Trent’anni di Gas: nascita, evoluzione e futuro dei Gruppi d’acquisto solidale

I tre decenni che hanno trasformato l'esperimento di un gruppo di amici nella pratica d'acquisto solidale di 6 milioni di italiani

Trent'anni di Gruppi d'acquisto solidale ©nd3000/iStockPhoto

«Ricordo ancora la riunione in cui abbiamo scelto il nome. Fu un’illuminazione di uno dei nostri amici. Gruppo d’acquisto solidale, dove l’aggettivo aveva una duplice funzione: eravamo solidali nei confronti dei piccoli produttori ma, soprattutto, eravamo solidali tra di noi. Costruivamo una relazione che ci teneva uniti a partire dalle nostre scelte di vita». Le scelte di vita di cui ci ha parlato Fulvia Cavalieri, tra le fondatrici del primo Gruppo d’acquisto solidale (Gas) d’Italia, a Fidenza, erano quelle di una generazione che aveva attraversato gli anni Settanta e Ottanta vivendo in prima persona i conflitti sociali e i cambiamenti epocali che ne erano derivati.

Una generazione che ha militato nella sinistra extraparlamentare, nei movimenti cattolici e ambientalisti. Che ha aperto i grandi temi della gestione delle spese militari, dei nuovi modelli di sviluppo, dell’attenzione all’ambiente. «Avevamo ben chiaro che il modello di sviluppo che distruggeva l’ambiente era lo stesso che impoveriva le persone. Siamo partiti da qui – racconta – quando, negli anni Novanta, abbiamo costruito il primo Gas».

La nascita di un patto basato sulla fiducia

L’esigenza era immediatamente pratica. Un gruppo di famiglie e di amici, con percorsi più o meno comuni, ha cominciato a interrogarsi sulle proprie scelte personali. Come declinare a livello individuale le istanze che pacifismo, non violenza, ambientalismo e battaglie per la salute affrontavano in termini collettivi? Come mettere in discussione materialmente, in piccolo, l’idea del profitto a tutti i costi e perseguire uno stile di vita sobrio, orientato a evitare gli sprechi?

«Abbiamo cominciato a cercare produttori biologici dove acquistare tutti insieme. Ma erano lontani, rari e, per questo, anche costosi», spiega Cavalieri. Così è arrivata l’idea di individuare produttori locali, acquistare senza passare per la distribuzione. Prima la frutta e la verdura, poi i formaggi e, via via, sempre più elementi della spesa. «Gruppi d’acquisto ne esistevano, ma ci siamo resi conto che stavamo facendo qualcosa di diverso. Costruivamo una relazione basata sulla fiducia. Facevamo un patto con il produttore, ognuno rispettava le esigenze dell’altro».

Come ha raccontato Andrea Saroldi, presidente dell’Associazione Gastorino e curatore del portale di aggiornamenti sul mondo dei Gas economiasolidale.net, è stato naturale. «È successo tutto in quel decennio. Erano gli anni del consumo critico, dei bilanci di giustizia, dei cittadini che si interrogavano su come rispondere ai grandi problemi». E, ricorda, in quegli anni usciva la prima edizione della guida al consumo critico del Centro Nuovo Modello di Sviluppo.

Una distribuzione geografica diseguale

Poi è arrivato il passaparola e l’esplosione della pratica. Anche se con significative differenze. Come Fulvia e Andrea ci hanno spiegato, la distribuzione geografica è molto disomogenea, con una netta prevalenza al nord e pochi nodi al sud. «Ci sono punti in Toscana, in Piemonte – racconta Cavalieri – ma anche esperienze più articolate. C’è il Distretto di economia solidale gemmato dal Gruppo d’acquisto solidale di Parma. C’è l’esperienza di Pesaro, un furgoncino solidale che accoglie i prodotti di 30 o 40 produttori e li distribuisce in Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Marche e a breve arriverà anche in Liguria».

Al sud, invece, c’è molto poco. Secondo Fulvia, innanzitutto per ragioni storiche. «La storia della cooperazione in questo paese è iniziata in Emilia-Romagna, c’è un sentire comune più diffuso. Penso dipenda da una questione di benessere. Una maggiore sicurezza economica lascia più spazio all’impegno civico». Per Andrea le motivazioni stanno anche in una diversa vocazione territoriale. «I Gas – mi ricorda – nascono da un’esigenza pratica: procurarsi prodotti freschi, realizzati da agricoltori di fiducia. Nelle aree rurali o in prossimità di queste, come spesso avviene al sud, queste esigenze sono soddisfatte diversamente».

Ripensare la funzione dei Gruppi d’acquisto solidale

Nel corso di questi decenni i Gas sono diventati una pratica d’acquisto consolidata. Una scelta che riguarda ormai una persona su dieci in Italia. Circa sei milioni di persone che hanno trasformato l’esperimento di una comunità di amici in un canale d’acquisto pari alla piccola, media e grande distribuzione. Spesso di tratta di gruppi informali che producono quel lavorio costante che affianca le esperienze consolidate, che da tanti anni fanno rete.

