Roots: il gusto della sostenibilità

Roots a Modena è un ristorante, ma è anche molto di più. È una storia di diversità, inclusione e cura

Silvia Pelizzari
Il team di Roots © Michela Balboni
Silvia Pelizzari
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Se ciò che viviamo fosse un film e lo potessimo osservare dall’alto nel suo evolversi e svilupparsi, questa storia inizierebbe con un’inquadratura del duomo di Modena. Magari da Via Sant’Eufemia. Sarebbe di sabato mattina, all’alba, con le strade deserte e le campane che suonano. Un uomo passa in bicicletta, lo vediamo per un attimo soltanto, sbuca a sinistra dell’inquadratura e scompare un secondo dopo a destra.

La macchina da presa si avvicinerebbe oltre i piloni di cemento, la piazza si aprirebbe davanti a noi. La luce del mattino colpirebbe il rosone gotico e in quel momento una musica si leverebbe piano, in sottofondo. Forse a questo punto ci sarebbe uno stacco e la scena riprenderebbe altrove, nei vicoli della città lì attorno.

cattedrale di modena
La cattedrale di Modena© Saverio Giusti/Pixabay

Una ragazza mora, i capelli lunghi e mossi, cammina con alcune buste della spesa. È appena rientrata dal mercato ortofrutticolo e dalle borsine spuntano il gambo di un sedano e un ciuffo di prezzemolo. La ragazza si chiama Caroline, ha ventisei anni ed è nata in America da una famiglia di origine italiana. I suoi bisnonni partirono nel 1902 da un piccolo paese della Calabria e approdarono a New York alla ricerca di fortuna, insieme a migliaia di altre persone. Senza riferimenti e senza sapere che direzione avrebbe preso la loro vita. Col tempo, avrebbero aperto alcuni ristoranti, si sarebbero fatti conoscere attraverso la cucina; il cibo sarebbe stato un dizionario attraverso il quale parlare con gli altri, farsi comprendere.

Andate e ritorni

Caroline, molti anni dopo, più di un secolo dopo, ha fatto il percorso inverso ed è tornata in Italia. Non in un piccolo paese della Calabria, ma nel cuore dell’Emilia, dove avrebbe fatto con il cibo qualcosa di ancora diverso. Ha fondato con la chef Jessica Rosval AIW, Association for the Integration of Women, l’Associazione per l’integrazione delle donne. Un’associazione di promozione sociale che fornisce risorse alle donne migranti per mettere radici.

La fondazione risale all’inizio del 2020, e tra i suoi progetti c’è Roots. Uno spazio di co-working durante il giorno e un ristorante di sera. Ma anche un laboratorio-scuola, che offre un programma di formazione professionale retribuito per donne migranti che rilascia una qualifica riconosciuta, fondamentale per potersi creare una carriera.

AIW: L’associazione per l’integrazione delle donne

È proprio Caroline Caporossi che ci parla della nascita di una realtà che ha notato una lacuna nel mercato del lavoro, ma soprattutto nell’industria dell’ospitalità. E che – come si legge sul sito – è stata in grado di vedere «un’opportunità di creare un modello nuovo».

«L’idea di Roots è iniziata quasi tre anni fa, quando ho conosciuto Ella. Lavoravo per Food for Soul, la onlus fondata dallo chef Massimo Bottura. Andavo a lavorare a piedi, abitando vicino, e vedevo sempre la stessa giovane donna in un angolo vicino a casa che chiedeva l’elemosina. Ci vedevamo così spesso che abbiamo iniziato a sorridere, a salutarci e a parlare e abbiamo capito che eravamo entrambe nuove arrivate a Modena, parlavamo inglese, avevamo entrambe venticinque anni e abbiamo iniziato a legare. Ella mi ha raccontato la sua storia: era arrivata dalla Nigeria tre anni prima perché voleva diventare la prima donna nella sua famiglia a lavorare, ma dopo tre anni non era riuscita a realizzare nessuno dei suoi sogni».

ristorante roots gloria soverini
© Gloria Soverini

Un progetto che fa incontrare i bisogni

Attraverso il suo lavoro, Caroline conosce molti chef e ristoratori della città che cercano continuamente personale come camerieri, lavapiatti, aiuto cuoco. Bastano pochi giorni e Ella ha più di una proposta di lavoro, ma Caroline si rende conto che la difficoltà non è solo nel trovare agganci e creare una rete.

