L’economia che pensa all’ambiente: come creare 800mila posti in 5 anni

Uno studio della Fondazione Sviluppo sostenibile calcola: affrontare 5 grandi tematiche ambientali produrrebbe quasi 700 miliardi di aumento di produzione e 242 miliardi di valore aggiunto

Emanuele Isonio
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Emanuele Isonio
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190 miliardi di investimenti con circa 682 miliardi di aumento della produzione e 242 miliardi di valore aggiunto, creando circa 800mila nuovi posti di lavoro al 2025. Altro che flat tax e Quota 100. Affrontare seriamente alcuni grandi problemi ambientali potrebbe dare il tanto agognato impulso per l’economia italiana e i tassi occupazionali. Il calcolo arriva da uno studio (“Rilanciare l’economia e l’occupazione in Italia con misure e politiche al 2025 per 5 obiettivi strategici di green economy”) che la Fondazione per lo Sviluppo sostenibile (Susdef) ha realizzato in collaborazione con gli economisti del Cles (centro di ricerche sui problemi del lavoro, dell’economia e dello sviluppo).

Cinque obiettivi della green economy

L’analisi, presentata stamattina a Roma, si è concentrata sulle ricadute economiche connesse con cinque obiettivi cruciali nella transizione verso un’economia a basso impatto ambientale:

  • la riduzione dei consumi di energia nelle case, nelle scuole e negli uffici;
  • un forte aumento delle energie rinnovabili per rispondere alla crisi climatica;
  • i forti impatti generati dallo spreco di risorse e dallo smaltimento dei rifiuti accelerando il cambiamento verso l’economia circolare;
  • il miglioramento delle città con un programma di rigenerazione urbana;
  • un percorso per una mobilità sostenibile.

«Lo studio – sottolinea Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo sviluppo Sostenibile – documenta come sia arretrato il pregiudizio che porta a ritenere che ogni misura ambientale sia solo un costo economico e come, invece, servano misure ambientali efficaci per prevenire e ridurre costi crescenti generati dalla crisi climatica, da un modello lineare di economia, da città inquinate e congestionate. E come queste misure possono essere oggi anche una formidabile leva di nuovo sviluppo sostenibile e di nuova occupazione».

Degli 800mila posti di lavoro attesi secondo lo studio, l’apporto maggiore sarebbe legato al forte aumento delle fonti energetiche rinnovabili (oltre 310mila nuovi occupati nel prossimo quinquennio) e dall’accelerazione della transizione verso l’economia circolare. «Per sviluppare i potenziali occupazionali della green economy – si legge nello studio – abbiamo bisogno di giovani qualificati nelle competenze professionali richieste e anche di possibilità di aggiornamento e riqualificazione di personale già occupato o rimasto senza occupazione. L’ILO (l’organizzazione internazionale del lavoro, ndr) afferma che lo sviluppo delle competenze è fondamentale per la costruzione della resilienza e per i processi di adattamento che garantiscono anche un lavoro dignitoso».

Ristrutturare 35 milioni di metri quadri di case

Oltre il 40% dei consumi energetici finali in Italia è riconducibile al settore residenziale e terziario: si tratta del comparto più energivoro del Paese. Per compiere questa vasta operazione di risparmio energetico sia su edilizia pubblica che privata sono necessari – calcola lo studio Susdef – investimenti di 19,3 mld in sei anni (8 mld per i pubblici e 11,3 mld per i privati).

E dove si possono rintracciare i fondi per gli investimenti? «I primi – suggeriscono gli esperti – potrebbero essere finanziati spostando l’intera dotazione del conto termico su questi interventi. Per quanto riguarda il settore privato, abitazioni e uffici, si potrà continuare ad utilizzare il meccanismo dell’ecobonus che potrebbe arrivare a finanziare il 75% degli interventi. Questi dovrebbero essere affiancati per la parte rimanente (25%) delle ristrutturazioni energetiche profonde da un meccanismo di prestito agevolato alimentato dal Fondo nazionale per l’efficienza energetica, integrandolo ed estendendolo fino al 2025».

Questi investimenti creerebbero un incremento della produzione quantificabile in circa 62,7 mld€, un incremento del valore aggiunto di circa 23,4 mld€ e 130.600 nuovi occupati al 2025.

2 Mtep di rinnovabili elettriche, termiche e carburanti

L’obiettivo è ambizioso ma non irrealistico: al 2025 le rinnovabili elettriche dovrebbero raggiungere il 50% dei consumi, le rinnovabili termiche dovrebbero aumentare di circa il 33% e bisognerebbe alzare il tetto per il biometano fino a 1,5mld m3, con investimenti totali pari a 104mld€ al 2025.

«Per raggiungere questi obiettivi è necessario rendere più efficaci le normative e le procedure esistenti (semplificazione degli iter di sostegno e di autorizzazione degli impianti e infrastrutture) e sono necessari strumenti economici idonei».

