Un tavolo a tre per la sostenibilità. “Vincerà” il Pianeta o gli interessi economici?
Commissione, Parlamento e Consiglio Ue stanno decidendo cosa potrà essere definito sostenibile. Una partita che vale miliardi di euro. Che potrebbe chiudersi prima del previsto
Alla fine il punto è sempre lo stesso: prevalgono gli interessi individuali o quelli comuni, del Pianeta, dell’umanità intera? Questa volta la partita si gioca in Europa, ai massimi livelli, in una decisione a tre, che vede coinvolti Commissione, Parlamento e Consiglio europei. In gioco c’è la possibilità per un’impresa di definirsi “sostenibile”, e quindi di poter ricevere quei capitali, in grande crescita, che appartengono alla finanza responsabile.
Parliamo della tassonomia , cioè la definizione delle attività economiche sostenibili, un lavoro che la Commissione europea sta portando avanti da oltre 2 anni e che ora sembra arrivato al rush finale. Siamo al trilogo, il momento conclusivo dell’iter legislativo europeo, in cui Commissione, Parlamento e Consiglio europei devono arrivare a una decisione condivisa.
Al momento l’accordo non c’è. Ma secondo fonti interne pare che verrà presto trovato. I vertici europei sembrano avere una certa fretta. Il Pianeta di sicuro ce l’ha.
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In realtà la Tassonomia c’è già: lo scorso 18 giugno la Commissione europea ha presentato una bozza. 417 pagine frutto di quasi un anno di lavoro di un gruppo di esperti (Teg – Tecnical Expert Group), incaricati a luglio 2018 dalla Commissione europea (che sul tema lavora dalla fine del 2016, considerando la finanza sostenibile la chiave per trovare i 180 miliardi di euro all’anno necessari a passare a un’economia a basso impatto ambientale). Un lavoro fondamentale e senza precedenti, perché non esistono criteri universali per definire quando un’attività economica possa essere definita sostenibile. Questi potrebbero essere i primi, un riferimento per la finanza responsabile mondiale.
A marzo era arrivato il parere positivo del Parlamento europeo (al lavoro della Commissione, prima della presentazione della bozza finale). A settembre si è espresso anche il Consiglio Ue. Un parere, frutto di una spaccatura, che ha visto mettere in discussione il lavoro della Commissione: nucleare e carbone non saranno necessariamente esclusi dalle attività considerate “verdi”. Questo almeno il parere presentato dal Consiglio Ue, che dovrà essere discusso dal trilogo. Oltre a questo il Consiglio ha anche chiesto un rinvio dell’applicazione della tassonomia dal luglio 2020, come previsto dalla Commissione, alla fine del 2022.
Una posizione che in realtà non ha stupito gli addetti ai lavori: «Era prevedibile che in Consiglio si aprisse una discussione – commenta Francesco Bicciato, segretario generale del Forum per la Finanza Sostenibile – È l’organo che esprime la volontà dei singoli Paesi, è quindi normale che quando si vanno a toccare gli interessi politici ed economici di ognuno, emergano posizioni opposte».
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…ma è anche una buona notizia
«Ma la posizione espressa dal Consiglio non è così negativa – continua Bicciato – Anche se esprime posizioni discordanti tra Stati e, dunque, preannuncia un lungo percorso di negoziati, rappresenta un passo significativo. Se non altro si è smosso qualcosa. È iniziato il processo di consultazione tra le istituzioni UE per garantire l’applicazione della tassonomia entro la fine del 2022. Sui contenuti della tassonomia la partita è ancora aperta».
«La buona notizia è che all’interno del Consiglio è stato raggiunto un compromesso. Cosa che non era affatto scontata – conferma Paolo Masoni, presidente di Ecoinnovazione srl, spin-off di ENEA, membro del gruppo del Teg dedicato alla tassonomia – Quello che ci preoccupava era la battuta d’arresto subita dall’iter legislativo dopo il parere del Parlamento sulla tassonomia prima dell’estate. La posizione espressa a settembre dal Consiglio, seppure in parte critica, e prima ancora le dichiarazioni della neopresidente della Commissione Ursula von Der Leyen, che aveva citato la finanza sostenibile tra i punti del suo programma, sono segnali molto positivi, come l’inizio effettivo del trilogo comprova. A questo punto mi aspetto che il trilogo sia breve». E non è l’unico a pensarlo.
