Francia, i reattori EPR sono «un fallimento». Ma il governo ne promette altri sei

Nonostante la pioggia di critiche sui nuovi reattori EPR, con costi alle stelle e ritardi decennali, Parigi rassicura EDF: programma nucleare confermato

In una lettera all'amministratore delegato di EDF, il governo francese fa sapere di puntare alla costruzione di sei nuovi reattori EPR © Pixabay

La decisione definitiva non è stata ancora presa. Ma il governo della Francia ha mostrato in modo chiaro il proprio orientamento in materia di energia. Non attraverso una proposta di legge, né rivolgendosi alla popolazione: lo ha fatto in una lettera indirizzata a Jean-Bernard Lévy. Ovvero all’amministratore delegato del colosso Edf, che gestisce il parco nucleare transalpino.

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Il presidente e il primo ministro della Francia, Emmanuel Macron e Edouard Philippe © Wikimedia Commons

La promessa di nuovi reattori in una lettera alla compagnia EDF

I ministri dell’Economia e della Transizione ecologica, Bruno Le Maire e Elisabeth Borne, hanno voluto infatti rassicurare il manager. Spiegandogli che lo Stato prevede la costruzione di sei nuovi reattori nucleari EPR di terza generazione. Nonostante l’esplosione dei costi e gli enormi ritardi accumulati nel cantiere di Flamaville. Quest’ultimo, infatti, avrebbe dovuto essere completato nel 2012 per un costo complessivo stimato in 3,3 miliardi di euro. E, ad oggi, i lavori sono ancora molto lontani dall’essere completati.

Già nel 2014 il prezzo totale dell’opera era stato rivisto a 5 miliardi. Valore cresciuto a 8,5 nel 2016, a 10,5 nel 2018 e a 12,4 miliardi nel 2019. Mentre il nastro del reattore non sarà tagliato prima del 2023, con oltre un decennio di ritardo rispetto alle previsioni iniziali. Ciò a causa di una lunga serie di problemi evidenziati dall’Agenzia per la sicurezza nucleare, che ha bloccato a più riprese il cantiere per via di anomalie e problemi riscontrati su numerose componenti.

Proprio per questo lo stesso governo di Parigi ha chiesto ad EDF di presentare un documento in cui venga dettagliato lo stato dell’arte di tutta la filiera nucleare. Al fine di comprendere le ragioni dei ritardi ed evitare di ritrovarsi una volta ancora in difficoltà. Tale studio sarà presentato verso la metà del 2021. Solo allora saranno messe dunque a disposizione dell’esecutivo le valutazioni della compagnia pubblica. Valutazioni che, tra l’altro, non potranno che essere “di parte” dal momento che per EDF la costruzione di nuovi EPR rappresenta un business cruciale.

Un rapporto sul cantiere di Flamanville parla di «fallimento»

Nell’attesa, lunedì 28 ottobre è stata intanto presentato da Jean-Martin Folz, ex amministratore delegato di Peugeot, un rapporto specifico sul caso di Flamanville. La bocciatura è senza appello: «La costruzione del reattore EPR avrà accumulato tali aumenti dei costi e ritardi da non poter essere considerata altro che un fallimento per EDF». Il documento, inoltre, critica «l’irrealismo» delle stime economiche iniziali.

Ci si poteva dunque aspettare una fase di attendismo da parte del governo. Il presidente Emmanuel Macron e il primo ministro Edouard Philippe, invece, non dovendo più fare i conti con le richieste dell’ex ministro dell’Ecologia Nicolas Hulot, hanno preferito accelerare. Nella lettera a Lévy, infatti, il governo precisa anche alcune delle tappe che dovrebbero scandire la nuova strategia nucleare.

Malumori nella maggioranza di governo

Si parla infatti di «un programma che prevede la costruzione di tre coppie di reattori su tre siti distinti». Essi saranno fabbricati «a distanza di quattro anni l’uno dall’altro». E la “prima pietra”, rappresentata da uno studio preliminare effettuato da Edf, dovrebbe arrivare nel corso del prossimo mese di novembre. Stupefacente. Tanto che anche la deputata Barbara Pompili, appartenente allo stesso partito del presidente Macron, si è detta «molto sorpresa». Giudicando i termini della lettera «inquietanti», perché «danno l’idea che le decisioni siano state già prese». Senza dunque consultare neppure il Parlamento.

E senza ascoltare l’opinione dell’Agenzia francese per l’ambiente e l’energia (Ademe), che in un rapporto pubblicato nello scorso gennaio aveva spiegato che la costruzione di un solo reattore EPR di qui al 2030 imporrebbe alle casse pubbliche un costo compreso tra 4 e 6 miliardi di euroSecondo il rapporto, inoltre, la creazione di una filiera industriale nucleare capace di portare ad una produzione da nucleare pari a 24 GWh entro il 2060 sarebbe di 39 miliardi.

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Il cantiere presso la centrale nucleare di Olkiluoto, in Finlandia, nel quale si costruisce uno dei nuovi reattori EPR © kallerna/Wikimedia Commons

Abbandonata la ricerca sui reattori di quarta generazione

Per gli antinuclearisti francesi la sola buona notizia è legata alla decisione ufficiale di chiudere l’impianto di Fessenheim, al confine con la Germania. La più vecchia centrale del Paese, in servizio dal 1977, arresterà definitivamente le proprie attività nel 2020. In gigantesco ritardo rispetto alle promesse dei presidenti che si sono succeduti. Il socialista François Hollande aveva assicurato nella campagna elettorale del 2012 che avrebbe disposto lo stop entro la fine del proprio mandato quinquennale.

Coloro che in Francia si battono per il nucleare hanno inoltre accolto con favore la decisione di abbandonare la ricerca sui reattori di quarta generazione.   Ovvero sul sistema a neutroni veloci (RNR) chiamato “Astrid”. Il quotidiano Le Monde ad agosto ha infatti riferito che il Commissariato per l’Energia Atomica (CEA) ha deciso di non investire più nel progetto. Che, soltanto fino al 2017, ha tuttavia comportato spese per quasi 738 milioni di euro.