Cop28, una giornata della finanza climatica in sordina

Alla Cop28 il 4 dicembre è il giorno della finanza climatica. Con meno annunci rispetto alle edizioni precedenti e promesse insufficienti

Il 4 dicembre alla Cop28 è il giorno della finanza climatica © Amira Grotendiek/Unfccc/Flickr

In apertura nella giornata di oggi Mia Mottley, prima ministra di Barbados, ha annunciato: «L’obiettivo non è la finanza, ma ciò che facciamo con essa». I capitali, insomma, servono se orientati alla lotta ai cambiamenti climatici. È d’altra parte proprio questo il duplice obiettivo della cosiddetta “finanza climatica“: ridurre le emissioni di gas climalteranti mitigando la crisi climatica e sostenere azioni di adattamento agli impatti della crescita della temperatura media globale.

Sebbene i finanziamenti per il clima abbiano raggiunto la cifra di 1.270 miliardi di dollari nel periodo 2021/2022, pari all’1% del Prodotto interno lordo globale, registrando un raddoppio rispetto a due anni fa, purtroppo siamo ancora lontani da quanto necessario. I dati sono raccolti in un documento, intitolato “A climate finance framework”, distribuito dalle Nazioni Unite alla Cop28 di Dubai.

I fondi per la finanza climatica sono una goccia nell’oceano

Su questo si sono incentrate le proteste andate in scena nella mattinata di oggi, lunedì 4 dicembre, alla Cop28. I fondi messi a disposizione ad oggi rappresentano una goccia nell’oceano rispetto a quanto potrebbe essere fatto. Inoltre, la  crescita degli ultimi anni è dovuta agli investimenti nelle misure di mitigazione, concentrati principalmente nei settori dell’elettricità e dei trasporti. Il 90% di questo aumento proviene da un numero limitato di Paesi, tra cui quelli europei, più Cina, Stati Uniti, Brasile, Giappone.

Al contrario, non è mai stato rispettato l’impegno di aiutare i Paesi in via di sviluppo con 100 miliardi di dollari all’anno promessi alla Cop15 di Copenaghen nel 2009, con il cosiddetto Fondo verde per il clima. La scadenza iniziale era il 2020, poi prorogata al 2025. Gli ultimi dati ufficiali, relativi al 2021, dicono che la cifra non è ancora stata raggiunta. Demolendo così, ancora una volta, la fiducia da parte del Sud del mondo.

Promessi 57 miliardi di dollari nei primi giorni della Cop28

Alla Cop28, nei primi giorni, sono arrivate nuove promesse per oltre 57 miliardi di dollari. Divise in diversi tipi di contributi finanziari finora.  La buona notizia è che le promesse di ricostituzione del Fondo verde per il clima hanno superato le precedenti e sono ora pari a 12,8 miliardi di dollari. L’apertura a sorpresa di questa settimana con la conferma della creazione di un fondo per le perdite e i danni (loss and damage), con 655 milioni di dollari promessi finora, è un passo avanti. 

I fatti però dicono che servirebbe molto, molto di più: entro il 2030 i Paesi in via di sviluppo (esclusa la Cina) avranno bisogno di almeno 2.400 miliardi di dollari di finanziamenti per il clima. Solo per riparare alle perdite e ai danni causati alle nazioni più vulnerabili di fronte ai cambiamenti climatici (e meno responsabili degli stessi) serviranno oltre 500 miliardi di dollari all’anno, a partire dal 2030.

Le soluzioni sul tavolo e i punti interrogativi ancora aperti sono portati alla luce proprio nel rapporto citato, curato da un gruppo di esperti di alto profilo in materia di finanza climatica. Si tratta della seconda edizione (la prima è stata pubblicata nel 2022, in occasione della Cop27) di un’analisi completa di ciò che è necessario per affrontare questa sfida. Di cosa parliamo? Di uno sforzo congiunto da parte delle singole nazioni, del settore privato, delle banche multilaterali per lo sviluppo, di donatori e filantropi. Solo con l’apporto di tutti si potranno raggiungere le migliaia di miliardi di dollari necessarie per mitigazione, adattamento e risarcimenti di perdite e danni.

