«I primi 100 giorni di Biden: più a sinistra di quanto si pensasse»

Abbiamo intervistato Marcus Graetsch del Left Forum: su disuguaglianze, welfare, clima Biden è più a sinistra delle attese. Per rispondere alla pandemia e ai suoi elettori

Marina Catucci
Marcus Graetsch è co-direttore del Left Forum di New York, luogo di incontro e confronto di attivisti e intellettuali della sinistra globale
Marina Catucci
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Marcus Graetsch è il co-direttore del Left Forum. Un’organizzazione newyorchese che riunisce le diverse anime progressiste «per condividere idee radicali per il cambiamento sociale», come si legge sul loro sito. E per fare il punto su cosa accade a sinistra nel mondo.

Agli eventi organizzati dal Left Forum prendono parte, o assistono tra il pubblico, tutte le anime più radicali, da Noam Chomsky alle Pussy Riots. E sono appuntamenti dai quali se ne esce sempre arricchiti.

Qual è il tuo punto di vista su questi primi 100 giorni di Biden?

Biden si sta muovendo più a sinistra di quanto ci si aspettasse da lui. E credo che questo cambiamento sia dovuto a diversi motivi, primo fra tutti il cambiamento della base democratica a cui Biden deve dare conto. Non solo ai cosiddetti baby boomer, ma anche ai giovani che dominano le strade e chiedono giustizia. Questo cambiamento della base democratica è cominciato con Occupy Wall Street, a cui ha fatto subito seguito il movimento Black Lives Matter. Poi Trump è stato eletto, il che ha suscitato nuove proteste. Le persone negli Stati Uniti sono un po’ più anarchiche di quanto si pensi in Europa. Nel senso che sono critiche. E la critica è più forte se ci si preoccupa, esattamente come accaduto con Trump. 

Biden Black Lives Matter
Biden deve rendere conto alla sua base elettorale, tra cui i giovani che dominano le strade e chiedono giustizia. Nella foto una protesta del movimento Black Lives Matter @ DJMcCoy/iStockPhoto

Biden si sta muovendo più a sinistra di quanto ci si aspettasse da lui. E credo che questo cambiamento sia dovuto a diversi motivi, primo fra tutti il cambiamento della base democratica a cui Biden deve dare conto

Negli Stati Uniti, dopo tutto questo, c’era un grande scetticismo nei confronti del governo federale in generale. Quindi sì, mi aspettavo che Biden per governare dovesse apportare un cambiamento fondamentale. Il Partito Democratico aveva già provato ad operare dei passi avanti con Obama, ma erano stati più che altro cambiamenti dialettici. Ora siamo in presenza di una crisi fondamentale ed epocale, esasperata dal Covid. C’era bisogno di una sterzata per non soccombere politicamente.

Un elemento importante, poi, è la comunità afroamericana, che di fatto ha portato Biden alla Casa Bianca. A loro lui deve rispondere in termini di giustizia sociale e iniziando a porre concretamente rimedio alle disuguaglianze.

Ovviamente, non sono diventato un grande fan di Biden perché è ancora quello che chiameresti un centrista. Ha fatto parte di governi neoliberali, ed è proprio il neoliberismo ad essere in crisi negli Stati Uniti. Ma ora si ha a che fare con la pandemia, che può rappresentare un altro elemento di spinta a sinistra.

Il coronavirus potrebbe spingere Biden a sinistra?

Se non introduci del welfare la gente inizia a morire per strada, non c’è molto altro da fare. A New York, il centro economico del Paese, nel giro di una settimana, come nel resto del mondo, si è fermato tutto. Niente più business as usual. Ora, con i vaccini le cose vanno meglio, ma è ancora una situazione rischiosa. Voglio dire che le persone affrontano davvero quella che possiamo definire una crisi esistenziale. Più ci vorrà, più dureranno le restrizioni, più le aziende saranno insicure e peggio sarà. O crei del welfare, o il governo interviene, o non ne esci. Biden non può agire secondo le regole neoliberali perché la pandemia è nemica del neoliberismo.

Biden non può agire secondo le regole neoliberali perché la pandemia è nemica del neoliberismo.

Quanto ha influito Bernie Sanders in tutto ciò?

Bernie Sanders ha, di fatto, scritto con Biden la piattaforma del partito. Sanders è stato molto corretto, ma ha anche colpito il centrismo. Il suo movimento ha davvero inciso molto, molto profondamente. I dirigenti del Partito Democratico avevano cercato in ogni modo di impedire che crescesse l’influenza di Sanders e del suo popolo. Hanno usato in questo senso diverse strategie. Ma quando Hillary Clinton ha perso e Donald Trump è entrato in carica, anche nell’establishment hanno avuto paura del fascismo. Voglio dire che la democrazia, o almeno ciò che chiamano democrazia, negli Stati Uniti è davvero stata minacciata.

