Agricoltura sotto pressione: la lobby dei pesticidi all’assalto delle regole europee
Un’inchiesta mostra come la lobby dei pesticidi sfrutti le proteste degli agricoltori per indebolire le regole europee su fitofarmaci, salute pubblica e ambiente
Le strade attorno alle istituzioni europee, il 18 dicembre 2025, si sono riempite di trattori e fumogeni. Migliaia di agricoltori hanno protestato a Bruxelles contro l’accordo commerciale tra Unione europea e Mercosur e contro l’ennesima stagione di tagli e riforme che rischia di comprimere redditi già fragili. La giornata, degenerata in scontri, si è svolta mentre i leader europei discutevano del dossier commerciale con i Paesi sudamericani.
Dentro questo scenario, un’inchiesta di Corporate Europe Observatory (Ceo) mette a fuoco un’altra partita, meno visibile ma potenzialmente decisiva per la salute pubblica e l’ambiente: il tentativo della lobby dei pesticidi di “agganciarsi” alla rabbia degli agricoltori per accelerare lo smantellamento delle regole europee di valutazione e rinnovo dei fitofarmaci.
Come le lobby dei pesticidi costruiscono consenso tra gli agricoltori
Secondo Ceo, CropLife Europe – la principale piattaforma di rappresentanza dell’industria degli agrofarmaci, tra i cui membri figurano Bayer, BASF, Syngenta e Corteva – punta a trasformare la nuova ondata di proteste in un moltiplicatore politico. Costruire l’idea di un’urgenza sociale tale da legittimare la “semplificazione” delle norme europee, dove “semplificare” diventa spesso sinonimo di ridurre i vincoli posti a tutela di ecosistemi e persone.
Il contesto è noto. Dopo le proteste del 2023 e 2024, la Commissione europea ha ammorbidito parti delle regole “verdi” della Pac, una delle politiche più rilevanti anche dal punto di vista finanziario, dal momento che assorbe circa il 39% del bilancio comunitario. In quel frangente, la pressione politica aveva prodotto un precedente di grande valore per chi puntava – e continua a puntare – a ridimensionare la cornice regolatoria.
La proposta di regolamento per la riduzione dei pesticidi (Sur), presentata come pilastro della strategia Farm to Fork, era stata infatti affossata nel 2024 proprio sull’onda delle mobilitazioni agricole. Ceo ricostruisce come, già a partire dal 2021, CropLife Europe avesse sostenuto campagne comunicative e “impact studies” contestati, alimentando l’argomento della “sicurezza alimentare” per contrastare la riduzione dei pesticidi.
Il paradosso Mercosur: dove gli interessi tra agricoltori e lobby dei pesticidi divergono
Il punto più politico – e più rivelatore – riguarda proprio l’Unione europea-Mercosur, oggi una delle principali ragioni di mobilitazione degli agricoltori europei. Le organizzazioni agricole denunciano concorrenza sleale: prodotti sudamericani con costi inferiori e standard diversi entrerebbero più facilmente nel mercato europeo, comprimendo ulteriormente i prezzi alla produzione. È una delle leve che hanno portato i trattori a Bruxelles.
Eppure, osserva Ceo, l’industria dei pesticidi guarda all’accordo con favore. Il Mercosur aprirebbe spazi per esportare più fitofarmaci europei verso il Sud America, anche quando alcune sostanze risultano vietate nell’Unione europea, mentre grandi volumi di derrate prodotte con quei trattamenti continuerebbero a raggiungere l’Europa. È la crepa nella narrazione dell’“interesse comune”. Gli agricoltori contestano l’accordo perché aumenta la pressione sui prezzi; i produttori di pesticidi lo sostengono perché amplia mercati e flussi.
Non a caso, nelle stesse ore delle proteste, la ratifica dell’accordo – che, secondo varie ricostruzioni, avrebbe dovuto chiudersi a dicembre – è slittata. Fonti europee hanno indicato come nuova finestra il 12 gennaio (in Paraguay), dopo pressioni politiche interne all’Unione europea.
La “semplificazione” come grimaldello delle lobby: verso autorizzazioni senza scadenza per i pesticidi?
L’obiettivo industriale descritto da Corporate Europe Observatory si innesta su una parola-chiave della legislatura: semplificazione. Ed è qui che il dossier diventa esplosivo. A metà dicembre 2025 la Commissione ha presentato un pacchetto per “snellire” regole e procedure sulla sicurezza di alimenti e mangimi.
Nel dibattito pubblico, la misura più contestata riguarda la possibilità di ridurre drasticamente il peso dei rinnovi periodici delle autorizzazioni. Oggi molti pesticidi devono essere rivalutati ogni 10-15 anni alla luce delle nuove evidenze scientifiche. L’ipotesi – emersa anche in documenti e bozze citate da organizzazioni civiche – è che si possa arrivare ad approvazioni “illimitate”. O, comunque, a un indebolimento strutturale del meccanismo di revisione.
Il punto non è tecnico: è politico e sanitario. Se il rinnovo perde sostanza, avverte Ceo, diventa più difficile intercettare nel tempo i rischi che emergono quando la letteratura scientifica evolve (e quando cambiano condizioni d’uso, esposizione e vulnerabilità delle popolazioni). Nell’inchiesta vengono citati esempi di sostanze che, senza revisioni robuste, sarebbero potute restare più a lungo sul mercato nonostante evidenze di pericolosità.
