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Francia, la guerra dell’acqua tra i colossi Veolia e Suez

Il colosso francese della gestione di acqua Veolia punta a comprare la concorrente Suez. Con tanti rischi e l’aiuto di un fondo d’investimento.

Il presidente francese Emmanuel Macron © Pietro Naj-Oleari/European Union 2018-EP/Flickr

Uno scontro tra colossi. Un fondo d’investimento pronto al grande passo. Il rischio di un quasi-monopolio privato. E un governo che non si oppone. Si può riassumere così il feuilleton industriale e finanziario che sta riempendo da settimane le prime pagine dei giornali francesi. E che vede protagoniste le aziende specializzate nell’erogazione di acqua potabile (e non solo) Suez e Veolia.

Lo stop del tribunale di Parigi all’operazione tra i colossi dell’acqua Veolia-Suez

Quest’ultima ha lanciato un’OPA (offerta pubblica d’acquisto) sulle azioni di Suez (ex Lyonnaise des eaux), sua concorrente. Inizialmente con un acquisto del 30% del capitale, ma con l’obiettivo di comprare la totalità della compagnia. Un’operazione che sembrava fatta, per lo meno per la prima parte. Ma che è stata bloccata improvvisamente venerdì 9 ottobre. Il tribunale di Parigi, con una procedura d’urgenza, ha infatti disposto la sospensione dell’operazione. Secondo i magistrati, i rappresentanti dei lavoratori non sono stati sufficientemente informati in merito al piano industriale di Veolia. Una delle ragioni per le quali tre senatori di sinistra hanno chiesto una commissione d’inchiesta per chiarire i contorni della vicenda.

Si tratta tuttavia solo di un ultimo capitolo di una lunga battaglia, cominciata (quasi per caso) lo scorso 30 agosto. All’epoca, l’azienda numero uno nella distribuzione di acqua (e nel trattamento dei rifiuti) in Francia aveva manifestato la volontà di acquisire Suez. Primo passo, comprare la quota (30% appunto) di capitale detenuto dalla compagnia Engie (ex GDF Suez, nata nel 2008 dalla fusione di Gaz de France e della stessa Suez), che se ne voleva disfare.

Un affare da 3,4 miliardi di euro che per il primo ministro Castex «ha senso»

Un affare da 3,4 miliardi di euro (il 50% in più rispetto alla quotazione in Borsa), concluso nonostante il parere contrario dello Stato, azionista di Engie al 23,6%. Ma che (paradossalmente) sembra aver giovato della benedizione del primo ministro Jean Castex, che ha avuto modo di dichiarare: «L’operazione ha senso».

francia, il primo ministro Jean Castex ha dato la sua benedizione all'operazione Veolia-Suez nel settore idrico e dei rifiuti © Florian Davids/Wikimedia Commons
Il primo ministro francese Jean Castex ha dato la sua benedizione all’operazione Veolia-Suez nel settore dell’acqua e dei rifiuti © Florian Davids/Wikimedia Commons

Dall’estate ad oggi sono passate così numerose settimane di intense trattative. Con Suez che ha ripetuto a più riprese la propria opposizione alla vendita. Le ragioni? I rischi per l’occupazione. Ma soprattutto la partita di sponda che intende giocare Veolia, dominata dalla logica del breve termine. L’obiettivo è infatti la possibilità di incassare liquidità immediata. Ma così si rinuncia per sempre ai generosi dividendi che Engie centra ogni anno con Suez. E che lo Stato centra con Engie. A tutto vantaggio proprio di Veolia, che punta a realizzare maggiori economie di scala, a sbarazzarsi di un concorrente, e ad soddisfare le norme antitrust giocando, appunto, con un partner.

Il ruolo del fondo d’investimenti Meridiam

Secondo quanto riferito dalla stampa transalpina, infatti, l’azienda ha già stretto un accordo con il fondo d’investimenti Meridiam di Parigi. Al quale si punta a cedere tutte le attività francesi di Suez nel settore idrico. Ovvero un quarto del fatturato dell’impresa, nonché più di 10mila posti di lavoro.

Per ottenere il via libera dalle autorità per la concorrenza, infatti, Veolia doveva scongiurare il rischio di una situazione di quasi-monopolio. Poiché, assieme a Suez, l’azienda controlla «più di tre quarti del mercato privato dell’acqua in Francia, servendo oltre 33 milioni di persone», ha sottolineato il ministero dell’Economia in un rapporto. Inoltre, secondo i sindacati, Meridiam non ha l’esperienza tecnica per gestire un’azienda del genere in un settore così delicato. Senza dimenticare che passando al fondo, l’impresa perderebbe le unità dedicate alla ricerca.

Possibili ripercussioni per l’italiana Acea?

A tutto ciò si aggiunge poi un ulteriore potenziale problema. Con il passaggio sotto un’altra casa madre, gli enti locali francesi che hanno stipulato contratti con Suez potrebbero chiedere di rinegoziarne i termini. E lo stesso potrebbe accadere per quelli stipulati all’estero: i soggetti che hanno scelto Suez e non Veolia, potrebbero opporsi al fatto di trovarsi ad avere a che fare con un’azienda che avevano di fatto scartato. Il rischio è che si scateni un effetto-domino non da poco. Con conseguenze per la bilancia commerciale francese, dal momento che più di un terzo del fatturato di Suez proviene da attività esercitate al di fuori del continente europeo.

C’è inoltre da chiedersi se e quali ripercussioni possano esserci per soggetti esteri. Come l’italiana Acea, principale operatore nazionale con un bacino di utenza di circa 9 milioni di abitanti. Nel 2016, Suez aveva concluso infatti un accordo con il gruppo Caltagirone, per aumentare la propria partecipazione. Arrivando così al 23,33% del capitale di Acea e diventando il secondo azionista dopo il comune di Roma (al 51%).

Per i piccoli comuni, la municipalizzazione della gestione dell’acqua è una scelta complicata

In Francia, una conseguenza diretta dell’OPA di Veolia su Suez, potrebbe essere la decisione di numerosi enti pubblici di municipalizzare i servizi idrici. Come accaduto ad esempio a Parigi. Ma il ritorno al servizio pubblico potrebbe non essere così semplice, soprattutto per le realtà rurali. Che, spesso, non hanno né il denaro né le competenze per la gestione idrica. Soprattutto quando si tratta di interventi importanti nella rete di distribuzione: le città non hanno a disposizione le macchine necessarie per intervenire in profondità sulle canalizzazioni. Lavori nei quali sono invece specializzate proprio Suez e Veolia. Per comprendere la portata del problema, basti pensare che in Francia è presente una rete di tubi lunga 900mila chilometri.

In gioco, dunque, c’è (oltre a 5mila posti di lavoro che secondo i sindacati sarebbero a rischio), la bontà del servizio erogato ai cittadini. Il mensile Alternatives Economiques sottolinea che «numerosi osservatori dubitano sulla capacità del nuovo attore di essere realmente un concorrente per Veolia. Che potrebbe trovarsi dunque una situazione di quasi-monopolio». Un esperto ascoltato dalla rivista francese spiega in questo senso che «veder emergere in un settore già oligopolistico un attore che rappresenterà il 70% del mercato è inquietante».