La bolla delle banche centrali porterà alla “stagnazione secolare”?
Gli acquisti di obbligazioni pubbliche e private hanno sostenuto la liquidità del sistema finanziario ma hanno messo in crisi il sistema bancario europeo
Il 12 settembre, nella sua ultima conferenza stampa da presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi ha annunciato che il programma di «allentamento quantitativo» della Bce ripartirà con l’acquisto di 20 miliardi di euro ogni mese di titoli finanziari «per tutto il tempo che la Bce riterrà necessario».
I mercati si aspettavano ampiamente una qualche forma di pacchetto di stimolo economico, sebbene i falchi all’interno del Consiglio direttivo della Bce nelle ultime settimane avessero cercato di minimizzare la portata delle nuove misure. Ma perché la Bce continuerà a comprare titoli? Quali sono gli effetti di queste decisioni? E chi ne sopporta i principali rischi?
L’ultima conferenza stampa di Draghi alla BCELe misure di sostegno economico della Bce
Dallo scoppio della crisi finanziaria globale nel 2008 a oggi, secondo una recente ricerca della Bce, la Bce e le Banche centrali dell’Eurosistema hanno assorbito circa 2.600 miliardi di euro di titoli finanziari liquidi di alta qualità (Hqla) attraverso acquisti di portafoglio e operazioni di rifinanziamento.
Secondo i dati del Financial Times dell’agosto dell’anno scorso, le maggiori banche centrali del mondo (tra le quali Bce, Federal Reserve Usa, Banca del Giappone, Banca d’Inghilterra e Banca centrale di Svezia) detenevano titoli per 15.300 miliardi di dollari, due terzi circa dei quali composti da titoli di Stato, pari a un quinto dello stock di debito pubblico dei loro governi.
Di questi, la Banca del Giappone deteneva 4.200 miliardi di dollari, la Bce 2.600, la Federal Reserve 2.400 e la Banca d’Inghilterra 600 miliardi. Nei dieci anni dallo scoppio della crisi finanziaria globale a oggi, la percentuale del debito pubblico finita nei bilanci delle Banche centrali è raddoppiata da meno del 15% a oltre il 30 per cento.
Quanto è grande l’offerta di questi titoli
Nell’eurozona c’è una grande offerta di titoli finanziari liquidi di alta qualità (Hqla) che la Bce e le banche centrali dell’Eurosistema possono acquistare, dal momento che istituzioni pubbliche e private europee emettono obbligazioni in euro con le caratteristiche Hqla in quantità considerevoli (lo stock di questi titoli al 30 settembre 2017 era pari a 10.900 miliardi), principalmente sotto forma di titoli di Stato (89%) e obbligazioni garantite (6%).
Questa offerta è stata relativamente stabile nel tempo ed è considerevole rispetto al Pil dell’area dell’euro. A oggi, le banche dell’area dell’euro detengono 3.800 miliardi di euro di Hqla, di cui il 47% è costituito da riserve in eccesso e il restante 53% da attività negoziabili, principalmente titoli di Stato. Fondi pensione e compagnie assicurative (2.100 miliardi di euro), imprese e società non finanziarie (1.400 miliardi di euro) ed entità non appartenenti all’area dell’euro, comprese Banche centrali estere (2.600 miliardi di euro) detengono altre notevoli quantità di Hqla.
Perché la Bce compra titoli
Con la crisi finanziaria globale scatenata dai mutui subprime nel biennio 2008-2009, molte Banche centrali hanno deciso non solo il taglio dei tassi d’interesse (nel tentativo di sostenere l’economia reale) ma anche enormi programmi di acquisto di obbligazioni, sia governative che private, per favore la trasmissione di liquidità e il finanziamento delle istituzioni creditizie e assicurative.
Prima tra tutte queste istituzioni è stata la Banca centrale europea, che ha comprato titoli dei debiti pubblici dei Paesi dell’Eurozona ma anche di emittenti privati secondo un sistema di contingenti percentuali. In questo modo la Bce ha distribuito liquidità a rendimenti interessanti al sistema finanziario e al contempo ha drenato i rischi di molte obbligazioni da cui quello stesso sistema era zavorrato, ad esempio come i rischi dei titoli di Stato italiani che ingolfavano i bilanci delle banche italiane. Chiaro che la continuazione degli acquisti, agendo sul lato della domanda, sostiene verso l’alto i prezzi dei bond, indirizzandone verso il basso i rendimenti.
