La Serie A si inchina al greenwashing di Eni. Per la gioia del governo Meloni

Dopo venticinque anni il campionato di calcio cambia nome. Per 22 milioni all’anno si chiamerà Serie A Enilive

Installazione sul greenwashing a Copenhagen © News Oresund/Flickr

Il calcio abbraccia il greenwashing aziendale. Dalla prossima stagione il massimo campionato di calcio italiano maschile si chiamerà Serie A Enilive. Dal nome della società di Eni che si occupa di presunta mobilità sostenibile. E così, dopo venticinque anni di onorato servizio agli ordini di una nota compagnia di telecomunicazioni, l’assemblea di Lega ha deliberato che si passerà al colosso energetico. Con grande piacere del governo Meloni, che tra Piani Mattei e relazioni pericolose con i Paesi produttori di energie fossili, ha puntato le sue fiches di sopravvivenza sulla multinazionale guidata da Claudio Descalzi.

E chi sono i presidenti della Serie A, con debiti complessivi pari a 3,3 miliardi di euro, per non accodarsi al governo? Dalla stagione 2024/25 il campionato si chiamerà quindi Serie A Enilive. Al modico prezzo di 22 milioni l’anno circa, per tre anni di contratto. Ennesimo geniale colpo di greenwashing di Eni dopo che lo scorso anno aveva invaso il Festival di Sanremo con una serie di pubblicità in cui sembrava che producesse piante e paesaggi verdi. Altro che gas, petrolio e altre materie devastanti per l’ecosistema terrestre.

Enilive è la presunta faccia pulita di Eni, che pretende di strizzare l’occhio alle istanze ecologiste. E infatti, anche nell’annunciare la partnership con la Serie A, nel comunicato si è presentata come una società di «servizi e prodotti progressivamente sempre più decarbonizzati per la transizione energetica». Peccato che l’annunciata transizione di Eni abbia già dimostrato di avere molte più zone d’ombra che non di luce. A partire dagli stabilimenti in cui si producono i vari biogas, fino ai materiali utilizzati per produrli.

Ma si sa, la nouvelle vague pseudo-ecologista del capitale funziona così. Non serve produrre merci attente ai cambiamenti climatici e poco impattanti nella distruzione dell’ecosistema. Basta dipingere questi prodotti di verde. E raccontare che fanno bene all’ambiente, grazie anche ai media complici che sono ripagati con la pubblicità. In tutto questo, quei disperati padroni del Titanic che sono i proprietari dei club di Serie A, non potevano certo esimersi dal fare la loro parte. E così aspettiamoci, nei prossimi mesi, mirabolanti racconti su come i gol di Lautaro o le parate di Szczęsny stiano abbassando la temperatura terrestre. O ripopolando la foresta amazzonica.