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© Christopher Pike/COP28

L’alleanza tra gli Emirati Arabi Uniti e i grandi nomi della finanza

Gli Emirati Arabi Uniti promettono esplicitamente di schierarsi in prima fila, anche attraverso Altérra, un fondo d’investimento da 30 miliardi di dollari che intende mobilitarne 250 entro il 2030. Altra notizia è che Abu Dhabi promette di ospitare  il nuovo Global Climate Finance Centre (Gcfc) presso l’Abu Dhabi Global Markets (Adgm, la piazza finanziaria dell’Emirato). Ma in questo caso le premesse non appaiano delle migliori.

Questo centro infatti è creato in collaborazione con nove membri fondatori. Tra questi figura la Banca Mondiale. Ma soprattutto sono presenti nomi che ci suonano familiari in ambito di insostenibilità: HSBC e  BlackRock. La prima una banca globale che ha annunciato piani per ridurre le emissioni continuando a finanziare il carbone. BlackRock, più grande fondo del mondo per valore degli asset gestiti, nonostante promesse e proclami continua ad investire nel settore fossile.

Quali sono le priorità in termini di finanza climatica

Quali sono dunque le priorità in tema di finanza che vorremmo vedere nel lungo termine?

  • Mantenere finalmente l’impegno del 2009 di stanziare 100 miliardi di dollari all’anno per fornire assistenza finanziaria ai Paesi a rischio estremo per i cambiamenti climatici. 
  • Garantire l’operatività del nuovo fondo per le perdite e i danni e assicurare impegni credibili sulla sua capitalizzazione. Come? Costruendo un quadro per un sistema di finanza climatica adatto allo scopo.
  • Aiutare i Paesi del Sud del mondo con un taglio del debito estero. Questi Stati sono infatti gravati da esborsi talmente onerosi da non riuscire a intraprendere la transizione ecologica. 
  • Assicurare i contributi dei Paesi che non hanno ancora contribuito alla ricostituzione del Fondo verde per il clima, già attivo, e ampliare la base dei contribuenti per garantire che l’attuale ricostituzione sia superiore del 50% rispetto alla prima. 

Inoltre il vero sostegno a un sistema finanziario che sostenga il clima e lo sviluppo deve includere giustizia e inclusione. Garantire un’equa distribuzione delle risorse, riconoscere gli impatti differenziati dei cambiamenti climatici sui Paesi e sulle comunità e affrontare le responsabilità storiche. Aumentare tutte le fonti di finanziamento e utilizzarle in modo più efficace fino a portare i capitali per il clima destinati ai Paesi meno sviluppati a quadruplicare da qui al 2030. 

Secondo la GABV serve una strategia olistica

Qui si apre un altro scenario: non solo dare concedere denaro ai Paesi in via di sviluppo ma anche aiutarli ad attuare cambiamenti strutturali. A spiegarlo è Upendra Poudyal, ex amministratore delegato della GABV (la Global Alliance for Banking on Values) per l’Asia e il Pacifico. L’alleanza nasce proprio con l’obiettivo di trasformare il sistema bancario per porlo in linea con il processo di decarbonizzazione. Con la limitazione della crescita della temperatura media globale a un massimo di 1,5 gradi centigradi, rispetto ai livelli pre-industriali. E con la creazione di condizioni per ecosistemi resilienti e per le società ed economie al loro interno.

Ad oggi alla finanza manca ancora tutto questo. Podayal ricorda che non abbiamo ancora raggiunto l’obiettivo. È necessaria una strategia olistica e completa per ottenere finanziamenti climatici più corposi, efficaci e rapidi.