Quando la mensa diventa politica climatica
Dalle scuole alle città, la mensa diventa strumento per ridurre emissioni, cambiare abitudini alimentari e trasformare la spesa pubblica in politica climatica
Le mense scolastiche in Italia sono uno snodo cruciale dove si intrecciano diritti, disuguaglianze, salute pubblica e crisi climatica. “Il cibo che educa” è un dossier di Valori.it che entra in uno dei luoghi meno visibili del nostro welfare per raccontare un servizio essenziale, troppo spesso trascurato. Perché da ciò che finisce nel piatto delle bambine e dei bambini non dipende solo la qualità del loro pranzo, ma l’idea stessa di futuro che stiamo costruendo.
Gli articoli del dossier:
- Mense scolastiche in Italia: un diritto a metà
Un viaggio nei numeri, nelle regole e nelle fratture del sistema mense: costi, qualità, Nord-Sud e il ruolo del pasto come diritto. - Quando la mensa diventa politica climatica
Dalle scuole alle città, la mensa diventa strumento per ridurre emissioni, cambiare abitudini alimentari e trasformare la spesa pubblica in politica climatica. - Dove la mensa funziona: i modelli che cambiano il piatto
Storie e modelli concreti di mense che funzionano: città, cooperative e scuole che sperimentano filiere locali, menù sostenibili e partecipazione delle famiglie. - «La mensa è parte dell’educazione»: perché il pasto è un atto politico
Claudia Pratelli, assessora alla Scuola di Roma Capitale, racconta perché il pasto scolastico è parte del percorso educativo, leva contro le disuguaglianze e strumento concreto di politica pubblica. - Cosa raccontano le famiglie sulle mense scolastiche
Le voci di ottanta famiglie rivelano qualità, problemi e disuguaglianze delle mense scolastiche italiane, tra igiene, nutrizione, partecipazione e richieste di maggiore equità.
Da servizio quotidiano a leva politica. La ristorazione scolastica sta assumendo un ruolo nuovo e strategico nelle politiche urbane: non più soltanto il luogo in cui milioni di bambine e bambini mangiano ogni giorno, ma un motore di cambiamento sociale, economico e ambientale. Attraverso la mensa scolastica, le amministrazioni possono incidere su tre fronti – disuguaglianze, salute pubblica e crisi climatica – trasformando la spesa alimentare da semplice voce di bilancio a investimento strategico.
Quando la mensa scolastica è l’unico pasto equilibrato della giornata
Le più recenti analisi scientifiche sul rapporto tra cibo e salute – a partire dai lavori della EAT-Lancet Commission – ricordano che la malnutrizione, in tutte le sue forme, è oggi una delle principali cause di malattia e disuguaglianza nel mondo. Un dato che lega la qualità delle diete non solo al benessere individuale, ma anche alla tenuta dei sistemi sanitari e sociali. In questo senso, la mensa scolastica diventa il primo presidio pubblico di salute alimentare.
Per molte bambine e molti bambini in Italia, quel pasto – che dovrebbe coprire circa il 35% del fabbisogno energetico giornaliero – resta l’unico davvero equilibrato della giornata. È qui, tra refettori e cucine comunali, che si gioca una partita decisiva: cosa, come e perché si mangia a scuola racconta molto del tipo di società che stiamo costruendo.
Le città come motore del cambiamento alimentare
Il sistema alimentare globale è uno dei principali motori della crisi climatica, responsabile di circa un terzo delle emissioni complessive. Come ricorda Stefania Amato, Head of food strategy di C40, «il cibo è un elemento che spesso sottovalutiamo, ma che in realtà ha un peso enorme negli equilibri del Pianeta».
C40, la rete che riunisce quasi cento tra le più grandi metropoli del mondo – da Londra a San Paolo, da New York a Roma e Milano – lavora anche su questo: ridurre le emissioni urbane intervenendo sulle politiche del cibo. Oggi oltre la metà della popolazione mondiale vive in città, e questa quota salirà al 70% entro il 2050. È nelle città che si consuma la maggior parte del cibo, ed è da qui che può partire il cambiamento. «Gli strumenti che i sindaci hanno sono strumenti di impatto quasi diretto – spiega Amato – e le mense scolastiche, quando si parla di cibo, sono una leva potentissima».
Il pasto pubblico, e in particolare quello scolastico, diventa così un canale privilegiato per cambiare le abitudini alimentari: l’edificio è pubblico, la spesa è comunale, e il margine di intervento è ampio.
Allineare i menù scolastici alla salute del Pianeta
Nel 2019, C40 ha lanciato il programma Good Food Cities Accelerator, un impegno – sottoscritto da 16 grandi città – con un obiettivo preciso: allineare la spesa pubblica alimentare alla Planetary Health Diet, il modello scientifico che indica quali alimenti, e in quali quantità, sono necessari per garantire la salute umana e la sostenibilità ambientale.
«Stiamo cercando di allineare ciò che viene servito nelle scuole a questo schema», spiega Amato. Metà del piatto deve essere composto da frutta e verdura, l’altra metà suddivisa tra cereali integrali, fonti proteiche vegetali e – solo in minima parte – carne, uova e latticini. Nelle città più avanti in questo percorso «la carne rossa è quasi del tutto scomparsa; la carne bianca compare una volta ogni due settimane, e il resto dell’apporto proteico deriva dai legumi». I dati raccolti da C40 mostrano che, tra le città firmatarie del programma, l’acquisto di carne rossa è già diminuito del 15%, mentre quello di proteine vegetali è cresciuto di circa il 45%.
Il consumo di carne, in alcuni Paesi, supera ampiamente i livelli europei. In Italia si attesta intorno ai 70 kg pro capite l’anno, molto meno rispetto agli Stati Uniti, dove il dato resta tra i più alti al mondo. Queste differenze aiutano a capire perché la transizione alimentare assuma tempi e forme diverse da un contesto all’altro.
Il cambiamento è graduale e complesso. Rivedere i menù significa ripensare processi, logistica, gusti. È un lavoro certosino e molto più empirico di quanto si immagini. «A Milano, per arrivare alle polpette di legumi, hanno lavorato per mesi, testando e ritestando le ricette per capire se ai bambini piacessero davvero», racconta Amato.
Il valore della mensa oltre il piatto
Una ristorazione scolastica coerente con la Planetary Health Diet e i Criteri ambientali minimi ha ricadute che si estendono ben oltre il momento del pranzo. Ogni pasto sostenibile nutre anche i territori: tutela la fertilità dei suoli, sostiene le filiere locali, crea valore per la comunità.
Va ricordato che la ristorazione scolastica non è ovunque organizzata allo stesso modo. In molti Comuni il servizio è gestito in house o da società partecipate – come nel caso di Milano Ristorazione – con team interni di nutrizionisti, controlli sulla filiera e sperimentazioni continue. Questo assetto consente agli enti locali di intervenire direttamente su menù, criteri ambientali e qualità del cibo servito, trasformando la mensa in una vera politica pubblica.
È l’applicazione pratica del cosiddetto approccio mission-oriented, che non misura l’efficacia solo sul prezzo più basso, ma sulla capacità di generare valore pubblico. Gli studi parlano chiaro: per ogni euro investito nelle mense scolastiche, i ritorni economici e sociali variano da 1,7 a 35 volte l’investimento iniziale, tra benefici per la salute, l’occupazione e l’economia locale.
In questa prospettiva, la mensa non è più un servizio ancillare, ma un laboratorio sociale e ambientale. Un luogo dove il cibo diventa politica e dove ogni piatto servito può contribuire a orientare la transizione ecologica delle nostre città.
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