Crisi climatica: il cibo costa sempre di più
Caldo, siccità e alluvioni fanno impennare i prezzi del cibo, minacciando salute, sicurezza alimentare e stabilità politica in tutto il mondo
Caldo, incendi, siccità, inondazioni. Gli eventi meteorologici estremi causati dai cambiamenti climatici stanno facendo aumentare i prezzi dei prodotti alimentari in tutto il mondo. E questi repentini aumenti dei prezzi del cibo hanno un impatto devastante sull’accesso al cibo per la parte più povera della popolazione. Quindi anche sulla sicurezza alimentare e sulla salute pubblica. Non solo dei Paesi del Sud del mondo, come è facile aspettarsi, ma anche di quelli cosiddetti ricchi e sviluppati dove sempre più persone vivono ai margini della soglia di povertà.
E non è finita qui. Perché l’aumento dei prezzi del cibo ha effetti anche sulla stabilità politica di interi Paesi. O di intere aree geografiche. I picchi dei prezzi portano infatti a una serie di conseguenze sociali a cascata, che possono essere nutrizionali, economiche e politiche. Perché le persone hanno sempre più difficoltà a permettersi il cibo.
E così, all’aumento dei prezzi si possono collegare le carestie nel Sudest asiatico o anche rivolte per il pane in Mozambico. O il fatto che negli Stati Uniti e nel Regno Unito, nel cuore del cosiddetto primo mondo, le fasce più povere della popolazione rinunciano ogni giorno di più a frutta e verdura, con conseguenze importanti per la salute. Basti pensare che già oggi una persona su sei negli Stati Uniti e nel Regno Unito soffre di insicurezza alimentare.

Eventi estremi e rincari alimentari
Tutto questo lo si evince da un rapporto pubblicato a luglio sulla rivista Environmental Research Letters. Il team di scienziati e ricercatori negli ultimi due anni ha monitorato sedici eventi meteorologici estremi –ovvero «qualsiasi evento al di fuori di quanto visto in precedenza» – e li ha collegati a specifici aumenti dei prezzi del cibo in determinate aree geografiche. Dalla ricerca, basata su uno studio precedente condotto in collaborazione con la Banca Centrale Europea e pubblicato nel 2024, emerge un quadro a tinte assai fosche.
Per capirci, il report sottolinea come il caldo estremo e le condizioni del suolo secco nell’estate del 2022 hanno portato a un aumento del 80% dei prezzi delle verdure in California e Arizona. O come la siccità tra il 2022 e il 2023 ha portato a un aumento del 50% dei prezzi dell’olio d’oliva in Spagna e in Italia. Mentre l’ondata di caldo del 2024 in Costa d’Avorio e Ghana, Paesi produttori del 60% del cacao mondiale, che hanno fatto aumentare il prezzo del cacao di oltre il 300%.
La siccità in Brasile nel 2023 ha portato a un aumento del 55% dei prezzi dei chicchi di caffè Arabica. E l’ondata di caldo in Asia nel 2024 ha raddoppiato i prezzi del caffè Robusta. Lo stesso aumento di temperature che ha fatto aumentare del 50% il prezzo del riso in Giappone. E del 30% quello di frutta e verdura in Cina. Mentre in Australia le alluvioni della primavera del 2022 hanno fatto aumentare il prezzo della lattuga addirittura del 300%.
Prezzi del cibo: seconda causa di morte climatica
«Possiamo osservare che esiste un ampio contesto globale per quanto accaduto negli ultimi anni, che si estende dall’Asia orientale all’Europa fino al Nord America», ha spiegato Maximillian Kotz, ricercatore presso il Centro di Supercalcolo di Barcellona e autore dello studio. «Quello che abbiamo scoperto è la prova evidente che temperature anormalmente elevate determinano aumenti dei prezzi del cibo e dell’inflazione complessiva. E che pertanto in futuro, con l’intensificarsi del caldo, ci aspettiamo di vedere sempre più aumenti di questo tipo. Il nostro articolo deve essere un invito all’azione. L’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari è la seconda causa di morte dovuta agli impatti climatici, subito dopo il caldo estremo».
Raj Patel, ricercatore presso l’Università del Texas ad Austin e membro dell’International Panel of Experts on Sustainable Food Systems, ha spiegato che il principale avvertimento dello studio – ovvero che i cambiamenti climatici porteranno a ulteriori impennate dei prezzi – suggerisce che in futuro emergeranno «terribili conseguenze sociali». Patel ha fatto riferimento al numero già elevato di persone considerate insicure dal punto di vista alimentare, che si stima essere di circa 733 milioni, ovvero circa una su 11 a livello globale.
«Ovviamente, questa cifra è destinata a salire come conseguenza diretta dei cambiamenti climatici», ha concluso Patel. Anche perché le proiezioni dell’analisi condotta dai ricercatori di quindici università nell’ambito del Climate Impact Lab, un consorzio di ricerca dell’Università di Chicago, dicono che ogni grado aggiuntivo di riscaldamento globale ridurrà la capacità mondiale di produrre cibo di 120 kcal a persona al giorno. Ovvero il 4,4% dell’attuale consumo giornaliero. Se la salute e il benessere delle persone deriva da quello che mangiano, la lenta ma inesorabile scomparsa del cibo diventa quindi uno dei problemi più urgenti per questa e per le prossime generazioni.
Ultima Generazione contro i rincari alimentari da crisi climatica
«Dall’11 ottobre boicottiamo i supermercati: tagliamo l’Iva!». Si chiama così la campagna di Ultima Generazione che cerca di offrire una risposta al problema dell’aumento dei prezzi del cibo dovuto ai cambiamenti climatici. «La crisi climatica distrugge i nostri raccolti con alluvioni e siccità. I prezzi del cibo sono alle stelle mentre gli agricoltori vengono schiacciati dalle grandi catene di supermercati, che continuano ad arricchirsi. Il governo deve intervenire tagliando l’Iva sui beni essenziali e prendendo i soldi da chi questa crisi l’ha causata».
«Chi rompe paga. La transizione non può essere finanziata con le nostre tasse ma con le ricchezze e con i privilegi di chi ha speculato per decenni sul nostro benessere e sul nostro ambiente. È responsabilità del governo reperire le risorse dove già esistono: l’agribusiness, la grande distribuzione, i grandi patrimoni, l’industria fossile e quella militare», spiegano i promotori della campagna, che ha già ottenuto 30mila adesioni e punta a raggiungere le 100mila persone entro il prossimo ottobre.
«Il boicottaggio coordinato è una tattica potente», concludono gli attivisti di Ultima Generazione. «Coinvolge migliaia di persone e mette una pressione reale sul governo e sulla grande distribuzione organizzata. Boicottare in maniera coordinata i luoghi dove compriamo i beni essenziali (i supermercati ndr.) ci permette di mandare un messaggio: non saremo noi a pagare questa crisi. Non solo. Mettendo pressione su di loro, sia economica che d’immagine, li costringiamo a spingere il governo a tagliare l’Iva sui beni essenziali».
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