Il folle debutto in Borsa di Airbnb
Da 42 a 100 miliardi di dollari in una sola seduta. Per un’azienda che ad aprile ne valeva 18. E in un settore duramente colpito dalla pandemia
Nello scorso mese di aprile, nel pieno della prima ondata della pandemia, il valore del colosso degli affitti di breve durata Airbnb era stato valutato 18 miliardi di dollari. In quel momento, però, il fatturato dell’azienda era in caduta libera. La crisi scatenata dal coronavirus e dai conseguenti lockdown ha colpito infatti quasi tutti i settori economici. Alcuni, però, sono stati letteralmente affossati. È il caso, appunto, del turismo. Che le misure di confinamento e di distanziamento sociale hanno reso, soprattutto in alcuni periodi, impraticabile. E a risentirne non sono stati solo i piccoli esercenti ma anche i colossi.
Da Londra a Parigi e Barcellona, il turismo affossato dalla crisi
Airbnb, in particolare, era stata anche oggetto di una serie di nuove regolamentazioni, più stringenti. Soprattutto nelle principali mete turistiche. La combinazione di tali nuove norme e degli effetti della crisi ha fatto sì che, in una città come Londra, si sia passati da un totale di 85mila alloggi presenti sulla piattaforma alla fine del 2019 a 62mila nel mese di marzo. A Dublino, città-simbolo in termini di tensioni immobiliari in Europa (trovare un alloggio è considerato particolarmente difficile), gli annunci di affitti di lungo periodo risultavano in aumento del 64% alla fine di marzo.
A Parigi, metropoli che ha sofferto enormemente l’effetto-Airbnb, nel 2020 è aumentato del 50% rispetto all’anno precedente il quantitativo di monolocali proposti con affitti “tradizionali”. Una dinamica figlia, probabilmente, del calo delle visite (gli arrivi sono scesi del 68% nel mese di luglio, rispetto al 2019). Allo stesso modo, a Barcellona, il 40% degli appartamenti “turistici” è tornato al mercato tradizionale, secondo la Federazione spagnola Fevitur.
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Airbnb ha licenziato il 25% dei propri dipendenti
Una situazione, dunque, decisamente preoccupante per gli operatori del settore. Eppure giovedì 10 dicembre Airbnb ha fatto il suo ingresso in Borsa, a Wall Street. Il valore è stato subito fissato alla cifra stratosferica di 42 miliardi di dollari. E nella prima giornata di contrattazioni ha più he raddoppiato il proprio valore, superando i 100 miliardi.
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Il motivo? In parte può essere legato alle scelte dell’azienda, che ha annunciato il licenziamento del 25% dei suoi dipendenti (7.500 a livello mondiale), politica che non dispiace mai agli investitori. Ha poi tagliato alcuni business, come nel caso delle recensioni di hotel tradizionali sulla propria piattaforma. E ha limitato fortemente le pubblicità.
Ma tale “resilienza” può giustificare una simile euforia? Il dubbio è che possa trattarsi di un nuovo caso di “mancanza di comunicazione” tra la finanza e l’economia reale. D’altra parte, non si tratterebbe di una novità. Nonostante un 2020 drammatico per i Pil di quasi tutte le nazioni del mondo, nonostante una recessione globale senza precedenti e nonostante un outlook particolarmente incerto, le Borse già nel mese di giugno avevano ritrovato i valori di prima della crisi.
La distanza siderale tra Borse e economia reale
Tanto che uno studio mensile realizzato in quel periodo da Bank of America spiegava che secondo il 78% degli investitori internazionali i valori azionari erano sopravvalutati. Anche Gita Gopinath, capo economista del Fondo monetario internazionale, parlava di «una divergenza sorprendente tra i mercati finanziari e l’economa reale».
Il che rischia di comportare «una grande volatilità» con possibili «forti correzioni». Ovvero titoli che possono salire e scendere repentinamente. Il tutto drogato dalle immense iniezioni di liquidità operate nel corso della crisi. Una manna per chi usa la finanza non al servizio dell’economia ma per speculare sulle fluttuazioni.