Berlino diventa un laboratorio contro gli speculatori immobiliari
La giunta "rosso-rosso-verde" che guida la capitale tedesca ha bloccato gli aumenti degli affitti. E le società pubbliche stanno ricomprando appartamenti dai fondi immobiliari
Berlino esplode ed è una calamita per i giovani. Il numero totale degli abitanti della città è arrivato a 3,6 milioni nel 2017. Oltre 200mila in più rispetto al 2008 e un record assoluto dalla fine della seconda guerra mondiale in poi.
Il saldo netto annuo di nuovi residenti è di circa 40mila persone. Buona parte delle quali si trasferisce dall’estero e ha dai 20 ai 30 anni di età. La foto è stata scattata dalla banca pubblica IBB (Investitionsbank Berlin) nel suo ultimo rapporto sul mercato immobiliare 2018, pubblicato nel marzo del 2019.
L’afflusso continuo di nuovi abitanti aumenta la domanda di stanze e appartamenti e spinge inevitabilmente i prezzi verso l’alto. In una città che, fino a dieci anni fa, era rimasta un’isola felice tra le grandi capitali europee, con affitti modesti e prezzi al metro quadro di gran lunga sotto la media.
Tedeschi scoprono la febbre del mattone ob torto collo
Ad aggravare la situazione pesa poi la particolare congiuntura economica. Con una liquidità dilagante che, in presenza di tassi di interesse negativi sui conti correnti, viene investita sempre di più nel settore immobiliare approfittando di tassi molto bassi sui mutui.
I tedeschi sono tradizionalmente poco propensi all’acquisto di immobili. Solo il 52% della popolazione vive in case di proprietà contro il 72% degli italiani, secondo dati Eurostat del 2016. Eppure si stanno per forza di cose appassionando al mattone. Mentre, negli ultimi anni, sono calati con rapacità su Berlino colossi immobiliari nazionali, ma anche spagnoli, israeliani o britannici alla ricerca di guadagni rapidi e a doppia cifra.
Le conseguenze di questa corsa all’investimento e alla speculazione sono sotto gli occhi di tutti. Il prezzo medio al metro quadro di un’abitazione in città è passato dai 2.079 euro del 2011 ai 4.368 euro attuali. Una crescita del 110% in soli 7 anni.
La stessa si registra per gli affitti. Passati, in media, dai 6,92 euro al metro quadro (al netto delle spese condominiali) del 2011 (circa 700 euro al mese per un appartamento di 100 metri quadrati) ai 10,70 euro attuali (+55%), che salgono fino a 14 euro per il nuovo.
Tutto il potere ai soviet
Le proteste dei cittadini contro l’aumento degli affitti e gli sfratti si sono moltiplicate in tutti i quartieri centrali. Anche con episodi violenti, soprattutto a Kreuzberg o attorno alle case occupate della famigerata Rigaestrasse a Friedrichshain. Lanci di sassi contro le nuove palazzine di lusso, costruite in mezzo a quartieri un tempo popolari, auto incendiate, scontri con la polizia.
Il governo rosso-rosso-verde della città-regione (socialdemocratici, sinistra e verdi), insediatosi a fine 2016, non poteva stare a guardare. Tantomeno l’assessore per lo sviluppo urbano e gli alloggi Katrin Lompscher, della Linke. «Berlino non può diventare come Londra, Parigi o New York, nei cui centri le persone con un reddito medio non riescono più a trovare un appartamento. Dove i caffè si susseguono accanto alle boutique della moda e solo le grandi aziende possono pagare affitti stellari per gli uffici, o dove le poche unità abitative rimaste sono mantenute vuote, come oggetti di speculazione».
I mal di pancia si moltiplicano
È proprio Lompscher che, nel 2019, ha guidato la crociata per l’introduzione di un “Mietendeckel“, un tetto agli affitti. Creando non pochi mal di pancia agli alleati socialdemocratici della SPD, capeggiati dal sindaco Michael Müller. Dopo mesi di discussioni, a fine novembre la giunta regionale ha approvato la decisione sul controllo degli affitti. Che, se tutto procede come previsto, dovrebbe diventare legge, con l’approvazione del consiglio regionale, nel marzo di quest’anno. Il provvedimento, unico nel suo genere in Germania, prevede che gli affitti per 1,5 milioni di abitazioni costruite prima del 2014 siano congelati per cinque anni all’importo dovuto il 18 giugno 2019.
«Il socialismo che rientra dalla finestra», l’ha definito il settimanale Die Zeit in un’intervista alla stessa Lompscher. Mentre le associazioni imprenditoriali, come la UVB (Unternehmensverbände Berlin-Brandenburg), hanno lanciato l’allarme per «gli effetti negativi sullo sviluppo economico della regione». Christian Amsinck, direttore di UVB ha dichiarato agli inizi di gennaio: «Ci aspettiamo perdite significative per il settore edilizio e immobiliare».
Cosa succede ora
Oltre al congelamento degli affitti, è prevista una serie di misure complementari. Dal 2022 gli affitti potranno essere aumentati dell’1,3% all’anno per compensare l’inflazione ma solo se si rimane sotto un limite massimo definito in base all’anno di costruzione dell’immobile. In seguito a eventuali ristrutturazioni o migliorie si potrà aumentare la pigione ma solo per un massimo di un euro al metro quadrato.
