L’ondata di incendi in Brasile farà salire il prezzo dello zucchero in tutto il mondo
Il prezzo dello zucchero rischia di impennarsi a causa di una devastante ondata di incendi che ha colpito il Brasile
Una devastante ondata di incendi in Brasile potrebbe far impennare il prezzo dello zucchero in tutto il mondo. A dare l’allarme gli agricoltori e le aziende del settore. L’impatto, temono, sarà maggiore di quello delle gelate dell’inverno 2021.
La crisi climatica fa sentire i suoi effetti. L’intensa ondata di calore, accompagnata alla mancanza di umidità, ha generato 2mila incendi in un solo fine settimana nello scorso mese di agosto. San Paolo, principale area di coltivazione di canna da zucchero, è stata duramente colpita. Il fuoco ha distrutto 1,8 milioni di tonnellate di coltivazioni, almeno secondo la stima di Raizen, gigante del settore brasiliano. Secondo Sao Martinho, altro leader del mercato, sono andati in fumo 20mila ettari.
«Come il gelo del 2021, ma con gli steroidi»
Come incideranno questi danni sul prezzo dello zucchero? Non è ancora possibile stimare gli impatti: almeno fino all’ultima settimana di agosto il prezzo di scambio è rimasto relativamente basso. 19 centesimi per libbra, a fronte dei 28 raggiunti a novembre 2023, picco storico dal 2011. In quell’anno la siccità colpì India e Thailandia, maggiori esportatori di zucchero dopo il Brasile.
L’ultimo lunedì di agosto ha già dato un segnale preoccupante, con un aumento del 4,2% per libbra. Adesso si aspettano le prossime settimane. Si teme che i rincari saranno peggiori di quelli dell’ondata di freddo che, nel 2021, ha messo in ginocchio il settore. Mauro Virgino, responsabile della trading intelligence di Alvean, descrivendo la situazione in un’intervista a Bloomberg, ha dichiarato: «Gli incendi del 2024 sono come il gelo del 2021, ma con gli steroidi».
I raccolti bassi e il ritorno di pratiche inquinanti
Le stime sono ancora ipotetiche ma crescono i timori per il prezzo dello zucchero. Gli incendi, spiega l’associazione di categoria, hanno colpito molte piantagioni in cui la canna era in erba. Migliaia di ettari su cui, quindi, bisogna ricominciare da capo. Ripiantare per la prossima stagione. O provare a salvare il salvabile, accontentandosi di un raccolto più basso del previsto.
La canna da zucchero bruciata, infatti, può essere schiacciata e trasformata in zucchero o in etanolo. Succedeva fino a pochi anni fa, quando era diffusa la pratica controversa di incendiare le piantagioni prima del raccolto per accelerare il lavoro. Un’abitudine dura a morire i cui impatti ambientali e sulla qualità del prodotto avevano, alla fine, prevalso rispetto ai benefici economici. Adesso i principali operatori del settore potrebbero decidere di farvi ritorno.
Secondo Sao Martinho la produzione dello zucchero tra 2024 e 2025 potrebbe calare di 110mila tonnellate, anche se in parte potrebbe essere compensata da quella di etanolo.
Gli impatti della crisi climatica sul dessert
Dopo il caffè, dopo la birra, gli impatti dei cambiamenti climatici potrebbero riversarsi anche sul prezzo dello zucchero. Già gli scorsi mesi ci hanno dato un assaggio di questo boccone amaro. Il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato. India e Thailandia, principali esportatori dopo il Brasile, hanno registrato una grave siccità che nel giro di poche settimane ha fatto impennare i prezzi globali di cioccolato, caramelle, biscotti e dolciumi in genere.
Lo scorso anno il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha riscontrato un aumento dei prezzi dell’8,9% e previsto un ulteriore 5,6% per quest’anno. A incidere, oltre al calo della produzione, il blocco delle esportazioni da parte dei principali operatori di mercato, per conservare le proprie scorte ma anche in reazione alle elevate tasse.
La crisi climatica a tavola
Ci sono due dati rilevanti. Da un lato, le conseguenze dirette della crisi climatica sul settore cibo, in tutto il mondo. Dall’altro, la profonda diseguaglianza con cui sperimenteremo questi impatti. Se adesso tocca al prezzo dello zucchero, il riscaldamento globale colpisce e colpirà diversi settori. Calerà la produzione di riso in Cina, così come quella di mais che, entro il 2030, potrebbe perdere 24 punti percentuali in tutto il mondo. Le previsioni della Banca Centrale Europea dicono che entro la fine del decennio l’inflazione alimentare potrebbe crescere del 3%.
Non tutti però ne pagheremo il prezzo allo stesso modo. I Paesi ad alto reddito si confronteranno con un aumento generico dei costi alimentari, ma la crisi colpirà soprattutto quelli a basso reddito, dove la spesa alimentare incide per il 40% sui bilanci familiari.