Il “sondaggio” che diventa arma di pressione
Per rendere credibile la necessità di semplificare, Corporate Europe Observatory descrive un altro tassello: l’uso di strumenti demoscopici come argomento d’autorità. Nel 2025, CropLife Europe ha commissionato a Ipsos un’indagine su circa 2.000 agricoltori in nove Paesi (tra cui Italia, Francia e Germania), presentata a Bruxelles in un evento organizzato da Euronews con la presenza del commissario all’Agricoltura Christophe Hansen.
L’inchiesta però riporta critiche pesanti di Kees Jansen, sociologo rurale di Wageningen University, che definisce lo studio come “viziato” su punti fondamentali: campione non rappresentativo (perché i Paesi selezionati sono quelli dove le proteste sono state più forti), metodo di reclutamento online (web intercept) e possibile bias verso aziende agricole molto grandi. In ciascuno dei nove Paesi, la dimensione media delle aziende dei rispondenti risulta molto superiore alla media nazionale. Nel complesso, ammonta a 267 ettari contro una media europea di 17 ettari. Se il campione sovra-rappresenta le aziende grandi, aumenta la probabilità che emergano posizioni più compatibili con l’agricoltura industriale e, indirettamente, con l’offerta dell’industria chimica.
C’è anche un aspetto narrativo. Nel racconto associato al sondaggio, la priorità degli agricoltori diventa «semplificare le procedure amministrative». Ma, sempre secondo la ricostruzione di Ceo, quando si guarda alle categorie complessive, la domanda dominante è economica: l’82% chiede sostegno (prezzi più equi, accesso a sussidi o sgravi). «Meno burocrazia» è una leva comunicativa potente, ma non esaurisce – e rischia di occultare – il nodo del reddito agricolo e del potere contrattuale lungo la filiera.
La Pac “aggirata” e il richiamo del Mediatore europeo
Il precedente politico che rende credibile un nuovo arretramento, per Ceo, sta nella modalità con cui nel 2024 sono passate alcune revisioni della Pac: una corsia accelerata giustificata dall’emergenza proteste. Su quel passaggio, ClientEarth e BirdLife hanno presentato un reclamo al Mediatore europeo (che indaga sulle denunce relative a casi di cattiva amministrazione da parte delle istituzioni).
A fine novembre 2025, il Mediatore ha concluso che la Commissione ha agito in modo proceduralmente scorretto. In particolare, contesta la mancanza di un adeguato processo e di elementi giustificativi sufficienti. Non è una nota a margine. Significa che la “politica dell’urgenza”, quando diventa scorciatoia procedurale, può aprire spazi strutturali ai gruppi di interesse. Si riducono i tempi, si comprimono i passaggi di valutazione, si abbassa la trasparenza effettiva del processo decisionale.
Trasparenza sotto pressione: il ritorno dell’opacità
Ceo segnala anche un attacco indiretto alla trasparenza scientifica. Una lettera di lobby industriali chiede di «bilanciare» la scienza della sicurezza alimentare con «priorità strategiche», di far rientrare esperti industriali nei panel Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) e di rivedere il regolamento sulla trasparenza, nato anche sull’onda del caso glifosato per rendere pubblici gli studi di sicurezza presentati dalle aziende.
Nel lessico della governance, questa richiesta assomiglia a una normalizzazione del conflitto d’interessi: riportare opacità e negoziazione politica laddove la logica regolatoria europea ha provato – almeno in parte – a costruire tracciabilità, accesso ai dati e accountability.
La frattura dentro il mondo agricolo: non tutti parlano con una sola voce
Un’altra semplificazione, spesso utile ai lobbisti, è trattare “gli agricoltori” come un blocco unico. Ceo ricorda che Copa-Cogeca – molto visibile a Bruxelles e protagonista anche della mobilitazione del 18 dicembre – non rappresenta l’intero mondo agricolo e che, in particolare, gli agricoltori giovani e di piccola scala dichiarano di non sentirsi rappresentati. Sul fronte opposto, reti come La Via Campesina/Ecvc mettono nero su bianco anche il rifiuto della deregolamentazione di pesticidi e Ogm. E chiedono invece prezzi equi, regolazione dei mercati e sostegno alla transizione agroecologica.
Ma la domanda finale non è se gli agricoltori abbiano problemi reali: li hanno, e la piazza di Bruxelles lo ha mostrato. La domanda è quale soluzione si sceglie di mettere al centro. Se la risposta politica diventa quella di tagliare i controlli e rendere permanenti le autorizzazioni, si sposta il costo del conflitto agricolo su consumatori, lavoratori agricoli, acqua, suoli e biodiversità.
Al contrario, se si prende sul serio ciò che emerge anche dagli stessi strumenti evocati nel dibattito – cioè la richiesta di sostegno economico e condizioni di mercato eque – il terreno di intervento cambia: politiche contro le pratiche commerciali sleali, clausole e controlli efficaci sulle importazioni, un disegno della Pac che non premi soltanto scala e intensificazione, investimenti pubblici per la conversione agroecologica e per l’innovazione non dipendente dalla chimica di sintesi. È una strada più complessa, meno spendibile come slogan. Ma è l’unica che non chiede alla società di pagare due volte. Prima con sussidi e compensazioni, poi con i danni sanitari e ambientali di un modello che le lobby dei pesticidi cercano di rendere ancora meno controllabile.




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