Gas e nucleare nella tassonomia, Greenpeace porta l’Europa in tribunale
Nei giorni in cui la Germania dice addio al nucleare, Greenpeace fa causa alla Commissione per le fonti non rinnovabili nella tassonomia
Alla fine, com’era stato promesso, la denuncia è arrivata. Otto uffici europei di Greenpeace (Germania, Francia, Spagna, Italia, Belgio, Lussemburgo, Europa centrale e orientale e l’unità europea di Greenpeace) hanno presentato davanti alla Corte di Giustizia europea un ricorso contro la decisione della Commissione di Bruxelles di includere gas e nucleare nella tassonomia europea delle attività economiche considerate sostenibili.
Separatamente, anche le organizzazioni non governative ClientEarth, WWF, BUND (Amici della Terra Germania) e Transport and Environment hanno avviato azioni contro l’organismo esecutivo comunitario per l’inclusione del gas fossile nella tassonomia. E il governo austriaco, con il supporto del Lussemburgo, ha chiesto alla Corte di annullare quella che viene definita un’operazione di greenwashing.
Per arrivare alla neutralità, l’Europa accetta gas e nucleare tra gli investimenti
L’Europa punta a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 anche grazie agli investimenti delle imprese nel settore della sostenibilità. Per questo è stata creata la tassonomia, con l’obiettivo di indicare su quali attività occorre puntare e su quali no per raggiungere gli obiettivi climatici. Nel febbraio 2022, le istituzioni europee hanno dato l’ok all’inserimento di attività legate al gas e al nucleare tra gli investimenti che concorrono al raggiungimento della neutralità climatica, con il sostegno di due Paesi membri in particolare, la Germania per il gas e la Francia per il nucleare.
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Fin da subito, Greenpeace aveva annunciato un ricorso presso l’organo di giustizia comunitario. «Il gas è un combustibile fossile ed è la più grande fonte di emissioni per la produzione di elettricità in Europa», ha spiegato Nina Treu, direttrice esecutiva di Greenpeace Germania, una degli otto uffici europei di Greenpeace che accusano la tassonomia di essere diventato uno strumento di greenwashing. «Invece, il nucleare è pericoloso, costoso, vulnerabile rispetto agli effetti dei cambiamenti climatici e troppo lento per mitigare il riscaldamento globale».
La tassonomia verde europea accusa di incoerenza
Vero è che la Commissione stabilisce che tutte le nuove installazioni che prevedono l’uso di gas possono essere considerate green solamente se rimpiazzano una centrale a carbone. E che gli investimenti che includono gas e nucleare verranno distinti dagli altri, in modo da essere riconoscibili e permettere agli investitori di agire con cognizione di causa. Ma questo alle ong non basta: il testo della Commissione violerebbe l’idea stessa di una tassonomia verde nonché gli obiettivi climatici stabiliti dall’Accordo di Parigi.
«La legge europea impone coerenza alle nuove proposte legislative», spiega Anaïs Berthier, avvocata di ClientEarth. «Ma qui di coerenza non ce n’è». Infatti, come spiegano le organizzazioni, le centrali nucleari e gli impianti di gas possono ricevere investimenti al pari degli impianti di energia rinnovabile.
Di questo ne ha approfittato subito l’impresa elettrica francese Edf, che ha annunciato la sua intenzione di finanziare il mantenimento in servizio dei suoi reattori nucleari più vecchi attraverso l’emissione di obbligazioni verdi conformi alla tassonomia verde europea. Diversi istituti finanziari hanno preso le distanze da pratiche simili: tra queste c’è la Banca europea per gli investimenti (Bei).
Le organizzazioni non governative chiedono evidenze scientifiche
Nel ricorso, le ong sottolineano che gli standard di classificazione di cosa rientra nella tassonomia non si basano su criteri scientifici, come dimostra appunto il caso dell’inclusione di gas e nucleare, per i quali Bruxelles avrebbe ignorato il parere dei propri consulenti scientifici. «La Commissione dice che le centrali nucleari sono necessarie per la transizione, ma non c’è alcuna evidenza scientifica a riguardo», spiega Roda Verheyen, rappresentante giuridica di Greenpeace, che chiede che nel ricorso siano mostrati i pareri degli esperti attraverso cui la Commissione è giunta alla sua tanto criticata decisione.
Ora si attende un’udienza nel secondo semestre del 2024, seguita da un pronunciamento della Corte nel 2025. Le associazioni sperano di ottenere una vittoria che obblighi la Commissione a revocare l’atto delegato della tassonomia.
La Germania, intanto, chiude le ultime centrali nucleari (che valevano meno del 6% del mix)
Intanto la Germania ha chiuso definitivamente le sue ultime tre centrali nucleari. L’energia nucleare in Germania valeva solamente il 6% del mix energetico (era il 30% nel 2000) ma la decisione è stata criticata su molti fronti. Uno in particolare è quello guidato dalla ministra della Transizione energetica della Francia (nazione nuclearista, perciò di parte), Agnès Pannier-Runacher. La quale, commentando la scelta dei cugini europei finora alleati sui temi energetici, sostiene che l’energia prodotta dal nucleare ora verrà rimpiazzata da gas e carbone. Cioè due fonti non rinnovabili. E che pertanto tale scelta non va nella direzione tanto sperata della riduzione delle emissioni.
Ma le cose, dati alla mano, non stanno così. Se guardiamo i numeri, vediamo che la quota di carbone e lignite nel mix elettrico della Germania è passata dal 50,5% del 2000 al 31,4% del 2022. È invece esplosa quella delle energie rinnovabili, passata dal 6,6% sul totale del mix elettrico nel 2000 al 44% nel 2022. «Non si può dire che la Germania stia sostituendo l’energia nucleare con il carbone: anche considerando i dati di carbone e gas combinati, la tendenza è evidentemente al ribasso», ha spiegato lo specialista Nicolas Goldberg riportato dalla testata francese Novethic.
La Germania uscirà anche dal carbone e punta tutto sulle rinnovabili
È vero che c’è stato un “ritorno” al consumo di carbone in Germania dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e la conseguente crisi energetica. Ma la Germania ha già adottato un piano per eliminare gradualmente e in modo definitivo il carbone tra il 2030 e il 2038.
Per quanto riguarda il gas, poi, secondo documenti interni rivelati da Euractiv, la Germania prevede effettivamente di costruire fino a 21 GW di potenza installata di centrali elettriche a gas. «Ma attenzione – scrive la testata transalpina-, stiamo parlando di capacità aggiuntive e non di produzione». L’obiettivo di questi nuovi impianti è infatti quello di garantire la stabilità e l’affidabilità della rete elettrica. Ciò poiché l’obiettivo del governo tedesco è di puntare totalmente sulle rinnovabili, per raggiungere l’80% del mix elettrico nel 2030 e il 100% nel 2035. E se vale per la prima economia europea, nonché per una nazione fino a ieri estremamente dipendente dal carbone, può valere per tutti.