribuisca al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile.
Quest’ultima, se sicura e ben gestita, può contribuire allo sviluppo economico non solo dei paesi di destinazione, ma anche di quelli di origine, attraverso la libera circolazione di nuove capacità, capitale umano e rimesse. Un recente studio del Fondo Monetario Internazionale (FMI) conferma: ogni 1% aggiuntivo di immigrazione può incrementare del 2% la crescita del PIL nei paesi di destinazione. La mobilità umana, quindi, non solo può soddisfare le aspirazioni di chi si muove e delle società riceventi, ma anche quelle di chi “resta indietro”. Se però alla base manca una cooperazione internazionale che la sostenga e la renda sicura, questo percorso virtuoso si inceppa.
António Vitorino, direttore generale OIMLe azioni da intraprendere per una migrazione sicura e ben gestita
Ma cosa significa far sì che la migrazione sia sicura e ben gestita? Il Dialogo internazionale sulla migrazione si incentra su cinque azioni chiave. Innanzitutto, migliorare la qualità e l’analisi dei dati. Soprattutto dei dati disaggregati – per genere, età, professione e di definizione delle rotte migratorie – al fine di poter definire politiche più puntuali.
In secondo luogo, riconoscere il ruolo centrale delle rimesse dei migranti. Durante la pandemia da Covid-19 queste hanno dimostrato una forte resilienza, sfiorando globalmente i mille miliardi di dollari all’anno. Queste risorse, però, sono depauperate da tasse e commissioni. Attualmente la media delle commissioni si aggira attorno al 6%, il doppio rispetto a quanto previsto dall’Agenda 2030. Per le rimesse verso i Paesi africani si arriva al 7,8%. L’OIM, pertanto, ritiene necessario un appello al settore privato e alle istituzioni finanziarie internazionali.
Altro punto su cui l’IDM si focalizza è l’assistenza sanitaria che dev’essere garantita a tutti, per ridurre disuguaglianze e vulnerabilità. Inoltre, evidenzia come le migrazioni forzate dovute ai cambiamenti climatici stiano aumentando in tutto il mondo. Diventa quindi urgente creare meccanismi di anticipazione e piani per affrontare eventuali perdite e danni. Infine, c’è il tema – delicato – dell’integrazione tra le comunità mobili e quelle ospitanti. Integrazione che diventa possibile solo in società resilienti e pacifiche.