Anche i più neoliberisti tra i democratici hanno pensato che quello che stava succedendo negli Stati Uniti fosse davvero molto pericoloso. E lì è intervenuta la base. Primo fra tutti il movimento delle donne che in due mesi ha costruito la vera opposizione a Trump. A quel punto per il partito democratico Sanders non era più pericoloso, bensì imprescindibile. C’era un grande movimento dal basso che si opponeva al fascismo e riconosceva in Sanders un leader. E poi c’erano tutti questi sindaci e governatori che disobbedivano a Trump, ad esempio restando nell’Accordo di Parigi sul clima. C’è stato un clima di dissidenza.

Così Biden ha dovuto adattarsi a molte nuove politiche e idee emerse all’interno del partito. Bernie Sanders e i suoi non stavano avanzando: erano già avanzati. Come nel caso di Alexandra Ocasio-Cortez. Biden ha avuto bisogno di questo movimento per essere eletto, non poteva ignorarlo e Sanders ha contribuito, e contribuisce, a mantenere Biden a sinistra.

I centristi alla fine hanno dovuto comprendere che rischiavano di perdere un pezzo del partito, e per questo sono stati costretti a cambiare. Ed è quello che hanno fatto nel luglio dello scorso anno pubblicando le 110 pagine di un programma forte, scritto con Sanders. Il Partito Democratico ha fatto una sorta di improvviso passaggio dal neoliberismo a, diciamo, la socialdemocrazia o qualcosa del genere.

Biden ha dovuto adattarsi a molte nuove politiche e idee emerse all’interno del partito. Bernie Sanders e i suoi non stavano avanzando: erano già avanzati.

Come giudichi le posizioni di Sanders sulla sostenibilità e sulle politiche fiscali?

Le idee politiche provenienti dalla presidenza dovranno passare al vaglio del Congresso. E un po’ a causa del partito repubblicano, un po’ per come funziona il sistema politico, sembra che non si possa fare altro che procedere a spallate e compromessi. Il Green New Deal di Alexandra Ocasio-Cortez non sarà adottato. Ma proviamo con il piano per le infrastrutture di Biden, che è comunque piacevolmente di sinistra. Anche nella loro bolla dei ricchi si sta capendo che i cambiamenti climatici esistono. E sono connessi con le disuguaglianze, la povertà, le migrazioni. Non possiamo comprare un’isola tropicale e trasferirci lì per scampare alla crisi: abbiamo un Pianeta solo e questi problemi interconnessi di disuguaglianza sociale vanno affrontati.

Inoltre, questa nuova generazione arrabbiata non ha paura del socialismo. Se non fosse stata ascoltata, avrebbe fatto una rivolta. Una cosa come quella del 6 gennaio, ma da sinistra. Avrebbero impugnato i loro striscioni da manifestazione e sarebbero passati all’azione in una forma moderna di rivoluzione.

Questa nuova generazione arrabbiata non ha paura del socialismo. Se non fosse stata ascoltata, avrebbe fatto una rivolta. Una cosa come quella del 6 gennaio, ma da sinistra.

Pericolo scampato, dunque?

Mettiamola così: non è che io sia entusiasta, sono più di sinistra di un socialdemocratico. Ma finalmente si ottiene qualcosa, e avrà un forte effetto anche sul continente europeo. Potrebbe essere una specie di apripista per un sacco di Paesi che vogliono ripartire da una prospettiva socialdemocratica.

Stephanie Kelton è l’economista principale che consiglia Bernie Sanders. E lei ha sviluppato queste nuove idee anche sulla Teoria monetaria moderna, secondo le quali in qualche modo il governo ha bisogno di spendere per avere un ritorno. E questo penso che potrebbe essere un allontanamento dai metodi neoliberali di analisi.

Ci sono ancora molte cose da fare, ma c’è una nuova forma di governance.

Dici che siamo finalmente fuori dalle teorie economiche Reagan-Thatcher di 40 anni fa?

Dico di sì. Lo chiamano Bidenomics. Certo, se guardi quello che ha fatto, ad esempio, in termini di tasse, non è sufficiente. Trump aveva fatto scendere quelle per le società dal 35 al 21%. Biden le ha imposte al 28%. Siamo a metà strada. Quindi ci sono ancora molte cose da fare, ma c’è una nuova forma di governance. Penso che per la prima volta nella storia, il governo degli Stati Uniti abbia effettivamente portato avanti un’idea. Penso che ci siano tempi interessanti in arrivo.