Capitalismo inclusivo, la rischiosa Davos “benedetta” da papa Francesco
Il Vaticano ha “benedetto” un’alleanza con Mastercard, Merck, Rockefeller e British Petroleum per riformare il capitalismo rendendolo più “inclusivo”
«È necessario e urgente un sistema economico giusto, affidabile e in grado di rispondere alle sfide più radicali che l’umanità e il Pianeta si trovano ad affrontare. Vi incoraggio a perseverare lungo il cammino della generosa solidarietà e a lavorare per il ritorno dell’economia e della finanza a un approccio etico che favorisca gli esseri umani. Avete raccolto la sfida, cercando modi per rendere il capitalismo uno strumento più inclusivo per il benessere umano integrale». All’inizio di dicembre del 2019, papa Francesco si era rivolto con queste parole ai membri del nuovo “Consiglio per un capitalismo inclusivo con il Vaticano”.
Il capitalismo inclusivo, iniziativa di un gruppo di colossi «con il Vaticano»
Iniziativa di un gruppo di grandi multinazionali – molte delle quali dal passato e dal presente controversi – che hanno dichiarato di voler cambiare i loro modelli di business. E alle quali il pontefice ha, di fatto, concesso la propria “benedizione”. Nonostante i rischi che tale scelta comporta.
Il “Council for Inclusive Capitalism with the Vatican” è un partenariato tra una serie di grandi leader mondiali nel settore degli investimenti, dell’industria e del commercio. Che non ha mancato di suscitare perplessità, come quelle avanzate dal New York Times. Non tanto sulle buone intenzioni del pontefice, quanto su quelle reali di almeno una parte delle persone che fanno parte del Consiglio. Alle quali il papa non ha fatto mancare una grande apertura di credito: «Cari amici – ha affermato – vi siete posti l’obiettivo di estendere a tutti le opportunità e i benefici del nostro sistema economico. I vostri sforzi ci ricordano che coloro che si impegnano nella vita economica e commerciale sono chiamati servire il bene comune cercando di aumentare i beni di questo mondo e renderli più accessibili a tutti».
La speranza di riuscire a riformare finanza ed economia dall’interno
Al di là dei dubbi e delle polemiche, la creazione del Consiglio rappresenta un primo passo nell’ottica di tentare di riformare il sistema finanziario ed economico mondiale. Facendolo però “dall’interno”. Obiettivo dell’organismo è infatti quello di sostenere le imprese di ogni ordine e grado nel cambiare. Al fine di costruire, teoricamente, un capitalismo più giusto e più sostenibile.
A far parte del Consiglio è un gruppo di dirigenti battezzati “Guardiani del capitalismo inclusivo”. Donne e uomini che “valgono”, in termini di asset gestiti, 10,5 miliardi di dollari. E imprese la cui capitalizzazione in Borsa è di oltre 21 miliardi. Con 200 milioni di lavoratori impiegati in 163 nazioni. Insieme, i “Guardiani” si sono impegnati ad assumere impegni permanenti nelle loro aziende. E a tentare di convincerne altre a seguirne l’esempio.
Da Rockefeller a British Petroleum tra i “Guardiani” del capitalismo inclusivo
Tra i manager che fanno parte del Consiglio figurano i dirigenti di colossi come Mastercard, Allianz, Merck, CalPERS, Johnson & Johnson, State Street Corporation, Bank of America, Fondazione Rockefeller. Tutte aziende che hanno prosperato enormemente grazie al sistema capitalista attuale, basato sulla massimizzazione dei profitti e sui ritorni economici a brevissimo termine. Ma è presente anche il presidente di un colosso delle fonti fossili come British Petroleum. E perfino un membro del consiglio d’amministrazione della compagnia petrolifera saudita Saudi Aramco.
Arabia Saudita
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C’è poi Mark Carney, ex governatore della Banca d’Inghilterra e ora inviato speciale delle Nazioni Unite per l’azione climatica in vista della Cop 26 di Glasgow, la ventiseiesima Conferenza mondiale sul clima che si terrà in Scozia nel novembre del 2021. L’ex banchiere centrale è anche consulente del primo ministro conservatore Boris Johnson.
Papa Francesco: «Ascoltate il grido della Terra e dei Poveri»
La sfida, insomma, è stata lanciata al cuore di un sistema che è ben lontano dall’essere equo per le società e sostenibile per il clima e l’ambiente. Renderlo addirittura “inclusivo”, come spera papa Francesco, ad oggi appare quasi una sfida impossibile. «Il capitalismo ha creato una ricchezza immensa nel mondo, ma ha anche lasciato troppe persone indietro. E ha portato al degrado del nostro Pianeta», ha ammesso Lynn Forester de Rothschild, fondatrice del Consiglio e dirigente di Capital Partners.
Lei, assieme agli altri “Guardiani”, sarà la persona giusta per umanizzare il sistema? Papa Francesco riuscirà nella complicata opera di non cacciare più i mercanti dal Tempio ma di provare a redimerli? E i manager riusciranno ad ascoltare, come affermato dallo stesso Bergoglio, «il grido dei poveri e della Terra»?
Secondo suor Alessandra Smerilli, potrebbe perfino trattarsi di un’operazione di greenwashing. O meglio di “Vatican-washing”: «È passato il messaggio che in qualche modo il Vaticano abbia prestato il proprio endorsement a un gruppo che propone il capitalismo inclusivo, ma non è così. Il gruppo è stato solo ricevuto dal Papa, come succede a molti altri. Sono stati abili da un punto di vista comunicativo. Ma non è vero che il Pontefice li stia accompagnando».
«Vi sono grato per la promozione di un’economia più giusta»
Resta però l’ampia apertura di credito che il papa ha voluto concedere ai “Guardiani”: «La vostra presenza qui – ha affermato Bergoglio – è un segno di speranza, perché avete riconosciuto le questioni che il nostro mondo è chiamato ad affrontare e l’imperativo di agire con decisione per costruire un mondo migliore. Vi esprimo la mia gratitudine per il vostro impegno nel promuovere un’economia più giusta e umana». Inoltre, secondo il Financial Times, il Vaticano avrebbe anche «concesso l’uso del proprio nome». Per lo meno, non risulta che abbia chiesto di ritirarlo.
Il rischio è che l’iniziativa si riveli solo una replica delle tante altre occasioni nelle quali il capitalismo ha cercato di riformare sé stesso. Invano. Come nel caso, ad esempio, delle iniziative filantropiche dell’uomo più ricco del mondo, il proprietario di Amazon Jeff Bezos. Che, per quanto lodevoli, rimangono prive di una strategia di superamento di un sistema economico colmo di aberrazioni.