Il ritorno dell’Uno maggio Taranto libero e pensante dopo la pandemia avviene in un anno particolare. Quello delle elezioni comunali che si terranno il 12 giugno.
Non esiste angolo della città senza manifesti elettorali, santini, facce. Per chi viene da fuori è come se Taranto non stesse aspettando altro. Persino un festival musicale locale ha scelto per la sua campagna di comunicazione un finto manifesto che “scimmiotta” una lista civica. Ma la prima e unica risposta che ci si sente dire dai tarantini è sempre la stessa: «Tanto non cambia nulla».
A meno che non fai parte del comitato, quello giusto. Quello dei cittadini e lavoratori liberi e pensanti che ha dato vita a un evento che «sembra un miracolo». Un grande concerto che si ripete ogni anno e che porta in città artisti, musicisti, personaggi della società civile, “rivoluzionari”: persone che fanno parte di associazioni e movimenti e che qui cercano un’occasione per far rete e cambiare – uniti – le cose. Per sovvertire il sistema che ci ha portato in una condizione di emergenza, climatica ma non solo.
Perché la città pugliese è da decenni vittima della trasformazione del concetto di lavoro. Lavoro che uccide. La manifestazione musicale ha l’obiettivo di far capire a chi ha il potere di decidere le sorti dell’ex Ilva, l’acciaieria del quartiere Tamburi, che non si può più pensare di mettere in secondo piano la salute. Salute che a sua volta è strettamente correlata a un ambiente sano.
A colpire le persone che hanno partecipato all’assemblea che ha preceduto il concerto è stato l’intervento dell’attivista Michele Giuli di Ultima generazione. Secondo il quale «la resistenza civile è l’unica soluzione per sperare di avere un futuro». Per questo portare avanti azioni radicali non deve spaventare, non deve apparire come qualcosa che «ci rovinerà la vita». Non esiste il concetto del “chi ve lo fa fare” perché tanto il peggio arriverà comunque, che ci piaccia o no.
Per il disastro ambientale provocato dall’acciaieria ex Ilva di Taranto, condanne per 280 anni di reclusione e la confisca degli impianti
A salire sul palco si sono succeduti artisti e protagonisti come Gianni Morandi e Cecilia Strada, Gaia e Aboubakar Soumahoro. Ma è dal 2013, pandemia a parte, che i tre direttori artistici – il cantautore Diodato, il trombettista e compositore Roy Paci e l’attore Michele Riondino – portano e porteranno avanti questo “miracolo”. Fino a che Taranto e i tarantini otterranno giustizia. Perché – come ha ricordato lo stesso Riondino nel discorso di apertura del concerto – Taranto non è contro, ma è per una industria innovativa. Che guardi al futuro e che rispetti la vita umana e i suoi diritti essenziali.
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