Nel 2022 calano i guadagni dalla vendita di armi, ma in futuro sono previsti aumenti significativi

Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), nel 2022 i ricavi della vendita di armi sono diminuiti, ma cresceranno nei prossimi anni

Calano i ricavi dalla vendita di armi © Phantom1311/IStock photo

I dati dell’Arms Industry Database dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) indicano che nel 2022 i ricavi globali della vendita di armi sono diminuiti, anche se è atteso un aumento importante per i prossimi anni. I guadagni delle 100 più grandi aziende del settore sono scesi del 3,5%, attestandosi a quota 597 miliardi di dollari nello scorso anno. Perdono di più le imprese statunitensi, mentre continua a crescere la vendita di armi in Asia, Oceania e Medio Oriente.

Secondo Lucie Béraud-Sudreau, direttrice del programma del SIPRI, «Molte aziende hanno incontrato ostacoli nell’adattarsi alla produzione per la guerra ad alta intensità» ma, sottolinea l’analista, i nuovi contratti, già firmati, potrebbero significare un aumento per i prossimi anni, soprattutto per quanto riguarda il commercio di munizioni.

La produzione di armi non riesce a stare dietro all’aumento della domanda

Nel 2022, con l’invasione russa dell’Ucraina, la domanda globale di armi e dispositivi d’arma ha registrato un forte aumento e le aziende europee e statunitensi non sono riuscite a stare al passo. La guerra stessa ha determinato la crescita dei costi di produzione e numerose interruzioni della catena di approvvigionamento. Questi, insieme alla carenza di manodopera, hanno causato un rallentamento del settore.

La diminuzione dei ricavi non si riflette su un calo della vendita di armi: lo scorso anno gli ordini sono stati effettuati più tardi e lo scarto tra questi e i tempi di produzione ha portato a fatturati più bassi rispetto alle forniture accordate. Non è accaduto in tutti i Paesi. Le imprese di Asia, Oceania e Medio Oriente continuano a crescere, grazie alla capacità di rispondere più celermente alla domanda, essenzialmente per due ragioni. La prima è che tra questi troviamo stati come Israele e la Corea del Sud, in cui le capacità di produzione sono «sempre calde». La seconda è che si tratta di regioni in cui ci sono aziende con catene di fornitura più corte.

Gli Stati Uniti perdono fatturato, ma la guerra in Ucraina traina il settore in Europa.

Delle 100 aziende produttrici di armi della classifica del SIPRI, 42 sono negli Stati Uniti. Sono 32 di queste ad aver subito il calo sostanziale, totalizzando nel 2022 ricavi per 302 miliardi di dollari: il 7,9% in meno del 2021. Il fenomeno, a detta dei ricercatori, è legato ai problemi delle catene di approvvigionamento e di carenza di manodopera derivati dal Covid-19. Ciò nonostante l’industria non sembra realmente in pericolo. Alcuni colossi come Lockheed Martin e Raytheon Technologies stanno già ricevendo nuovi ordini legati al conflitto in Ucraina. L’aumento della vendita di armi si rifletterà nei loro bilanci tra due o tre anni.

Le 26 aziende europee esaminate, nel 2022, hanno registrato una lieve crescita: l’aumento dello 0,9% ha portato il fatturato complessivo a 121 miliardi di dollari. Cresce soprattutto la domanda di munizioni e veicoli blindati: mezzi adatti a una guerra di logoramento come il conflitto tra Russia e Ucraina. Dell’aumento hanno beneficiato aziende tedesche, norvegesi e polacche. In particolare la Polonia ha avviato un programma di modernizzazione militare che ha portato la sua PGZ a registrare un aumento del 14% del proprio fatturato. Le transeuropee con Airbus e KNDS sono state altro veicolo di crescita per il settore europeo grazie alla consegna di ordini di lunga data.

La vendita di armi aumenta i propri guadagni anche nel Regno Unito, dove i sette punti percentuali di aumento rispetto al 2021 portano il Paese a totalizzare il 7% dei ricavi globali. Sappiamo invece poco di quanto avviene in Russia: la mancanza di dati ci consente di accedere alle informazioni solo di due aziende, le cui entrate sono diminuite del 12%. Anche l’ucraina UkrOboronProm, unica presente in elenco, ha registrato un calo. I bilanci dell’azienda nel 2022 segnano infatti il 10% in meno, con un fatturato di 1,3 miliardi di dollari, soprattutto a causa dell’elevata inflazione dovuta alla guerra.

Crescono i ricavi della vendita di armi in Asia e Oceania, exploit in Medio Oriente

L’elenco del SIPRI comprende 22 aziende situate in Asia e Oceania che nel corso del 2022 hanno visto un aumento dei ricavi della vendita di armi del 3,1%. Il guadagno complessivo di 134 miliardi di dollari è, per il secondo anno di seguito, più elevato di quello europeo. La crescita del fatturato è legata alla elevata domanda interna e alla presenza di fornitori locali che hanno blindato il mercato, tutelandolo dalle interruzioni della catena di fornitura.

In Cina, India, Giappone e Taiwan, inoltre, le aziende hanno beneficiato degli investimenti governativi per la modernizzazione militare. Perdono lo 0,9% di fatturato anche le quattro aziende coreane analizzate dal SIPRI. Hanwha Aeropsace, principale produttore di armi del Paese, ha da solo registrato un -8,5%, mentre altre due imprese hanno visto una crescita dei propri fatturati, in particolare la LIG Nex1. Anche in questo caso, tuttavia, i dati sui contratti già firmati con Polonia ed Emirati Arabi Uniti preannunciano una crescita per i prossimi anni.

Tra i fenomeni da osservare c’è la crescita della Cina, i cui guadagni rappresentano il 18% del fatturato globale. Complessivamente, le aziende cinesi hanno totalizzato 108 miliardi di dollari, registrando una crescita del 2,7%. Crescono più di tutte le sette aziende in Medio Oriente. Qui nel 2022 la vendita di armi ha registrato un aumento dell’11% dei propri guadagni, con ricavi complessivi di 17,9 miliardi di dollari. 5,5 miliardi sono entrati nelle casse delle quattro imprese turche: si tratta di 22,2 punti percentuali in più rispetto al 2021. Nel solo 2022 le tre aziende israeliane hanno guadagnato 12,4 miliardi di dollari, con un aumento del 6,5% rispetto all’anno precedente.

«Le aziende mediorientali specializzate in prodotti tecnologicamente meno sofisticati sono state in grado di aumentare la produzione più rapidamente in risposta all’aumento della domanda», ha spiegato Diego Lopes da Silva, ricercatore del SIPRI. «Un esempio è rappresentato dalla Baykar, produttore del drone Bayraktar TB-2. Baykar è entrata per la prima volta nella Top 100 dopo che le sue entrate nel settore delle armi sono aumentate del 94%, il tasso di crescita più rapido di qualsiasi altra azienda nella classifica».