ETS, come cambia il mercato europeo che vuole incentivare la decarbonizzazione
Il parlamento europeo ha approvato una riforma del sistema ETS (Emission Trading System), per la compravendita di "diritti ad inquinare"
A larga maggioranza, martedì 18 aprile, il Parlamento europeo in seduta plenaria ha approvato una serie di misure che rappresentano i pilastri che mettono a terra il pacchetto Fit for 55. Cioè l’impegno dell’Unione Europea di tagliare del 55 per cento le emissioni di gas ad effetto serra entro il 2030. È un voto storico, «la santa trinità del clima», lo ha definito un parlamentare, che arriva dopo anni di negoziati e discussioni.
Tutto si spiega
Cos’è e come funziona il mercato ETS dei “diritti ad inquinare”
Nato nel 2005, il mercato ETS è la risposta europea alle sfide climatiche. Che però ha funzionato solo in parte. E che per questo è stato riformato
E ha il potenziale di rendere l’Europa sempre più protagonista del processo globale di decarbonizzazione. Come ha commentato Michael Bloss, europarlamentare dei Verdi, questo voto rappresenta «la più grande leva per abbattere le emissioni di CO2 in Europa». Con la decisione dell’Europarlamento è stato reso più stringente e ambizioso il sistema ETS, l’Emission Trading System, che regola lo scambio di quote di emissioni sui permessi a inquinare dell’Unione.
Come cambia il sistema ETS
È stato dato il via libera al sistema parallelo ETS 2, con nuovi settori coinvolti (edifici e trasporti). Inoltre, è stato creato un meccanismo di aggiustamento del prezzo delle quote di emissione di CO2 alle frontiere per una serie di prodotti ad alte emissioni che arrivano da fornitori extra UE. È stato infine messa a punto una rete di protezione sociale per aiutare cittadini e piccole imprese che rischiano di essere messi più in difficoltà dalle nuove riforme. Il voto è definitivo, ma dovrà essere approvato dal Consiglio europeo per entrare in vigore.
L’ETS esiste dal 2005 e copre i settori produttivi ad alto tasso di emissioni di CO2 (i più energivori e la produzione stessa di energia). Come ha scritto Ursula von der Leyen su Twitter, l’ETS non serve solo a «mettere un prezzo delle emissioni», ma anche a «incentivare le aziende a investire in tecnologia pulita». L’obiettivo per questi settori è ridurre le emissioni del 62 per cento entro il 2030.
Addio alle quote gratuite a partire dal 2026 (ma con calma)
Oggi il sistema in vigore prevede una serie di quote concesse gratuitamente per tenere bassi i prezzi. Il Parlamento ha deciso la loro progressiva cancellazione, in modo graduale, partendo da un taglio del 2,5 per cento nel 2026, del 5 per cento nel 2027, arrivando anno dopo anno al taglio del 73,5 per cento nel 2032, dell’86 per cento nel 2033 fino alla loro definitiva scomparsa nel 2034. Un altro importante cambiamento strutturale nel voto europeo è l’ingresso delle emissioni di gas serra del trasporto marittimo all’interno del meccanismo delle quote ETS.
Lo schema parallelo ETS 2 coprirà le emissioni da combustibili fossili che derivano dagli edifici e dal trasporto su strada. Il sistema di quote e scambi partirà dal 2027 (un anno dopo quanto richiesto dalla Commissione Europea), ma con due meccanismi di salvaguardia. L’entrata in vigore dell’ETS 2 potrebbe slittare di un ulteriore anno se i prezzi dell’energia fossero eccezionalmente alti. Inoltre, se le quote dovessero superare i 45 euro, verranno rilasciati 20 milioni di quote aggiuntive per abbassare i prezzi. Alcuni eurodeputati ecologisti e di sinistra hanno tuttavia sottolineato come questo tetto non sia garantito, poiché «il prezzo sarà fissato dal mercato», come evidenziato dalla parlamentare verde francese Marie Toussaint.
Nasce il CBAM per evitare la concorrenza sleale di produttori stranieri
Il cambiamento più sostanziale e discusso è però la creazione del cosiddetto CBAM, il Carbon Border Adjustment Mechanism, un sistema creato per evitare la concorrenza sleale di produttori stranieri – che non devono pagare quote di emissioni nei mercati di origine – all’interno dell’Unione Europea. È un vero e proprio dazio sulla CO2 in entrata. Che ha anche l’obiettivo di imporre le regole europee non solo come uno standard all’interno dell’Unione ma anche come una leva globale. Per alzare l’ambizione climatica in una serie di settori chiave. Per usare le parole felpate di von der Leyen, questo è anche un modo per «incoraggiare i partner commerciali dell’Unione Europea verso la decarbonizzazione».
I prodotti per i quali si applicherà il CBAM sono ferro, acciaio, cemento, alluminio, fertilizzanti, idrogeno. Chi vuole importare questi beni dovrà pagare non solo il loro costo stabilito dal produttore extra-Ue, ma anche la differenza di prezzo rispetto al mercato europeo regolato da ETS. È un modo per livellare il mercato sulle ambizioni europee. Il CBAM inizierà a entrare in vigore a partire dal 2026 e il processo di adozione sarà completo nel 2034, e sarà quindi parallelo alla scomparsa delle quote gratuite ETS.
Un fondo ad hoc per tutelare le fasce più vulnerabili della società
Il quarto pilastro è quello sociale. Il CBAM, il nuovo ETS 2 e le regole più stringenti per il meccanismo originario ETS rischiano di avere ricadute negative sulle fasce più vulnerabili della società e dell’economia dell’Unione Europea. Per tutelarle gli Stati membri potranno attingere risorse economiche da un fondo ad hoc, il Social Climate Fund, che ha lo scopo di proteggere famiglie, utenti dei trasporti e piccole imprese che rischiano di essere i più esposti agli inevitabili rincari dei prezzi.
Il Social Climate Fund è un meccanismo di redistribuzione. Sarà finanziato propio con i proventi della vendita di quote ETS e dovrà raggiungere 65 miliardi di euro, con in più un 25 per cento che sarà aggiunto dai singoli Stati. Il valore di questa rete di protezione europea dovrebbe quindi essere intorno agli 86,7 miliardi di euro.