«Ho continuato a supportare Ella e mi sono accorta di quanto difficile fosse non solo avere un primo lavoro, ma anche per tutto ciò che avviene dopo: dalla lettura del contratto alla busta paga, nella cultura del lavoro, e ho cominciato a fare ricerca. Ho capito che la storia di Ella non era l’eccezione, bensì la regola, che non solo a Modena ma in tutta Europa le giovani donne migranti dai venticinque ai trentacinque anni sono il gruppo più svantaggiato dal punto di vista dell’integrazione economica».

Caroline mette quindi insieme i bisogni del settore dell’ospitalità e di questa comunità e vede una grande opportunità: creare un progetto che fornisca una possibilità professionale per donne appassionate di cucina e fatto su misura per loro, per acquisire competenze tecniche e non, e allo stesso tempo aprire un ristorante che poteva condividere il valore della diversità che portano i migranti nella società.

Da aprile, Roots impresa sociale offre formazione culinaria a sedici donne ogni anno e le sostiene con l’attività della ristorazione, un vero e proprio ristorante multietnico che rappresenta le radici culturali delle tirocinanti e l’integrazione.

La pandemia

Non è stato tutto facile. Nel 2020 Caroline e Jessica si preparavano ad avviare il primo programma culinario all’interno degli spazi della Caritas, quando la notizia del lockdown si è fatta realtà. L’apertura del ristorante Roots, quindi, è arrivata nell’aprile 2022. Il progetto è stato convertito e ha preso momentaneamente un’altra forma: dal settore della ristorazione si è passato a quello sartoriale, attraverso la produzione di mascherine sempre a opera di donne straniere.

Ci sono voluti tempo e pazienza, ma finalmente ha preso il via il programma di formazione in ambito culinario, sviluppato dalla chef Jessica Rosval (eletta cuoca dell’anno nel 2021 nella Guida I Ristoranti d’Italia dell’Espresso), e che ora offre a sedici donne appassionate di cucina l’opportunità di iniziare una carriera nel settore dell’ospitalità. Dopo la scuola si approda al lavoro, in Roots, appunto: un ristorante sociale che è ora non più solo un sogno, e il cui nome – Radici – simboleggia il legame con le proprie origini. Simboleggia anche una rifioritura e al momento vede una squadra di sette donne, il 50% delle quali proviene dal percorso formativo proprio in AIW.

roots san paolo modena
Roots si trova all’interno del Complesso San Paolo a Modena

La rete di AIW sul territorio

La rete di AIW sul territorio ha permesso e permette di incrociare in questo senso domanda e offerta, favorendo collaborazioni tra le partecipanti al progetto con le realtà del territorio in ambito gastronomico. Un ristorante che vuole avere una doppia funzione, da una parte economica, dall’altra d’esempio: rendere gli ospiti testimoni della potenzialità di quel modello. Il cibo assume quindi in Roots diversi poteri: è sì un’opportunità lavorativa per molte donne, ma permette e contribuisce alla creazione di una comunità più inclusiva.

Una scuola in cui si impara un mestiere e si mettono a servizio le proprie conoscenze culinarie; un lavoro che permette di affondare le proprie radici in un terreno nuovo, di creare una stabilità economica e un curriculum spendibile altrove.

 Mercy (aka Luna), Mercy, Zouhaira, Fanta e Vida © Gloria Soverini
Mercy (aka Luna), Mercy, Zouhaira, Fanta e Vida © Gloria Soverini

Zouhaira e il suo amore antico per la cucina

Tra le donne che hanno partecipato al Culinary Training Program di Roots, c’è Zouhaira Mahmoudi, tunisina di ventisette anni. Arrivata in Italia sette anni fa, ha scoperto molto velocemente quanto fosse difficile per una donna migrante integrarsi e trovare lavoro. Il suo amore per la cucina è antico: quando si è sposata molto giovane ha scoperto questa passione e ora cucina ripescando tra i ricordi della sua infanzia a Kairouan, città situata a 150 chilometri a sud della capitale Tunisi.

Dopo il diploma, ha continuato a operare come volontaria, supportando altre donne arabe a studiare per prendere la patente di guida. «Con AIW» dice «ho incontrato persone che hanno cambiato la mia vita, e ho capito che anch’io posso fare la differenza aiutando gli altri».

Fanta e Mercy, la cucina come strumento di emancipazione

C’è Fanta Diaby, che ha trent’anni e viene dalla Guinea. Da bambina aveva l’incarico di preparare i pasti per la sua famiglia quando sua mamma lavorava. È arrivata in Italia otto anni fa e ha lavorato in diversi settori senza però trovare un impiego che la realizzasse veramente, fino all’incontro con AIW e Roots. Dopo il diploma, ha deciso di lavorare nel ristorante a tempo pieno in cucina, ma dando anche supporto alle nuove stagiste.

