Rating climatico, bocciato il 90% delle compagnie d’assicurazione
Un rapporto dell’Asset Owners Disclosure Project denuncia: nove compagnie d'assicurazione su dieci “non allineate” all’Accordo di Parigi sul clima
Nonostante gli appelli incessanti e gli innumerevoli rapporti pubblicati da università, organismi internazionali e associazioni di tutto il Pianeta, molte grandi aziende sembrano non voler rinunciare ai propri business. È il caso delle compagnie d’assicurazione. La cui stragrande maggioranza non ha ancora modificato le proprie strategie al fine di renderle compatibili con gli obiettivi climatici indicati dall’Accordo di Parigi sul clima.
Only 10% of global insurers have a #climate strategy in line with the #ParisAgreement, finds @AODProject report: https://t.co/zx4M9qkQJB Insurers are already losing billions from #ClimateChange impacts & are putting trillions of dollars in assets at risk pic.twitter.com/czb4j3uH0l
— UN Climate Change (@UNFCCC) June 2, 2018
Solo quattro colossi ottengono i rating AAA o AA
A riferirlo è un dettagliato rapporto pubblicato il 24 maggio dall’Asset Owners Disclosure Project (AODP), organizzazione non governativa che si occupa di analizzare le politiche ambientali dei grandi istituti finanziari. Una sorta di “agenzia di rating” focalizzata sulla presa in conto degli obiettivi climatici che la comunità internazionale si è fissata.
Ebbene, secondo lo studio, nove compagnie d’assicurazione su dieci, in tutto il mondo, risultano ancora «non allineate» rispetto a ciò che sarebbe necessario per limitare la crescita della temperatura media globale a 2 gradi centigradi, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali.
Il rapporto analizza le politiche di gestione dei rischi legati al clima, gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e le strategie d’investimento di 80 grandi realtà del settore. Che rappresentano asset per circa 15mila miliardi di dollari. Il risultato è che «mentre il mondo è scosso da catastrofi climatiche, le grandi compagnie si comportano come se nulla fosse», ha dichiarato Pavel Kirjanas, autore del rapporto, secondo quanto riferito dal quotidiano francese Novethic.
Insurers will be hard-hit by #ClimateChange but they're not investing in the #LowCarbon economy by @mikescottgreen @forbes on @AODproject https://t.co/fXmF5ws1MF
— ShareAction (@ShareAction) May 31, 2018
In Europa le compagnie d’assicurazione più virtuose. Male Asia e Usa
Ad ottenere dei risultati positivi sono solamente quattro gruppi. La francese Axa e della britannica Aviva ottengono entrambe una “tripla A”. Quindi la tedesca Allianz e l’inglese Legal & General sono state valutate “AA”. L’italiana Generali non va oltre l’undicesima posizione con una votazione pari a “BB”. Mentre tra le ultime in classifica figurano numerose realtà asiatiche come New China Life Insurance e China Life Insurance Company (Cina), Zenkyoren e Mitsui Life (Giappone), e Chunghwa Post (Taiwan). In compagnia delle statunitensi MassMutual, Aflac e Pacific Life.
Sono in effetti le compagnie europee a risultare le più sensibili alla causa climatica. Ma è chiaro che ciò non può bastare per garantire che la catastrofe possa essere evitata. D’altra parte, nello scorso mese di febbraio, l’associazione Friends of the Earth e la campagna Unfriend Coal avevano ricordato che le assicurazioni continuano a sostenere fortemente, ad esempio, il settore del carbone. Ed in particolare quello polacco (nazione nella quale si terrà la prossima Conferenza mondiale sul clima, la Cop24). Con ben 1,3 miliardi di euro di finanziamenti.
Solo 70 miliardi di dollari all’anno investiti in progetti “low carbon”
Non stupisce perciò constatare che, in molti casi, nelle strategie delle compagnie d’assicurazione manchino completamente dei piani per “decarbonizzare” i loro portafogli. Basti pensare che, secondo l’AODP, gli investimenti considerati “low carbon” ammontano complessivamente a 70 miliardi di dollari all’anno. Mentre gli esperti stimano che per salvare il Pianeta occorra arrivare a 1.100 miliardi. Anche nella “virtuosa” Europa, tali investimenti rappresentano ancora solo lo 0,76% del totale.