«Così si mette in ginocchio un intero settore», tuonano le organizzazioni del settore immobiliare. «Gli investimenti in ristrutturazioni e nuove costruzioni saranno drasticamente ridotti». Mentre Reiner Wild, direttore della Berliner Mieterverein (BMV, associazione degli inquilini), intervistato dalla Berliner Zeitung ribatte: «È solo propaganda per cercare di impedire l’approvazione della legge».
«Le nuove costruzioni non saranno toccate, visto che sono esenti dal tetto sugli affitti». Mentre la riduzione degli investimenti in ristrutturazioni, che è già un dato di fatto, non sarebbe dovuta al tetto sugli affitti ma ai nuovi limiti massimi per la ripartizione dei costi di ristrutturazione introdotti dalla grande coalizione (CDU-SPD), a livello federale, nel 2019. «I proprietari che prima guadagnavano dalle ristrutturazioni, con aumenti sugli affitti oltre i tre euro al metro quadro, ora sono fuori gioco», continua Wild.
Le incertezze, però, rimangono. E la stessa Katrin Lompscher, a fine novembre, ha consigliato agli inquilini di non spendere i soldi che risparmieranno dal tetto sugli affitti ma di accantonarli. Perché sono già stati espressi forti dubbi e annunciati possibili ricorsi per la possibile incostituzionalità del provvedimento, in particolare dalla CDU e dal ministero federale dell’Interno (che accorpa anche le costruzioni) guidato da Horst Seehofer (CSU). Quindi la legge potrebbe essere abrogata o comunque depotenziata nei prossimi mesi.
La regione riacquista dai privati
A tutti appare comunque chiaro che gli investimenti privati in nuovi edifici o in ristrutturazioni molto probabilmente caleranno. «L’eventuale deficit di investimenti dovrà essere colmato con maggiore forza dalla regione», ha dichiarato il direttore dell’associazione inquilini Reiner Wild.
E questo è il secondo pilastro delle politiche abitative del governo regionale di Berlino, che intende anche riacquistare migliaia di appartamenti dalle grandi società private.
A metà dicembre, tramite la società immobiliare pubblica Degewo, la città di Berlino ha riacquistato oltre 2mila unità abitative dall’investitore privato Deutsche Wohnen. Spendendo circa 360 milioni di euro, finanziati dal bilancio della stessa Degewo. Per l’80% si tratta di appartamenti con affitti agevolati. «Con questa operazione offriamo a più di 3.500 berlinesi un’abitazione a prezzi accessibili a lungo termine», ha dichiarato il direttore generale di Degewo, Christoph Beck. Altri 6mila appartamenti, di proprietà di una società lussemburghese, sono stati ricomprati dall’immobiliare pubblica Gewobag in settembre.
Dall’inizio del 2017, le immobiliari municipali della capitale hanno riacquistato più di 10mila appartamenti.
Tutto iniziò per tappare debiti di bilancio
La maggior parte di essi erano stati venduti dagli anni ’90 in poi per ridurre l’enorme debito che si era creato nelle casse pubbliche regionali dopo la riunificazione. Il debito pubblico del Land di Berlino è salito dai 10,8 miliardi di euro del 1991 ai 60,1 miliardi del 2006. Per poi scendere, a partire dal 2012, ai 57,6 miliardi di euro attuali, in seguito alla vendita di asset e al contenimento dei costi.
Dopo la vendita degli immobili pubblici per tappare i buchi di bilancio, si cerca ora di fare marcia indietro. Nel frattempo, però, società come Deutsche Wohnen (DW), si sono accaparrate decine di migliaia di appartamenti a prezzi vantaggiosi. E per la regione sarà molto difficile riacquistarne una parte significativa a causa dei vincoli di bilancio. La sola DW, che è il più grande locatore della città e il primo destinatario delle proteste pubbliche degli inquilini, ne possiede 110mila.
Si rispolvera l’utopia collettivista
Nel frattempo, l’attacco alla speculazione edilizia è stato lanciato anche dal basso. L’iniziativa “Deutsche Wohnen & Co. enteignen” (Espropriamo Deutsche Wohnen & Co.), lanciata provocatoriamente nel 2019 per ottenere un referendum sull’esproprio delle grandi società immobiliari private, per ragioni di interesse sociale, ha raccolto oltre 77mila firme (contro le 20mila richieste) in poche settimane. La richiesta è ora al vaglio (giuridico) della giunta regionale.
Se, come ci si aspetta, la giunta darà il via libera, dovranno essere raccolte 170mila firme per un referendum regionale. La campagna referendaria si appella all’articolo 15 della costituzione tedesca, che prevede la socializzazione di beni privati in un regime di proprietà collettiva. Un articolo dimenticato, quasi mai applicato, che oggi, in nome del diritto alla casa e della dignità umana (art. 1 della costituzione), è stato rispolverato in un periodo di emergenza abitativa senza precedenti nella capitale della più grande potenza economica europea.