Minecraft e gli altri. Ecco i videogame “nemici” del clima
La ricerca britannica: i videogiochi consumano energia elettrica in gran parte di origine fossile. Un assist alla CO2 e al riscaldamento globale
Sono popolari, anzi, popolarissimi. Specie in tempi di pandemia quando i passatempi casalinghi la fanno da padrone per la gioia dei settori dell’entertainment a domicilio o comunque a portata di device. Ma sono anche una minaccia per il clima, sebbene non paragonabile, a conti fatti, a quella rappresentata dagli altri grandi inquinatori virtuali. Parliamo dei videogame, emittenti discreti ma implacabili di CO2 e come tali non proprio sostenibili. Ad occuparsene è una ricerca diffusa in questi giorni dalla britannica SaveOnEnergy, un’iniziativa del data provider londinese uSwitch, specializzato nella comparazione dei prezzi dell’energia elettrica.
I videogame? Contano su 2,5 miliardi di utenti
Videogiochi in espansione, si diceva. I numeri sono impressionanti. Gli utenti, per dire, sarebbero addirittura 2,5 miliardi, una cifra talmente ampia da suggerire l’utilizzo di criteri a maglie molto larghe da parte dei ricercatori. Fatto sta che tra giocatori occasionali e gamer di professione si parla in ogni caso di un comparto in crescita. A partire dal mese di marzo, sostiene SaveOnEnergy, le vendite di videogiochi nel mondo sarebbero aumentate del 63%. Un’ottima notizia per i produttori, argomentano gli autori. Ma non altrettanto per il clima.
Il fatto è che esiste «un legame inestricabile tra il gioco e il riscaldamento globale», si legge nell’indagine. Perché i videogame, ovviamente, consumano molta energia e buona parte di quest’ultima è prodotta tuttora attraverso le fonti fossili. I calcoli sull’impatto ambientale in termini di CO2, manco a dirlo, seguono a ruota. Ogni anno, segnala lo studio, i giocatori americani consumerebbero 34 terawattora di energia, contribuendo così allo stesso ammontare di emissioni di 5 milioni di automobili.
Minecraft guida la classifica degli inquinatori
Lo studio tiene conto di diversi parametri. Si parte dagli ultimi dati sui videogame più venduti e si prende in considerazione il tempo medio impiegato da ogni giocatore per completarli. SaveOnEnergy esamina successivamente le emissioni medie associate all’energia consumata dalle console (0,025 kg) procedendo così al calcolo. Minecraft, il videogioco creato in Svezia e lanciato nel 2011 si piazza in testa alla graduatoria grazie all’eccezionale successo di mercato – ad oggi il gioco è stato acquistato da 200 milioni di utenti – e all’enorme quantità di tempo impiegata mediamente per completarlo: 120 ore per giocatore.
Dalla sua nascita ad oggi, concludono i ricercatori, Minecraft ha contribuito direttamente a immettere nell’atmosfera «600 milioni di chili» (o 600mila tonnellate che dir si voglia) di CO2. Un ammontare equivalente a quello prodotto da un automobile capace di viaggiare per 1,33 miliardi di miglia (oltre 2 miliardi di chilometri).
Al secondo posto della classifica si piazza un altro grande successo globale: Grand Theft Auto V, con oltre 100mila tonnellate di CO2. Dal suo esordio datato 2013, per la cronaca, le vendite del gioco hanno raggiunto quota 130 milioni di unità. A seguire, riferisce lo studio, Terraria che, con le sue 70 mila tonnellate, precede nell’ordine Red Dead Redemption 2, The Elder Scrolls V e Diablo III and Reaper of Souls. In totale i sei giochi più venduti hanno prodotto ad oggi circa 841 mila tonnellate di CO2. Per ottenere lo stesso risultato, tanto per fare un paragone, un’automobile dovrebbe fare il giro del mondo lungo la linea dell’Equatore circa 75.064 volte percorrendo più o meno 3 miliardi di chilometri.
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Ma lo streaming fa molto peggio…
L’analisi dei ricercatori non si ferma qui. Lo studio prende infatti in esame una lista complessiva di 22 giochi con emissioni totali per circa 1 milione di tonnellate. Il dato è apparentemente impressionante ma il confronto con altri comparti dell’intrattenimento digitale è impietoso. Lo scorso anno uno studio del think tank francese The Shift Project ha evidenziato come il consumo energetico legato ad internet cresca del 9% all’anno e sia già responsabile del 4% delle emissioni di gas a effetto serra. Clamoroso, in particolare, il contributo dei video in streaming capaci ogni anno di generare oltre 300 milioni di tonnellate di CO2. Pari, all’incirca, alle emissioni totali prodotte dalla Spagna, la tredicesima economia del mondo per prodotto interno lordo.