Case a un euro: dai “ruderi” un effetto traino per i piccoli borghi
Almeno 20 comuni in Italia hanno provato la strada delle case a 1 euro. Migliaia si informano. Molti comprano. Si attiva così un'economia locale milionaria
Borgomezzavalle in Lombardia, Ollolai nell’entroterra sardo, Gangi in Sicilia. E ancora Cantiano, Montieri, Racalmuto, Salemi. Distanti centinaia di chilometri tra di loro e tuttavia interconnessi. Sono alcuni dei borghi sparsi nelle varie regioni italiane, qualcuno di media dimensione ma per lo più piccoli e piccolissimi, che hanno deciso di non rassegnarsi allo spopolamento e all’abbandono. Hanno perciò investito in un progetto di dismissione mirata del patrimonio immobiliare storico, e vendono – o hanno venduto già – molte delle proprie case a 1 euro. Se ne contano 20 in tutta la Penisola.
L’iniziativa, quando è partita nel 2010, è apparsa come una provocazione. Nel tempo ha però destato la curiosità di numerosi media nazionali e internazionali. Ancora oggi però non è promossa e strutturata a livello nazionale: ogni comune si muove in autonomia per quanto riguarda procedure, modi e tempi.
La domanda è: al di là dell’aspetto suggestivo di dare nuova linfa a borghi altrimenti a rischio scomparsa, dopo un decennio, le aspettative delle amministrazioni che vi hanno aderito sono state effettivamente soddisfatte? Si tratta di un flop o un successo?
Desiderio e abbandono
Maurizio Berti è un professionista del marketing, appassionato dell’argomento fin dal principio. Tanto da sviluppare un sito web che, nel 2017, dopo che del fenomeno si occupò la CNN, ha visto gli accessi schizzare fino quota 220mila. Le e-mail alle quali rispondere sono così diventate migliaia e poi decine di migliaia, con richieste d’intervista dalle maggiori testate internazionali. Oggi Berti accompagna a vedere queste dimore i potenziali nuovi abitanti – soprattutto stranieri – nelle aree interne d’Italia, trascurate dai flussi turistici di massa. Li guida per i meandri della burocrazia e svolge un ruolo di facilitatore presso i sindaci dei comuni, i quali – a loro volta – si pongono come intermediari e garanti tra acquirenti e proprietari.
«Questa operazione – spiega a Valori -nasce innanzitutto dall’esodo dai paesi di montagna e dell’interno iniziato nel secondo Dopoguerra e durato fino agli anni Settanta, con le persone che si spostavano dove c’era il lavoro, perché c’era una nazione da ricostruire (l’esodo perdura tuttoggi, e acuisce i suoi effetti tra denatalità e invecchiamento, ndr). Da qui il bisogno dei paesi che si stanno spopolando, al quale il progetto case a un euro dà in qualche modo una risposta. C’è poi un bisogno che conoscevamo meno, di persone che vivono fuori dall’Italia e che vogliono venire qui a vivere».
«L’Italia è un brand così forte che riusciamo a vendere anche dei mattoni rotti».
Ruderi capaci di muovere 7 milioni di euro
L’immagine è incisiva e ma dietro di essa c’è una sostanza più che tangibile: nelle aree interne italiane, molti edifici sono in stato di totale fatiscenza. In un borgo come Mussomeli, in Sicilia, hanno ad esempio cambiato proprietario già 120 case, con un giro d’affari stimato di 7 milioni di euro. Denaro iniettato in poco tempo in un tessuto economico piuttosto debole. Di esso hanno beneficiato imprese appaltatrici, imprese edili, notai, architetti e ogni genere di artigiano e professionista che gira intorno alla compravendita, ristrutturazione e gestione di un immobile.
Ciò testimonia che l’impatto del progetto delle case vendute per un euro va molto oltre la semplice fase di acquisto, che peraltro non ha le stesse regole dovunque, pur prevedendo quasi sempre vincoli d’uso e architettonici, nonché scadenze da rispettare nelle ristrutturazioni. Generalmente «i proprietari che si vogliono liberare di immobili su cui pagano le tasse li rendono disponibili al comune, il quale apre un bando per i potenziali acquirenti. A quel punto vaglia le domande – spesso ben più numerose delle case in lista – e stila una graduatoria, privilegiando per lo più chi potrebbe trasferirsi con bambini. Ma alcuni comuni procedono anche mettendo queste costruzioni all’asta».
“Mussomeli real estate Superior market tour – Not 1 euro home” È il caso di Sambuca di Sicilia, dove 16 case sono state vendute all’asta per cifre che hanno superato (di molto) l’euro iniziale: alcune tra 11 e 17mila euro. Una “addirittura” a 25mila euro. Altre 75 sono state vendute a prezzo di mercato. Non è un caso: «Questa iniziativa – conclude infatti Berti – smuove anche il mercato delle case pronte per l’uso, con un effetto traino, per persone che vengono a vedere come si vive e come si sta in questi posti, magari già pensionate, e invece di ristrutturare per due o tre anni scelgono un’abitazione già pronta». Di tutto ciò si alimenta la curiosità internazionale e l’attenzione degli operatori immobiliari.
