Esclusione finanziaria. In Italia troppi passi indietro
Uno studio di Banca Etica mostra come l’esclusione finanziaria sia in aumento nel nostro Paese, rispetto ai livelli registrati nel 2012
Un numero crescente di imprese e famiglie italiane fatica ad accedere ai servizi finanziari. Nel nostro Paese, infatti, livello di inclusione, nel 2018, è risultato di circa 4 punti percentuali inferiore rispetto a quello osservato nel 2012. Una flessione preoccupante, anche e soprattutto in una fase di crisi come quella attuale. A indicarlo è uno studio pubblicato il 3 dicembre da Banca Etica, secondo il quale anche le prospettive future appaiono particolarmente incerte, proprio a causa della recessione provocata dalla pandemia.
L’esclusione finanziaria cresce ovunque, ma soprattutto al Sud e nelle Isole
Secondo l’analisi, intitolata “L’economia da ricostruire e le responsabilità della finanza”, «il Nord-Ovest e il Centro sono le aree che mostrano il livello di inclusione finanziaria più elevato. Pur registrando, entrambe, un peggioramento delle condizioni rispetto a otto anni fa». Ma il calo è più marcato nel Nord-Est. Qui l’indice di inclusione finanziaria è passato da 106,3 a 96,6 punti, segnando un calo del 9,1%.
«Una conseguenza diretta delle crisi bancarie che hanno colpito questi territori», spiega Banca Etica. Tuttavia, in termini assoluti, sono il Sud e le Isole le aree nelle quali il problema si manifesta in modo più marcato. Nel 2018 il dato risulta infatti di circa 20 punti percentuali più basso rispetto a quello del 2012.
Lo studio è stato presentato nel corso di un evento al quale hanno partecipato Lucia Schiona (ricercatrice di Banca Etica), Alessandro Messina (direttore generale dell’istituto di credito), Vittorio Pelligra (docente di Economia presso l’università di Cagliari) e Marco De Guzzis (amministratore delegato di Sardex).
«Il credito – ha affermato Messina – rappresenta un fattore di sviluppo, delle persone, delle imprese e dei sistemi economici. In un’economia sana, il credito è efficiente, redistribuisce i saldi finanziari. Favorisce opportunità per chi ha potenziale immateriale (competenze, capacità produttiva, talento, buone idee), ma non sufficienti risorse. Banca Etica, per sua missione, adotta il punto di vista di chi rischia l’esclusione dal circuito finanziario».
Banca Etica dimostra che puntare sulla ridistribuzione finanziaria conviene a tutti
«Per questo – prosegue il dirigente – da 3 anni misuriamo con indici sintetici l’inclusione finanziaria. In Italia e in Spagna i fenomeni sono simili, così come le traiettorie del mercato bancario, che accomunano i due Paesi. Ovvero meno intermediari, meno sportelli, più concentrazione (cresciuta del 35% in Italia, del 50% in Spagna). E ancora forte riduzione dell’offerta di credito e crescita delle aree di vulnerabilità finanziaria, soprattutto per le persone più fragili: giovani, anziani, lavoratori autonomi».
In un’economia sana, il credito favorisce opportunità per chi ha potenziale immateriale (competenze, capacità produttiva, talento, buone idee), ma non sufficienti risorse
Alessandro Messina, direttore generale di Banca Etica
In termini concreti, tale impegno si è tradotto, nel 2019, nell’erogazione al Mezzogiorno del 19,2% del portafoglio crediti della banca. Contro il 14,8% delle media del sistema bancario italiano. Inoltre, l’8,4% è andato a clienti residenti nelle province che presentano un tasso di disoccupazione superiore al 20% (contro il 5,3% del totale Italia). E in tutte queste aree economicamente più deboli, Banca Etica mostra, a differenza del sistema bancario nel suo complesso, un rapporto tra impieghi e raccolta maggiore di 1.
In altre parole, in questo modo si utilizza il risparmio delle aree più forti per fare impieghi in quelle più deboli. Innescando un processo virtuoso di “redistribuzione finanziaria”. Che giova alla banca così come al territorio, e in particolare ai più deboli.