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Considerato però che quei tagli di tassi e acquisti di bond durano da un decennio, è ormai difficile considerare questa “manovra non convenzionale” di politica monetaria alla stregua di un intervento “congiunturale”, sebbene sia mirata a dare ossigeno all’economia dell’eurozona.
La “stagnazione secolare”
Secondo alcuni economisti e analisti, esiste la possibilità che l’economia e la finanza globali stiano entrando in quello che è stato definito come un periodo di “stagnazione secolare”.
Il principale motore della stagnazione secolare sembra essere la discrepanza strutturale tra l’elevata propensione delle persone a risparmiare e la bassa domanda di quei risparmi da tradurre in investimenti produttivi rischiosi, perché nelle mani di persone e Paesi sempre più anziani il cui primo obiettivo non sono rendimenti elevati ma la sicurezza del patrimonio.
Il tutto porterebbe a un tasso di interesse reale più basso e forse negativo per decenni e decenni, un po’ come avviene in Giappone, il Paese “più vecchio” del mondo. Sebbene la stagnazione secolare sia un’ipotesi accattivante che fornisce una spiegazione per molte delle caratteristiche economiche degli ultimi 30 anni, incluso il calo secolare dei tassi reali, è ancora troppo presto per capire se questa ipotesi è reale o no.
Tuttavia, anche se la stagnazione secolare è ancora un’ipotesi, la maggior parte delle sue caratteristiche strutturali pesa già sulla crescita economica e sui tassi di interesse finanziari, creando forti effetti deflattivi. Attraverso gli acquisti di titoli, la Bce cerca di ridare liquidità al sistema finanziario e quindi anche contrastare anche il fenomeno della “stagnazione secolare”, anche se finisce per incrementare le cause strutturali dell’aumento dei bond a rendimento negativo.
Ma gli effetti sono distorsivi
Quando i tassi di interesse ufficiali iniziarono a scendere a zero e i bilanci delle Banche centrali si espansero a causa di interventi su larga scala per acquistare titoli e combattere la crisi finanziaria globale, tutti pensavano che queste politiche monetarie non convenzionali sarebbero state temporanee.
Dieci anni dopo, il ritorno a politiche monetarie normali nella maggior parte delle economie avanzate sembra però sempre più remoto. La maggior parte dell’Europa continentale (la zona dell’euro, insieme a Danimarca, Svezia e Svizzera) si è spostata verso una forma molto più estrema di politiche monetarie non convenzionali introducendo tassi di interesse ufficiali negativi e / o tassi di deposito bancari negativi.
Ad esempio, i tassi della Bce sono stati ulteriormente abbassati la settimana scorsa da -0,4 a -0,5%. Insieme all’orientamento a termine e agli acquisti di attività su larga scala, queste misure hanno creato una situazione senza precedenti in cui i tassi di interesse nominali in un certo numero di Paesi europei sono negativi in una ampia gamma di scadenze nella curva dei rendimenti.
Le banche sono i soggetti deboli
Per le Banche centrali, il prezzo delle obbligazioni acquistate dopo la crisi finanziaria non è una considerazione preminente, perché possono azzerare o quasi le perdite delle operazioni di politica monetaria non convenzionale portando i titoli sino alla loro scadenza e coprendo i differenziali con gli aggi di emissione, oppure vendere questi titoli sul mercato.
Ma tra i soggetti deboli di queste operazioni di politica monetaria non convenzionale, che spingono in negativo i tassi di interesse, ci sono le banche che subiscono un danno, dovendo pagare per mantenere prestiti e titoli nei loro bilanci.
Penalizzare gli istituti creditizi per l’estensione del credito a sostegno della crescita economica, azzerando i loro margini da interesse, non giova ai loro bilanci, come si evince dal prezzo depresso delle azioni delle banche europee.
Per cercare di salvare il sistema finanziario dai rischi di collasso dovuti a improvvisi shock della liquidità, quindi, la Bce potrebbe incorrere nell’effetto opposto, di mettere a rischio l’esistenza delle banche europee.