Ollolai (NU): nuovi residenti e svolta commerciale a costo zero
Il sistema, insomma, non è stato un flop. Ma addirittura da qualche parte sembra aver fatto boom. Come ad Ollolai, in provincia di Nuoro, in Barbagia, cioè lontanissimo dai rinomati centri costieri della Sardegna. Aconfermarlo è il sindaco Efisio Arbau: «Se quando abbiamo aperto il progetto consideravamo l’investimento sull’edilizia come l’elemento principale, oggi appare secondario.
La parte più importante è l’esperimento sociale che ha dato slancio alla comunità, ma anche i risvolti turistici e quelli del commercio dei prodotti locali, artigianato e agricoltura».
Certo, dal punto di vista dello spopolamento non si può parlare di soluzione, ma dei 5 residenti guadagnati ben 4 sono persone giovani. «Da queste parti è davvero un grande successo». Seppure ottenuto al costo dell’enorme fatica che queste amministrazioni, a corto di risorse e personale, affrontano per ricostruire gli assi proprietari degli immobili. Edifici abbandonati da anni o anche decenni, i cui primi possessori sono spesso defunti, e la cui eredità si è polverizzata in quote suddivise tra decine di eredi sparsi per l’Italia e non solo, talvolta essi stessi ignari di averne la disponibilità.
Con 11 abitazioni assegnate oggi, Ollolai è un paese da 1300 abitanti su cui sono piovute oltre 1500 domande di persone che volevano venire a ristrutturare case. Il comune pensa infatti di istituire un’agenzia per la casa che acceleri le procedure per le 10 abitazioni in attesa. E mentre le maestranze locali lavorano, i materiali edili vengono comprati in zona e sono diversi anche gli immobili comprati a prezzo di mercato, è nata pure una sorta di turismo delle case a un euro.
Il movimento significa lavoro e vivacità economica, amplificato all’ennesima potenza dal fatto che nel 2018 è stato girato ad Ollolai un reality show olandese mandato in onda in prima serata e seguito in diversi paesi del nord Europa. Il nome del paese è stato citato da 500 testate nel mondo «aprendo canali commerciali senza fare investimenti pubblicitari oppure ricerche di mercato», sottolinea Arbau. È anche nata una rete di imprese degli allevatori locali che punta a fare rete per promuovere i prodotti col marchio locale.
Borgomezzavalle (VB) si muove e attende gli Ortodossi
Anche a Borgomezzavalle, paese da circa 300 residenti in Valle Antrona, in Piemonte, il progetto “case a un euro” non sembra poter essere una panacea per l’abbandono dell’abitato, ma comunque funziona. Quattro case sono state vendute a un euro e altrettante a prezzo di mercato. Il sindaco Stefano Bellotti conferma un impatto positivo sul lavoro: un’occasione di smuovere una situazione socio-economica stagnante, che le sole forze dell’amministrazione non sarebbero riuscite ad aggredire.
Intanto, le imprese artigianali del posto lavorano e la prospettiva potrebbe anche migliorare se l’ipotesi di acquisizione e ristrutturazione dell’intera frazione di Ruginenta andasse in porto. Ad essere interessata è la comunità dei monaci ortodossi che vorrebbero trasformarla nella base dove svolgere le proprie attività.
Gangi (PA) riscopre il centro storico e ripensa l’edilizia popolare
Quando il piccolissimo borgo piemontese si è lanciato nel progetto, si è ispirato a ben altro successo. Quello ottenuto da Gangi, in provincia di Palermo, incoronato nel 2014 come “più bello d’Italia”, coi suoi 6600 abitanti circa e oltre 100 case vendute, a un euro e non. In un contesto che, oltre ai benefici per l’economia locale di tutto il settore edile (l’architettura del centro storico gangitano è sotto vincolo della soprintendenza) e notarile, sta stimolando il comune a dedicare più risorse al progetto (per un sito internet più efficace e la creazione di un albo di tecnici disponibili). E a ragionare più in grande, a livello sociale.
«Oggi – spiega il vicesindaco Marilena Barreca – anche i locali hanno rivalutato la vita all’interno del centro storico. Anziché andare ad abitare in una periferia urbana, magari più comoda ma con costi decisamente superiori, si torna a preferire le abitazioni “a castello” tipiche della nostra tradizione e dell’architettura di paese: case con tre o quattro piani e una stanza per ogni piano. Dopo la vendita delle case a un euro c’è stata una rivalutazione complessiva del centro storico».
A partire da questa novità, il comune intende investire sull’edilizia popolare, e in modo differente. «Anziché realizzare i complessi popolari nelle zone periferiche del paese – spiega Barreca – con strutture inglobate in un determinato il perimetro, abbiamo pensato di utilizzare delle abitazioni a basso costo del centro storico: sia per ripopolare l’area sia per fare sì che le persone meno abbienti possano essere ricollocate in uno spazio più ampio e vario, e non – in qualche modo – ghettizzate.
I complessi popolari concepiti come omogenei si traducono infatti in una specie di ghetto: un insieme di abitazioni dove si trovano tutti individui che vivono un disagio economico e sociale».