C’è Mercy Ebai, giornalista camerunense, cresciuta in una famiglia di cuochi. Quando arriva in Italia, nel 2022, accede e completa il Culinary Training Program riceve quattro offerte di lavoro come cuoca. Ora lavora in un ristorante di Modena ma continua la sua attività come volontaria per AIW, supportando le tirocinanti.

Proprio lei ci racconta di come l’esperienza in Roots abbia rinforzato la sicurezza in sé stessa, nelle sue capacità e in quello che avrebbe potuto fare. «Il programma ha tirato fuori la fiducia in noi stesse, soprattutto per quanto mi riguarda. Mi ha aiutata anche a sviluppare una forma di autorità, di integrità, mi ha permesso di immaginarmi a capo di qualcosa di mio, di sentirmi sicura nel cercare un lavoro ovunque. Prima di accedere al programma, c’erano cose che non pensavo di essere in grado di fare. Adesso ho capito che posso fare qualsiasi cosa».

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Mercy presenta la zuppa Egusi con baccalà mantecato, una ricetta ispirata alla tradizione culinaria dell’Africa occidentale © Gloria Soverini

I piatti cucinati e proposti da Roots mescolano la tradizione dei Paesi di provenienza delle donne che studiano e lavorano nel ristorante e le materie prime del territorio emiliano, i sapori di terre lontane e frutto di tradizioni centenarie e la contemporaneità di una cucina all’avanguardia.

Il futuro di Roots

Roots è reso possibile grazie a un rete di partner pubblici, privati, e del terzo settore, tra cui Rotary International, Microcredito per l’Economia Civile di Comunione (MECC), Fondazione Prosolidar, FLORIM, BPER Banca, United Nations Major Group for Children and Youth, International Women’s Association of Modena, Caritas Modenese, Electrolux Professional, Politecnica Ingegneria ed Architettura, Custerwaller, gruppo 3F Filippi | Targetti, Del Conca, Fondazione Ernesto Illy, Illycaffè, Free’n’Joy, e con il sostegno del Comune di Modena, la Fondazione di Modena, e L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM).

Ma qual è il sogno per il futuro di AIW e Roots? Ecco cosa ci ha risposto Caroline Caporossi a riguardo.

«Sogno un futuro più inclusivo, dove giovani migranti possono non solo integrarsi nella società italiana ma possono anche portare il meglio del loro Paese d’origine, la loro diversità per rinnovare e creare imprese, creare lavori e diventare esempi di successo e di leadership che riescono a ispirare le future generazioni di migranti. Quando i miei bisnonni si sono trasferiti dall’Italia a New York nei primi 1900 non insegnavano nemmeno l’italiano ai loro figli a causa della discriminazione. Io spero che ogni migrante possa essere fiera della sua origine».

«Ho visto donne che hanno fatto un tirocinio con noi e che hanno sviluppato una indipendenza economica, che stanno mettendo le loro radici nella comunità come dipendenti, che riescono a risparmiare per comprare la loro prima casa e fanno richiesta per la cittadinanza. Spero di continuare a sostenere questi percorsi e che le storie positive sulla migrazione possono essere sempre di più narrate».

FestiValori incontra Roots

Roots sarà teatro di un evento di FestiValori, il festival di Valori.it che si terrà a Modena il 21, 22 e 23 ottobre.

Domenica 23, dalle 12.30, ospiterà infatti un pranzo con dibattito. Il panel si intitolerà “Il gusto della sostenibilità” e vedrà la presenza di Adriana Patrichi e Maria Iftimoaiea, leader di comunità con ActionAid, l’attivista Silvia Moroni, l’economista Alessandro Volpi e il presidente di Altromercato Alessandro Franceschini. Sotto la guida di Tommaso Perrone, direttore di Lifegate, discuteranno di speculazione finanziaria sulle materie prime alimentari, sfruttamento dei lavoratori della filiera agroalimentare e esperienze virtuose. Il tutto gustando le pietanze cucinate dalle donne che prendono parte al progetto dell’associazione per l’integrazione delle donne e che lavorano al ristorante.

Un’occasione per conoscere una realtà che ha messo al centro del proprio lavoro la diversità, l’inclusione e la cura.

I posti sono limitati. Scopri il menu e prenota visitando il sito festival.valori.it.


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