Dall’Ontario all’India, il mondo che prova il reddito universale

Un filo comune lega le esperienze di basic income: più i sistemi di welfare sono carenti, più sono positivi gli effetti nella riduzione della povertà

Andrea Di Stefano
Andrea Di Stefano
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La crisi scatenata nel 2007 dalla finanza speculativa legata ai mutui subprime ha aggravato le condizioni di povertà e spinto milioni di persone in tutto il mondo verso livelli al di sotto della sussistenza. Una situazione che ha convinto moltissime comunità ad avviare sperimentazioni e progetti di reddito di cittadinanza in ogni parte del mondo.

Le caratteristiche principali sono il forte radicamento territoriale, l’obiettivo di ridurre la fascia di cittadini (e minori) in povertà estrema ma, anche, in alcuni casi offrire un reddito di emergenza per chi era stato aveva perso lavoro e\o la casa.

Gli effetti sono ancora tutti da misurare anche perché conta moltissimo il contesto base. Laddove il sistema di welfare è inesistente o minimo (come in India e Namibia) l’introduzione di una forma di reddito di cittadinanza ha avuto effetti positivi come evidenzia un recente rapporto dell’Ilo (l’Organizzazione Internazionale del Lavoro) che porta la firma, tra gli altri, della direttrice del dipartimento politiche sociali, Isabel Ortiz: «Le sperimentazioni in India e Namibia hanno generato impatti positivi sui beneficiari e sulle loro famiglie, in particolare per quanto riguarda l’accesso al cibo e alla nutrizione, il miglioramento della salute, le iscrizioni scolastiche e una marcata riduzione del lavoro minorile. Non è sorprendente vedere impatti positivi significativi di un trasferimento di denaro a individui e famiglie povere».

Quanto costa il basic income
Costo del reddito minimo universale come % del PIL, per le diverse regioni mondiali e per categorie di reddito. FONTE: Universal Basic Income proposals in light of ILO standards.

Corea del Sud

Esempio emblematico di questa forte spinta territoriale è il caso sudcoreano. A Gyeongii-do, capoluogo della più popolosa provincia del Paese con 13 milioni di residenti, è stato sperimentato per due anni un Dividendo giovani – Youth dividend destinato ai cittadini minori di 24 anni che ricevevano 220 dollari corani ogni trimestre.

Il sindaco della città, Jae-myung Lee, che nel frattempo è diventato governatore della provincia, ha annunciato che intende attivare il sistema per tutta l’area e lo scorso 1° luglio ha istituito una commissione sul reddito di base che possa anche consultare la popolazione e la società civile. In Corea del Sud c’è un dibattito molto partecipato in tutto il paese anche perché l’Universal Basic Income è stato oggetto di analisi e ricerca accademica. Particolare attenzione viene prestata ai piccoli agricoltori che negli ultimi anni hanno registrato una caduta del reddito: nel 2016, il guadagno medio della famiglia di un piccolo coltivatore è risultato pari al 63,5% di quello di un lavoratore urbano.

Ontario

Il governo dell’Ontario sta conducendo un esperimento in tre località: Hamilton, Thunder Bay e Lindsay, e potrebbe in seguito includere uno studio aggiuntivo presso una comunità della First Nations (le popolazioni indigene). L’analisi finora coinvolge un gruppo sperimentale di 4mila persone a basso reddito di età compresa tra 18 e 64 anni. I ricercatori sperano di esaminare gli effetti di una negative income tax sugli indicatori della qualità della vita, sull’atteggiamento verso l’occupazione, l’istruzione e l’auto-imprenditorialità.

Anche se le persone che conducono lo studio lo chiamano “reddito di base”, si tratta di un’imposta sul reddito negativa che è condizionata non solo dal reddito, ma anche dalle dimensioni delle famiglie. Le persone single ricevono un massimo di 16,989$ canadesi all’anno, mentre le coppie ricevono un massimo di 24,027$ canadesi come rimborso delle tasse che non pagano perché sono senza reddito o ne possiedono uno bassissimo.

