Corporate tax sulle aziende, Francia e Germania dicono sì

La proposta anti-ottimizzazione fiscale di una corporale tax globale del 21%, giunta dagli Stati Uniti, è stata accolta dai governi di Parigi e Berlino

Dopo gli Usa, anche Francia e Germania approvano una tassa sulle aziende del 21% @ Dilok Klaisataporn/iStockPhoto


La Francia e la Germania si sono dette favorevoli al progetto di imporre una corporate tax di almeno il 21%, comune a tutti i Paesi del mondo, sui profitti delle imprese. Si tratta di un’idea avanzata dal nuovo presidente degli Stati Uniti Joe Biden. E che permetterebbe, grazie ad un flusso di cassa di 100 miliardi di dollari in più all’anno, di finanziare i piani di rilancio mondiale post-pandemia.

La corporate tax sulle aziende potrebbe essere applicata dal 2022

La proposta è stata avanzata nella prima settimana di aprile. È quindi di martedì 27 aprile, la notizia della reazione favorevole dei governi di Parigi e di Berlino. Si tratta di un segnale positivo, poiché, qualora Washington dovesse effettivamente riuscire a creare un ampio consenso attorno alla proposta, quella che si prospetta sarebbe un’autentica rivoluzione fiscale
Un possibile calendario è già stato abbozzato in questo senso dai ministri delle Finanze dei Paesi del G20. I contorni della nuova imposta “globale” potrebbero essere definiti già alla metà dell’anno in corso. E a partire dal primo semestre del 2022, l’imposta potrebbe essere applicata concretamente. 

Gli Stati perdono centinaia di miliardi di dollari all’anno

La necessità di un tour de force è legata alla volontà di evitare malumori, passi indietro e ostacoli. Le discussioni attorno ad una possibile tassa sulle transazioni finanziarie in Europa hanno dimostrato chiaramente quanto complicato possa essere un negoziato simile. E sulla corporate tax mondiale le reticenze rischiano di essere altrettanto numerose. 

I grandi gruppi multinazionali, in particolare, sarebbero i più colpiti dalla nuova tassa. Quasi tutte le grandi aziende hanno infatti fatto uso della cosiddetta “ottimizzazione”. Che consiste nello “scegliere” le giurisdizioni più convenienti dal punto di vista fiscale, al fine di risparmiare. Una pratica il cui valore è di centinaia di miliardi di euro all’anno. Per questo, è indubbio che le lobby cercheranno di annacquare la proposta giunta dalla Casa Bianca. 

La corporate tax potrebbe porre sotto scacco i paradisi fiscali

Occorre, dunque, battere il ferro finché è caldo. Soprattutto in una fase nella quale le nazioni di tutto il mondo sono chiamate ad aprire i cordoni delle borse per finanziare il rilancio economico e la transizione ecologica. Tecnicamente, il principio della corporate tax è semplice: tassare tutti i profitti di un’impresa di una data nazione ad almeno il 21%. Ciò a prescindere da dove essa abbia dichiarato amministrativamente la propria sede sociale. I paradisi fiscali, in questo senso, sarebbero sotto scacco.