Per finanziare la parte non coperta dai meccanismi esistenti, gli analisti Susdef-Cles propongono di istituire un Fondo nazionale per la transizione energetica alimentato da diverse fonti: i proventi dell’ETS, parte dei sussidi ambientalmente dannosi, l’introduzione di un sistema di carbon pricing, utilizzando parte dei proventi anche per ridurre il prelievo sul lavoro, da applicare anche al contenuto di carbonio dei prodotti importati con una climate border tax.

A leggere le stime dell’impatto su produzione, valore aggiunto e livelli occupazionali lo sforzo verrebbe ripagato ampiamente: «queste misure e questi investimenti creerebbero un incremento della produzione di 335,7 mld€, un valore aggiunto di 115,8 mld€ e un aumento dell’occupazione di 312mila unità al 2025».

Più economia circolare anticipando di 5 anni i traguardi Ue

Il recepimento e l’attuazione del pacchetto di direttive europee in materia di rifiuti e di economia circolare, rappresenta per l’Italia un banco di prova estremamente sfidante. In ballo c’è il futuro di un settore che vede al momento l’Italia come leader assoluto in Europa ma che soffre, ogni giorno di più, per un quadro normativo confuso e politiche quantomeno controverse che stanno inceppando il motore. Molti i consigli contenuti nel rapporto:

  • anticipare al 2025 l’obiettivo europeo del 60% di riciclo di rifiuti urbani e assimilati fissato al 2030, attraverso una raccolta differenziata di oltre il 70%;
  • portare il riutilizzo e la preparazione per il riutilizzo al 10% dei rifiuti urbani;
  • anticipare al 2025 l’obiettivo europeo del 70% in peso di riciclo degli imballaggi fissato al 2030 e gli obiettivi di riciclo delle diverse filiere, con particolare attenzione al 55% delle plastiche;
  • aumentare la raccolta della frazione organica dei rifiuti urbani;
  • adeguare la disponibilità degli impianti e migliorare almeno il 50% degli impianti esistenti per la produzione di biometano;
  • aumentare all’80% il riciclo dei rifiuti speciali;
  • migliorare il riciclo di qualità degli inerti da costruzione e demolizione e di altri rifiuti;
  • aumentare il riutilizzo dei rifiuti speciali;
  • incrementare al 2025 il settore delle riparazioni del 25% e quello del leasing del 15%.

«Questo cambio di passo ha bisogno di un rapido recepimento del nuovo pacchetto di direttive e di alcuni adeguamenti normativi: normativa End of Waste, più consistente applicazione del Gpp (il programma di acquisti verdi da parte delle pubbliche amministrazioni, ndr), semplificazioni».

Gli investimenti per queste misure sono quantificati in 11,1 miliardi e genererebbero un incremento della produzione quantificabile in oltre 104,5 mld€, un valore aggiunto di 38,5mld e oltre 149mila occupati al 2025.

Un ampio programma di rigenerazione urbana

Le città più avanzate e dinamiche nel mondo sono quelle che hanno puntato su programmi di rigenerazione urbana secondo il principio delle green city, un modello di città che punta sulla elevata qualità ambientale in tutti i suoi principali aspetti.

Il nuovo Programma di rigenerazione urbana per il periodo 2020-2025 dovrebbe essere fondato su una strategia integrata per le diverse politiche settoriali, attraverso il recupero delle aree dismesse, la manutenzione del patrimonio edilizio, l’housing sociale, misure di adattamento climatico, infrastrutture verdi.

«Per raggiungere questi obiettivi – si legge nel rapporto – si potrebbe utilizzare uno strumento simile al Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie, con un nuovo bando che ripartisca fra lo Stato e le Regioni 2 miliardi di euro l’anno dal 2020 al 2025».

Il programma permetterebbe una crescita della produzione di oltre 93 miliardi di euro, un valore aggiunto di oltre 35 mld € e nuova occupazione di oltre 96mila unità al 2025.

Nuova mobilità condivisa e con 4mila km di corsie preferenziali

Il capitolo mobilità fa brillare gli occhi a qualunque cittadino abiti in una delle città italiane stritolate da traffico e servizi pubblici inefficienti. Dalla sua attuazione infatti passa l’incremento nella qualità della vita e dell’aria cittadina. «Per passare ad uno nuovo sistema di mobilità occorre incrementare la mobilità condivisa sia quella dei mezzi pubblici con un consistente rinnovo del parco autobus e almeno 4mila chilometri di nuove corsie preferenziali, sia potenziando i sistemi innovativi di sharing mobility» spiegano gli analisti Susdef.

«Occorre inoltre potenziare la mobilità ciclopedonale realizzando, entro il 2025, 13mila km di nuove piste ciclabili e promuovere l’elettrificazione dei veicoli, estendendo fino al 2025 l’incentivo previsto dalla legge di bilancio 2019 non solo alle auto e agli scooter ma anche ai veicoli commerciali leggeri, ai quadricicli e alle biciclette».

Questo piano potrebbe produrre un incremento della produzione pari a circa 86 miliardi di euro, del valore aggiunto di 29 mld€ e un aumento dell’occupazione di oltre 111mila unità di lavoro al 2025.