Olanda

Molto complesso l’esperimento, e il dibattito, in corso nei Paesi Bassi. Tutto ha preso le mosse nel 2015 dalla legge sulla partecipazione territoriale che obbliga i comuni a presentare progetti che volti a stimolare la ricerca di un lavoro da parte dei cittadini destinatari, sotto varie forme, di sussidi. Wageningen, Tilburg e Groningen dopo un lunghissimo e defatigante confronto con il ministero del Welfare sono riuscite a partire nell’ottobre dello scorso anno con un meccanismo di sussidio universale e diffuso ma fortemente condizionato dalla disponibilità all’avvio al lavoro. Utrech è ancora in attesa, mentre Nijmegen ha in corso una sperimentazione, rivolta a 400 cittadini, che è partita il primo dicembre dello scorso anno e si concluderà nel 2019.

Non si tratta assolutamente di reddito di cittadinanza perché da parte del ministero del Welfare viene esercitato un rigido e costante controllo delle sperimentazioni affinché siano fortemente condizionate da percorsi di avviamento al lavoro.

La prima valutazione in merito, anche se priva di dettagli, è arrivata dal direttore del dipartimento di sociologia dell’Università di Anthwerp, Ive Marx e ripresa dal quotidiano in lingua inglese Flanders Today.

La simulazione (ad oggi non disponibile) prevede l’introduzione di un reddito base mensile di € 700 per tutti i cittadini di età compresa tra i 18 ei 64 anni nei Paesi Bassi, in base al salario minimo del Paese.

L’analisi avrebbe rilevato che l’introduzione di un tale sistema costerebbe circa 94 milioni di euro e dovrebbe essere finanziato aumentando le tasse e tagliando vari benefici come il sussidio di disoccupazione e l’assegno per figli. Queste misure comporterebbero una perdita per almeno tre quarti degli attuali percettori di sussidi e il 30% avrebbe una riduzione di più di un decimo del loro reddito.

La ridistribuzione tramite il reddito di base sembra ridurre leggermente la disuguaglianza, ma la simulazione ha mostrato che i livelli di povertà sono aumentati di 3 punti percentuali. Il nodo, come si vede, è quello relativo alla coabitazione con gli strumenti di welfare e i meccanismi di finanziamento.

India

E’ a tutti gli effetti l’esempio più rilevante tra i paesi poveri e non a caso si è guadagnato ampio spazio positivo anche sull’Economist.

Un primo, piccolo, esperimento condotto nel 2010 nello stato del Madhya Pradesh ha spinto il ministro delle Finanze Arun Jaitley a dedicare all’ipotesi di un reddito minimo universale quaranta pagine del rapporto economico alla nazione del 2017. Sono due gli Stati che dovrebbero partire con una erogazione di denaro contante pari a circa 120$ annui a tutti cittadini che si trovano in una condizione di povertà assoluta.

Secondo le stime del capo economista del governo, Arvind Subramanian, l’applicazione di questo reddito universale a tutta l’India potrebbe azzerare la quota degli indiani in condizione di povertà estrema che oggi rappresentano il 22% della popolazione.

Arvind Subramanian

Namibia 

Dal 2008 al 2010 tutti i cittadini con meno di 60 anni di età residenti nella regione Otjivero – Omitara hanno ricevuto 100 $ namibiani al mese in modo incondizionato (pari a circa 5€\mese). Dopo la fine della sperimentazione, la coalizione governativa e di organizzazioni non governative che aveva promosso il progetto è riuscita a prolungare l’erogazione dell’UBI per 80$N al mese sino alla fine del 2012.

Gli effetti secondo i ricercatori che hanno seguito il progetto sono stati palpabili: la povertà assoluta che si attestava al 77% è scesa al 37% e tra le persone che non erano migranti si è abbassata ulteriormente al 16%. I bambini denutriti sono scesi dal 42 al 10% in soli otto mesi ed è cresciuta in modo considerevole la condizione sanitaria complessiva.