Chiudere entro la fine dell’anno
Questo trilogo potrebbe essere molto rapido, potrebbe addirittura concludersi entro la fine di quest’anno. Ad avere fretta sembrano essere le stesse istituzioni europee. Alla prima riunione a tre – Parlamento, Consiglio, Commissione Ue – lo scorso 23 ottobre l’intenzione è emersa chiaramente. «Queste negoziazioni hanno sceneggiatura prevedibile, di solito alla prima riunione non fai altro che sederti, ognuno ripercorre e conferma la propria posizione, si concorda il calendario e poco altro – ci spiega un funzionario comunitario – questa volta è stato diverso. Nella prima riunione è emerso chiaramente che tutti e tre, Parlamento, Consiglio, Commissione Ue sarebbero stati ben felici di poter raggiungere accordo entro la fine della presidenza finlandese, cioè a fine dicembre di quest’anno». Del resto la neo presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha espresso fin dai primi giorni del suo mandato la volontà di battere sul tema degli investimenti green.
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I punti critici/1: il nucleare
Uno dei punti che fin dalle prime sedute vede posizioni contrapposte all’interno del teologo è la questione del nucleare, escluso dal Teg dalla definizione di attività economiche sostenibili. Escluso anche dall’Europarlamento. Ma rimesso in gioco dal Consiglio europeo, che seppur diviso al suo interno, spinge verso un allargamento delle maglie, facendo rientrare tra le attività sostenibili anche il nucleare.
Un fronte su cui il Parlamento europeo non sembra cedere: «Dobbiamo stare attenti che questa spinta del Consiglio ad inserire le attività economiche utili alla transizione non allarghi troppo le maglie degli investimenti sostenibili – chiariscono dal Parlamento europeo – Non sarebbe positivo neanche per il mercato finanziario. Pensiamo a un prodotto esistente come i green bond, a nessuno verrebbe in mente di inserire un’attività collegata a una centrale a carbone».
«Per quanto riguarda il carbone, non abbiamo né escluso né inserito il settore a priori tra le attività sostenibili – Paolo Masoni spiega come ha preceduto il Teg nel redigere la Tassonomia – Abbiamo fissato delle soglie di emissioni inquinanti, sopra le quali un’attività non poteva essere definita sostenibile. La produzione di energia elettrica da carbone le supera attualmente e anche con la Cattura e Sequestro della CO2 appare difficile che possa raggiungerle. Quindi di fatto risulta esclusa».
«Per il nucleare la situazione è diversa – continua Masoni – Considerando le emissioni di gas climalteranti, infatti, potrebbe rientrare nelle attività sostenibili. Ma devono essere rispettati anche i principi di non “significant harm” (danno significativo) per altri aspetti ambientali oltre al cambiamento climatico: per essere definita sostenibile un’attività cioè non può arrecare danni significativi agli altri 4 obbiettivi ambientali.
Riguardo il nucleare non ci sono evidenze scientifiche che i rifiuti ad alta radioattività possano essere tenuti isolati dall’ecosistema per migliaia di anni. Abbiamo applicato uno dei principi base dell’ue: il principio di precauzione. Il nucleare non può attualmente, con il livello di esperienza sui depositi permanenti di rifiuti radioattivi, garantire di non arrecare danni all’ambiente.
Almeno oggi, in base alle conoscenze attuali. Ma abbiamo raccomandato alla prossima piattaforma, che verrà creata dalla Commissione europea, di analizzare ulteriormente il tema e di considerare eventuali avanzamenti tecnologici.
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I punti critici/2: a chi sta l’ultima parola
Una questione cruciale riguarda la tipologia di atto che definirà i dettagli del regolamento europeo sulla sostenibilità. Una questione tutt’altro che formale, da cui dipenderà chi avrà l’ultima parola sulla definizione delle attività che possono essere considerate sostenibili. «La scelta più naturale – spiegano fonti interne – sarebbe che, una volta chiuso il regolamento ed elencate le attività sostenibili, per ogni obiettivo indicato nel regolamento si ricorra a un atto delegato che definirà i dettagli, per esempio le soglie da rispettare per poter essere considerati sostenibili. Con l’atto delegato il parlamento ha la potestà di obiettare. Ma il Consiglio ha proposto un’altra strada: un ibrido, che non ha molti precedenti, tra un atto delegato per definire criteri e metriche, e un atto di implementazione per stabilire le soglie. Peccato che su questo il parlamento non possa obiettare. L’ultima parola sarebbe nelle mani del Consiglio, quindi dei governo nazionali».