Questo, secondo Saroldi, è l’elemento da cui partire per ripensare la funzione dei Gruppi d’acquisto solidale. «C’è un faticosissimo ricambio generazionale. È sempre più rilevante che i Gas facciano altro, che si mettano al servizio di altri percorsi ed esperienze», racconta Cavalieri. «Abbiamo avuto un importante ruolo di innovazione che ora va esaurendosi. Il nostro ruolo – le fa eco Saroldi – deve essere quello di consolidare questi circuiti, aiutare i produttori che possono trovarci un modo per sopravvivere».

I Gruppi d’acquisto solidale in senso classico possono anche scomparire, ma dovrà necessariamente sopravvivere il senso di comunità che ne è alla base. E che è un antidoto al greenwashing. «Il movimento del consumo critico è riuscito a far passare il messaggio dell’attenzione a ciò che si acquista. Solo che – riflette Saroldi – è sempre di più una scelta individuale. Questo genera una sproporzione di conoscenza. Ci sono aziende che investono molto in comunicazione per raccontarsi etiche e sostenibili, ma magari sono solo più ricche. L’aspetto relazionale delle pratiche d’acquisto è importante perché ci si può confrontare, si mettono insieme le conoscenze comuni e si affrontano insieme le difficoltà».

Il nuovo ruolo dei Gas

Queste riflessioni sono state al centro di Effetto Gas, un percorso partito a Solidalia 2023, la festa dell’economia solidale a Parma, con un confronto tra i diversi Gas intervenuti. La seconda tappa, a febbraio 2024, ha fatto un primo bilancio che è stato poi ridiscusso nella terza, a maggio di quest’anno. Ma il percorso continua a interrogarsi sul nuovo ruolo che devono assumere i Gruppi d’acquisto solidale. Le sperimentazioni sono già in campo. Come Lib-Ribelli in azione, che ha salvato dal macero il libro “Un’economia nuova, dai Gas alla zeta” e generato un ciclo di sei seminari di riflessione sulle tematiche trattate nel testo, organizzati con Co-Energia.

Un ruolo che però può anche estendersi e divenire di supporto alle tante esperienze territoriali che sono nate dai Gas ma si sono evolute in altro.
Come le Community Supported Agriculture, esperienze di agricoltura sostenuta dalla comunità, basate sulla relazione tra chi coltiva e chi consuma. In alcuni casi sono le stesse persone che coltivano insieme e poi dividono i frutti. A volte invece è una comunità a scegliere di sostenere un produttore, condividendo le spese e ritirando la propria cassetta di prodotti settimanale.

Altra esperienza rilevante sono le Food Coop, piccoli supermercati autogestiti dai soci, che mettono a disposizione parte del proprio tempo e delle proprie competenze nella gestione. Ma ci sono anche esempi territoriali, come il mercato del sabato, in piazza a Fidenza, cui partecipano anche persone non aderenti al Gas. O, sempre a Fidenza, il progetto di recupero a scopo agricolo di un piccolo campo, insieme a una comunità di recupero per la tossicodipendenza.

Salvare la dimensione comunitaria dei Gruppi d’acquisto solidale

Secondo Saroldi, è mettendosi a supporto di queste esperienze di distribuzione alternativa che si potrà mantenere il valore sociale dei Gas. Oppure, come suggerisce Cavalieri, potrebbero essere una forma di supporto a chi non ha tempo e modo di fare attenzione a ciò che acquista. «I ritmi sono cambiati. Si corre da una parte all’altra. I Gas dovrebbero evolversi insieme alle esigenze, essere uno strumento per chi non può dedicarsi a un consumo consapevole».

Con la diffusione di abitudini di consumo più attente, viene meno la funzione primaria dei Gruppi d’acquisto solidale: procurare cibo di qualità, etico e a un prezzo accessibile. Il rischio più grande, in questo processo, è che si perda un elemento fondamentale: il senso di comunità. Oggi in molti casi si acquista meglio, ma lo si fa da soli. La relazione è tra un consumatore e lo scaffale di un supermercato, un’app di delivery. Spesso, tra chi acquista e un’azienda produttrice.

Far parte di un Gruppo d’acquisto solidale è un modo per vivere in collettività le proprie scelte d’acquisto. Di rendere patrimonio comune il proprio senso critico e di trasformare anche l’atto della spesa in una scelta consapevole orientata a un determinato modello di società. Come sottolinea Saroldi, certe cose si riescono a fare solo insieme, e questo crea legami. «Sono legami materiali tra persone che si organizzano per uno scopo pratico. Devi far arrivare i prodotti, devi ritirarli, devi dividerli. Forse questo è il canale per costruire comunità: non affidarsi a un approccio valoriale, partire piuttosto dalla necessità della cooperazione. Del resto, è il modo in cui i Gas si sono diffusi».


Di Gruppi d’acquisto solidali parleremo a FestiValori durante il pranzo di domenica 20 ottobre.