«L’Europa tuteli i giornalisti dalle azioni legali dei big delle fossili»

Venti organizzazioni hanno scritto alla Commissione europea per bloccare le azioni legali intimidatorie contro giornalisti e attivisti

Una manifestante di fronte ad un sito petrolifero © Halfpoint/iStockPhoto

Neppure l’Europa è un luogo sicuro per i giornalisti. Al contrario, minacce, censure, violenze e perfino casi di assassinii sono a livelli inquietanti nel Vecchio Continente. A confermarlo è stato Pavol Szalai, responsabile per i Balcani di Reporter senza frontiere, il 14 aprile scorso, parlando al quotidiano britannico The Guardian.

Cosa sono le azioni legali chiamate SLAPP

Eppure l’importanza di informare ed essere informati non cessa di aumentare. Soprattutto in una fase di grandi cambiamenti come quella attuale, con il mondo intero – non solo l’Europa – chiamato ad operare una transizione ecologica epocale. Per poter centrare gli obiettivi che la comunità internazionale si è data in termini di limitazione del riscaldamento globale

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La miniera di carbone di Garzweiler in Germania © Bert Kaufmann/Wikimedia Commons

È anche per questo che oggi, alla vigilia della Giornata mondiale della libertà di stampa (che si celebra il 3 maggio), oltre venti organizzazioni europee hanno inviato una lettera alla vice-presidente della Commissione europea Věra Jourová. Ciò, spiegano, «con l’obiettivo di chiedere di includere, nell’imminente iniziativa che l’organismo esecutivo di Bruxelles sta approntando sulle Strategic Lawsuit Against Public Participation (SLAPP), una proposta legislativa per una direttiva che protegga giornalisti, organizzazioni e attivisti dalle tattiche di intimidazione legale ampiamente utilizzate dalle compagnie di combustibili fossili. La funzione di controllo e informazione che svolgono i media è ancora più importante nel processo di transizione economica avviata dall’Europa e dai Paesi Ue che aderiscono al programma Next Generation EU».

L’obiettivo è colpire giornalisti e attivisti per cercare di disincentivare le proteste

Le SLAPP, precisano i firmatari, «sono cause “strategiche” contro la pubblica partecipazione. Si tratta di azioni in sede civile – anche identificate come “querele bavaglio” – che hanno come obiettivo quello di disincentivare la protesta pubblica. Colpendo le tasche delle parti chiamate in causa. Cioè uno stratagemma che, creando un precedente molto grave, potrebbe soffocare sul nascere critiche e proteste. Come sottolineato in un recente studio della Commissione europea, “Ad-Hoc Request on SLAPPs in the EU”, “le SLAPP sono sempre più utilizzate in tutti gli Stati membri. In un ambiente che sta diventando sempre più ostile verso i giornalisti, i difensori dei diritti umani, e varie ONG”». 

In termini concreti, tali azioni legali, «dato lo squilibrio di potere spesso intrinseco in tali controversie», possono portare ad importanti risultati per chi le avvia. Dal momento che «la sola prospettiva di una lunga causa legale può essere sufficiente per mettere a tacere l’informazione e i critici. Le minacce legali sono quindi spesso usate per intimidire chi denuncia».

I casi di Eni e della tedesca RWE

In particolare, nella lettera viene citato il caso di Eni – società partecipata dallo Stato italiano – nei confronti del Fatto Quotidiano. La compagnia, affermano le venti organizzazioni «lo scorso dicembre ha avanzato una richiesta di 350mila euro di danni al giornale italiano in relazione a 29 articoli scritti sull’azienda. Il Cane a sei zampe chiede inoltre che il Fatto Quotidiano rimuova dal proprio sito gli articoli in questione». Ma anche «la società tedesca di energia RWE negli ultimi anni ha intentato una causa per diffamazione di 50mila euro contro un giovane attivista per il clima che aveva semplicemente chiesto atti di disobbedienza civile su Twitter. Così come ha fatto causa per 2 milioni di euro ad alcuni attivisti per il clima – e a un giornalista che li accompagnava – per aver bloccato una centrale a carbone».

La lettera è stata firmata da Blueprint for Free Speech, Civil Liberties Union for Europe, Corporate Europe Observatory (CEO), European Centre for Press and Media Freedom (ECPMF), European Federation of Journalists, Fondazione Finanza Etica, Friends of the Earth Europe, Générations Futures (France), Greenpeace, Human Rights Centre, Ghent University and Legal Human Academy, Index on Censorship, Kyoto Club, Legambiente, Les Amis de la Terre-Belgique, Mighty Earth, OBC Transeuropa, ReCommon, The Daphne Caruana Galizia Foundation, Transport & Environment, Umweltinstitut München e WWF Italy.