Su questo punto si potrebbe giocare tutto: il Consiglio potrebbe firmare il regolamento solo se avrà l’ultima parola sulle soglie. Ma il parlamento non sembra intenzionato a cedere: «Potrebbe anche rinunciare all’esclusione esplicita di carbone e nucleare dal regolamento sulla sostenibilità, purché le soglie minime siano definite in un atto delegato – spiaga una fonte interna – In questo modo il Parlamento riuscirebbe a escludere comunque i settori controversi, usando valutazioni tecniche: il carbone perché troppo inquinante, il nucleare perché produce rifiuti non riciclabili».
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I punti critici/3: il campo d’azione
Alla seconda riunione del trilogo, il 6 novembre scorso, è emersa un’altra questione: il campo di applicazione della tassonomia. «Il Consiglio Ue vorrebbe includere, oltre ai prodotti finanziari sostenibili, anche quelli “transition” e quelli “enabling” – spiega una fonte interna – Insomma valorizzare anche attività che riducono l’impatto esistente, senza necessariamente essere a tutti gli effetti verdi. Dall’altra parte il Parlamento europeo vorrebbe valorizzare lo sforzo per la transizione, quindi a maggior ragione il regolamento dovrebbe coprire tutto lo spettro dei prodotti finanziari e non solo i prodotti finanziari sostenibili». Su questo punto i due sembrerebbero sulla buona strada per trovare un terreno comune: «Solo se il Consiglio accetterà di chiarire che le due categorie che vogliono aggiungere sarebbero distinte da quella dei prodotti sostenibili tout court. Sarebbe un’importante ammissione che tutti devono qualificarsi e che esistono gradi di sostenibilità», ci rispondono dal Parlamento europeo.
Che fine fa il lavoro della Commissione Ue?
E adesso che fine fa il lavoro del Teg? Rischia di diventare carta straccia? La possibilità esiste, ma gli esperti non la pensano così. «Il Teg sta ancora lavorando. Stiamo analizzando le migliaia di commenti arrivati durante la consultazione pubblica della bozza della Tassonomia – spiega Paolo Masoni – Il tutto si tradurrà entro le prossime settimane in una raccomandazione alla Commissione europea, che, certo, potrà anche non tenerne conto, come di tutto il lavoro che abbiamo svolto finora. Ma non credo accadrà. Perché siamo stati sempre seguiti da vicino da vari membri delle direzioni generali Finanza, Ambiente e Clima nonché da molte altre Direzioni Generali della Commissione europea. E seppure la Commissione sia cambiata, i relatori incaricati per la tassonomia sono gli stessi, ed in particolare il ruolo di coordinamento è svolto dalla DG Finanza (FISMA) che ha ancora Dombrovskis come Commissario .Del resto era chiaro fin da subito, dal nostro mandato, che avremmo dovuto fornire una raccomandazione alla Commissione europea, sulla tassonomia e non solo. E che la proposta legislativa doveva poi seguire l’iter europeo, passando al vaglio di Parlamento e Consiglio».
Resta la lacuna del fattore sociale
«Resta il fatto che l’attuale Tassonomia proposta dal gruppo di esperti della Commissione europea ha sottovalutato gli aspetti sociali, rispetto a quelli ambientali – aggiunge Francesco Bicciato – Certo, nel piano d’azione di Bruxelles questi aspetti verranno affrontati nello specifico in un secondo momento; per ora è previsto il rispetto di garanzie sociali minime. L’integrazione dei temi sociali nella tassonomia necessiterà di ulteriori approfondimenti. Prevale l’idea che quello sociale sia un elemento complementare, addirittura secondario. Invece ci sono dinamiche e scelte inambito ambientale che hanno un impatto sociale devastante. La finanza sostenibile dovrebbe considerare i 3 aspetti (ambientale, sociale e di governance) contemporaneamente. Certo alcuni aspetti ambientali sono più facili da misurare di molti fattori sociali, ma non è sempre vero. Si pensi agli indicatori di gender o al rispetto delle convenzioni internazionali sui diritti umani. Sono elementi oggettivi, per i quali esistono già criteri di valutazione quantitativi. Bisogna considerarli elementi imprescindibili».